Se desideri conoscere il regno della buddità, devi rendere la tua mente chiara come lo spazio vuoto. Lascia andare il pensiero falso e ripetitivo, facendo in modo che la tua mente non ne sia ostacolata dovunque si possa volgere. Il regno della buddità non è un certo mondo esterno in cui c’è un buddha formale; è il regno della saggezza di un saggio auto-risvegliato. Ta-hui (1088-1163)
Natura buddhica
Cos’è la natura buddhica? E’ la natura essenziale, che non è “nostra”, ma appartiene agli esseri senzienti in quanto tali. C’è chi l’ignora, chi l’intuisce, poi la percepisce e infine chi la realizza, cioè ne fa esperienza.
Se pensi che la natura buddhica sia dentro di te, allora sarà fuori; se credi che sia un Dio esterno cui possa rivolgerti, allora sarà dentro. In effetti la natura buddhica è qui e ora, ma ben oltre la dimensione temporale. Come, ad esempio, nella svolta tra un respiro e l’altro e nel silenzio che ne consegue.
Un momento, così facendo non ho descritto altro che il Brahman, la natura ultima, l’assoluto. La natura ultima? E se la natura ultima stesse anch’essa crescendo, cioè trasformandosi, sviluppandosi, evolvendosi? L’Uno non è statico, è un flusso dinamico. L’Uno è la sommatoria di ciò che è, pertanto ha sia scopi che non-scopi …
La natura ultima non è altro che un modo d’indicare l’inconcepibile, ma in quanto tale non è misurabile, e non essendo misurabile non si può descrivere come un’entità esatta. Forse è come il concetto d’infinito, cui ci si può approssimare, ma non commisurare.
Qual é dunque il rapporto tra la meditazione e il riconoscimento della propria natura buddhica?
La meditazione si situa ad un livello diverso, non si tratta di un grado di comprensione, ma di accettazione della vita, istante per istante, di ciò che è; e non secondo quello che si vorrebbe che fosse; o si presume, o si deduce, o si stabilisce a priori …
E proprio questo il problema di coloro che tentano di sminuirla, denigrarla, ecc. Si può parlare come meglio si crede di non-dualità, assoluto, permanenza, impermanenza, ma sono tutte speculazioni del pensiero.
Al contrario la meditazione comincia laddove il pensiero si tranquillizza spontaneamente per lasciare intravedere, al di là dei fiori del bene e del male, la bellezza di equanimità e compassione; per riuscire a scorgere l’essenzialità della propria luminosa peculiarità inerente, la natura buddhica.
Sviluppi
Per quanto possiamo credere o illuderci di progredire in realtà non ci siamo mossi nemmeno di un millimetro. D’altra parte, dov’è che si dovrebbe andare, cos’è che bisognerebbe raggiungere e com’è che dovremmo diventare se non essere consapevoli che non v’è luogo o trasformazione, né tanto meno certezza esterna al di fuori del mitico tempio interiore?
Ma questi, a sua volta, non è un luogo che può essere raggiunto o visitato chiudendo gli occhi, perscrutando se stessi con un inutile quanto vago approccio introspettivo.
Un modo è osservare il respiro. Pazientare che si calmi da sé in modo da coglier le pause di pensiero, l’implicita quiete, il silenzio. E con ciò? Il buio è pesto, le voci tacciono, l’usuale tramestio è lontano, di gran lunga attenuato. Ma un’aurora di luce soffusa è in procinto di sorgere.
La quiete diventa percezione armonica. Aprirai gli occhi e tornerai alle consuete incombenze, tuttavia un frammento di quella bellezza senza volto, che dona solo e nulla chiede in cambio, ti accompagnerà trasmettendoti la sua melodia senza suono.
Con enfasi poetica potremmo dire che non hai meditato, ma hai dormito il sonno degli angeli.
Qui e ora
Qui e ora,
in questa sola vita,
possiamo risvegliare
la nostra mente implicita
all’ascolto di colui che parla,
alla visione di colui che osserva.
La vita non è affatto prospettiva univoca, ma
qualunque sia il punto di partenza,
il viaggio sarà sempre in circolo
e la meta sarà sempre
la fine di ciò che sembra “se stessi”, il proprio ego
e l’inizio dell’altro.
E non c’è nemmeno un oltre se stessi. In senso spirituale non v’è nulla da conquistare. Nella realtà dei fatti, cioè di quanto avviene con la preghiera e la meditazione, bisognerebbe apprendere come riuscire a rilassarsi per diventare ricettivi e rendere permanente il proprio rilassamento e quel particolare tipo di ricettività.
Naturalmente ciò non significa astenersi, non far nulla. Per rilassarsi bisogna prima aver lavorato duramente, aver anche studiato, serve passione, partecipazione. Ma rammentando sempre che si tratta solo ed esclusivamente di fasi transitorie.
Mi spiego meglio. Preghiera e meditazione sono finalizzate soprattutto a favorire uno stato mentale condiscendente, di riguardo e accettazione, tanto verso se stessi, quanto nei confronti della vita.
Una delle differenze tra Buddhismo e religioni monoteistiche sta quindi sul come diventare più buoni, amorevoli, caritatevoli, compassionevoli. Il Buddha disse che se presti attenzione e non sei distratto diventi via via sempre più consapevole. Disse pure che la consapevolezza è come una freccia a due punte. Quanto più sei attento e sollecito verso gli altri allora tanto più riuscirai a scorgere la tua vera luminosità interiore, la natura buddhica. D’altra parte Cristo sollecitò a vegliare. Che differenza c’è?
La chiara luce della natura buddhica è un’energia cosmica che crea il campo di coscienza universale.
La natura buddhica, ovvero la dimensione dell’eterno presente, è sia immanente che trascendente, sia personale che impersonale. Taluni ne considerano un solo aspetto, quello paterno (o materno), comprensivo e bonario chiamandolo Dio.
Epilogo
Servirà poi a qualcosa questa insolita, singolare esposizione? Mentre “siedo”, per cercare di scoprirlo, vedo piovere dall’alto nugoli di risposte. Assensi taciti, aspri dinieghi, sentenze strane quanto inverosimili. Tuttavia la soluzione vera è una non-risposta. Come lo schiudersi d’un improbabile loto che offre e ritira se stesso in un gioco che si fonda sulla perenne alternanza tra apparire ed essere.