Le risposte alle domande essenziali dell’uomo, offerte così profusamente dalle tradizioni religiose più note, sono davvero fondate, risolutive e definitive, oppure solo ipotetiche?
Certezze
Tanto che si confidi nel karma, quanto nell’ennesima riproposizione di vaghe e confuse speranze su una vita futura basata sul riscatto delle proprie attuali sofferenze, la differenza sarà ben poca. Otterremo davvero benefici concreti o solo gli ennesimi illusori condizionamenti? Affinché la nostra situazione migliori realmente vi sono ben poche certezze su cui poter fare affidamento: attenzione, ricerca, consapevolezza, coraggio, libertà, razionalità, autenticità, auto-responsabilità …
Le speranze riposte nelle deleghe spirituali sono solo medicine illusorie. Persino la preghiera, che invece di una funzione celebrativa di gratitudine e ringraziamento, è adoperata come strumento d’intercessione o richiesta, andrebbe recitata con raccoglimento, determinazione, fermezza e costanza sino a raggiungere la concentrazione sufficiente per esplorare la profondità spirituale di un arcipelago soggettivo ove regnano silenzio e non suppliche, tranquillità e non invocazioni, e la cui vera risposta è la serenità. La dimensione in cui prevale la gioia, forse l’unica a poter offrire un autentico conforto consolatorio.
Idem per la meditazione: se praticata senza l’intenzione di far chiarezza, con superficialità e non come strumento di consapevolezza, si dimostrerà perfettamente inutile. Certo, nei più inclini potrebbe suscitare comunque sentimenti di devozione. Ma le passioni, anche se piuttosto tenui e sfumate, comportano pur sempre coinvolgimenti e identificazioni inconsce, surrettizie. D’altra parte – non dimentichiamolo mai – la meditazione è quanto di più frivolo ed inessenziale possa esistere …
Le nostre serate televisive, i nostri pur magnifici libri, immagini su immagini dense di significati occulti, palesi, a volte perfino subliminali. Poi, invece, ecco l’ennesima umile, innocente arcinota domanda:
Nome del mittente: Gaetano
Soggetto: Cosa c’è dopo la morte?
Quesito
Ciao. Visito spesso il tuo sito e ti faccio i complimenti per la realizzazione e la profondità di quello che scrivi. Vorrei porti una domanda, forse un po’ banale, ma che credo, prima o poi, ogni uomo si ponga: cosa c’è dopo la morte? Probabilmente è un dubbio anche per te, ma sono curioso di sapere come la pensi. E poi se veramente non ci sarebbe fine non ti fa un po’ paura l’infinito? O ti turba di più il fatto che un giorno possa finire tutto? Ti ringrazio anticipatamente per la risposta.
Risposta
Domanda così bella, perché diretta e senza tentennamenti, necessita di risposta che pur sintetica sarà immediata, sebbene inconcludente, astratta.
A mio avviso dopo la morte non c’è nulla, infatti la morte non esiste. Ciò che si conclude è l’ego, la sua possessività, la sua tendenza costante e indiscriminata al controllo, alla fruizione e al dominio, i suoi “aggrappamenti”, le sue identificazioni. Quindi, l’autocoscienza che diventa consapevolezza si espande sempre di più sino a comprendere via via ambiti sempre meno circoscritti.
Il fatto di considerare la coscienza come prodotto del corpo fisico o viceversa è del tutto relativo. Il momento presente, l’istante, non distinguono quanto precede da ciò che segue, sono contemporaneità. Passato, presente e futuro sono concetti prettamente umani dovuti alla limitazione spazio-temporale. Colui che “trapassa” percepisce rapidamente l’impermanenza e la caducità, ma ritrova l’essenza, il campo di coscienza universale. Si rende conto che non esiste altro da sé. Di essere già stato da sempre ciò che ora intravede. Si accorge che tutto è uno e che le differenze sono funzionali a quella medesima unitarietà.
Così come non si può possedere nulla, tanto meno se stessi, altrettanto nulla può essere smarrito o perduto. L’individualità è già, di per sé, universalità, ma in genere non si può pretendere di comprenderlo appieno senza le gioie e le vicissitudini di una vita vissuta all’insegna della ricerca oppure, ed è lo stesso, dell’accettazione di ciò che è.
Per concludere direi che il punto nodale del discorso è l’espansione della consapevolezza senza la quale non riusciremo, ora come dopo, a superare alcuna sofferenza. La continuità non va intesa come prosecuzione, bensì come contiguità. Una presenza costante, l’eternità in una goccia d’acqua. Il nostro nome non sarà più Tizio o Caio. I propri possedimenti non si limiteranno a casa, virtù, eccetera. Non mi limiterò a rivivere in un altro individuo, spettro o umano che sia, non in un’altra dimensione, nell’albero o nel cielo, ma sarò pure quell’albero, quel cielo, tutti gli esseri. Ovviamente tutto ciò dipende dalla misura in cui lo realizzo ora che ho la fortuna di una certa autodeterminazione.
Sarà poi vero?
Grazie per avermi dato l’opportunità di risponderti. Senza la tua email non sarei riuscito a scrivere proprio nulla. Ciao.
Replica
Ciao, grazie per la risposta. Quello che hai scritto è molto bello, ma purtroppo non mi è di facile comprensione. Sarà perché sono ancora giovane, ho 23 anni, e quindi mi manca la necessaria esperienza per capire certe cose … però … Mi accorgo che a ben pensarci è un po’ triste dover lasciare tutto questo: non vorrei ancora essere banale, ma non ti capita di pensare che sia “brutto” abbandonare gli amici, la mamma e il papà, la ragazza, le partite di calcio, i sorrisi e l’allegria, il sonno e il risveglio, le onde dell’oceano, la pioggia d’autunno, i gabbiani che volano attorno a una barca, un gatto che si stiracchia e sbadiglia …
Mi dirai: eppure queste cose sono tutte fumo, dolce, ma sempre fumo … Mi parli di ego, impermanenza, contiguità … e io ti rispondo: ma allora che siamo nati a fare? Se non diamo importanza a queste cose a che serve vivere? Il buon Dio non ci ha forse creato per godere delle bellezze del creato?
Attendo la tua replica. Un abbraccio.
Risposta
Gaetano, pubblicherò i tuoi messaggi – omettendo l’indirizzo che non conservo mai – tra qualche mese, secondo un ordine di precedenza.
Per quanto riguarda la meditazione vorrei che tu capissi una cosa. Le tue stesse osservazioni sono anch’esse già meditazione. Così come l’attenzione, la percezione del momento presente. Meditazione è vivere qui e ora senza prefigurarsi ipotetiche evenienze future. Ciò non significa che tu non debba programmare il tuo avvenire professionale, ma una volta stabilito il da farsi è inutile continuare a pensarci. Semmai bisogna agire. Perché temere ciò che ancora non esiste? Ogni cosa a suo tempo! D’altra parte anche se tu lo volessi non potrebbe accadere altrimenti.
Hai paura di perdere proprio perché ami? Perdere e acquisire, dare e ricevere, è normale. L’unica cosa che non potremo mai perdere è noi stessi. Ciò che talvolta dobbiamo riscoprire è la vivacità, esistere e non sussistere, rammentare che nella vita non vi è nulla di futile.
Abbandonare gli affetti, gli svaghi, la gioia che potrebbero suscitare? Impossibile! Se riusciremo a perscrutare, consapevolmente, il nostro orizzonte esistenziale, saremo sia il fiume in piena che gli argini per contenerlo. E assisteremo sin d’ora allo schiudersi progressivo e senza fine di una personale o soggettiva dimensione spirituale. Stupiti che l’orizzonte della meditazione si sia rivelato, ancora una volta, gioia di vivere, assoluta ed inequivocabile certezza.
Prima o poi la ruota della vita completerà il suo giro, ma non si fermerà definitivamente. Seppur trasformato o ricomposto tutto rinasce in un succedersi ciclico senza inizio né fine. Ciò che si conclude sono solo le entità fittizie, quanto di per sé non è mai realmente esistito, l’ego.
Ogni confusione infatti nasce dal confondere l’ego, una banale parvenza, una semplice e funzionale espressione superficiale della nostra attuale esistenza, con il tutto, noi stessi, l’essenza.
Le onde umane sono piccoli vortici di energia. Anche se l’onda esaurirà, prima o poi, la sua inerzia e quindi la sua forma, essa non sparirà mai. La sua essenza coinciderà di nuovo con il moto che la produsse.
Ciao e grazie per la visita.
Epilogo
Anche questa volta mi sono cimentato in una non-risposta consapevole del fatto che il valore di tali quesiti consiste proprio nell’impossibilità di risolverli razionalmente. Ma attenzione, perché a questo punto piovono schiere di avidi profittatori. O manipolatori mentali? Il fatto che una domanda non ammetta risposta non premia o giustifica nessuna soluzione irrazionale.
La bellezza e l’armonia possono dipendere dalla calma, dal silenzio; dal consentire alla propria energia di fluire liberamente, alternativamente o nel contempo, verso se stessi, in direzione del mondo; dal coraggio, mai dal mistero. A meno che, per mistero, non s’intendano le origini del mito, l’afflato poetico, una modalità di comunicazione sintetica, l’amore, la compassione …