«Gandhi insegnò che “dobbiamo essere il cambiamento che desideriamo vedere nel mondo”. Il cambiamento di sé ispira il cambiamento ad altri. Poiché la consapevolezza, se esercitata, si diffonde come un’onda, possiamo essere il sostegno della consapevolezza l’uno per l’altro se impariamo ad arrestare le nostre menti che vanno sempre di corsa. …». (Arun Gandhi)
Immagina se il mondo fosse un giardino. Immagina se la gente si amasse davvero. Pensi che potrebbe accadere? Ne dubito. Fintantoché l’ideologia prevalente separerà spirito e materia fomentando dissociazione, ipocrisia e paura, le tensioni sociali avranno sempre la meglio su qualunque istanza di pacificazione. Immagina, invece, se ciascuno riuscisse a fiorire interiormente, a centrarsi … Beh, in questo caso la vita diverrebbe un arcobaleno di gioia. La vita sarebbe così ricca e opulenta da stupire il più scettico tra gli scettici …
Ma cosa significa centrarsi? Centrarsi significa trovare il nucleo della propria interiorità. Tra la parte più periferica o superficiale della nostra coscienza e il suo nucleo non v’è continuità. In effetti, se potessimo misurare questa distanza in termini numerici resteremmo sorpresi. Centro e periferia non sono lontani. Tuttavia sussiste di fatto una differenza sostanziale. L’uno è il regno della sintesi, l’altra è il dominio della mente che interagisce in modalità analitica. L’uno è il regno del concetto che si fa idea e poi simbolo, l’altro quello del chiacchiericcio mentale. Un cicalio che persiste ininterrotto anche quando non ne siamo coscienti o impegnati nelle più svariate faccende.
Ma com’è possibile che la mente prosegua inconsciamente una propria attività senza che, in genere, nessuno ne rilevi il flebile brontolio? Richiamo, in proposito, la nota metafora del padrone di casa. Quando è assente ciascun ospite si comporta come se gli altri non esistessero. Comincia, quindi, a pretendere di occupare tutto lo spazio disponibile. Sollecitare l’attenzione su di sé è il suo obbiettivo primario. Perché solo così riuscirà a sopravvivere. Ma quando il magnanimo e premuroso anfitrione farà ritorno, i presuntuosi inquilini svaniranno come neve al sole.
Aggregati di sensazioni o concetti così complessi da sembrare esistenti si dissolveranno in un battito di ciglia. Quando il frastuono s’attenua rimbomba il silenzio. Si, perché anche il silenzio ha una sua peculiarità comunicativa. Una voce si leva repentina dal centro dell’essere. Una non-voce che stenta ancora a comunicare compiutamente, ma che svolge comunque il suo compito. Indurre al silenzio, consentirgli di sorgere, farlo apprezzare, permettere a chiunque di esperirlo. Del silenzio si può dir tanto poco, quanto nulla. Come agisce, cosa accade. Nel silenzio si diventa totali. Cadono le distinzioni. Le sensazioni soggettive sfumano e ciascuno partecipa d’una stessa realtà.
Chiudi gli occhi e immagina di trovarti al limitare d’un bosco. Il sentiero che hai seguito per giungervi è stato a tratti agevole, talvolta aspro. D’improvviso si erge una sorta di oscura barriera vegetale. Cerchi subito un varco e t’introduci in un meandro selvatico di piante ed arbusti così intrecciati da contrastare persino il flusso della luce. Eppure vai avanti! Ti senti immerso in una penombra quasi ambigua. Infatti ti protegge dalle brutte avventure, dall’inatteso, tuttavia ti isola. Una voce che proviene apparentemente dal nulla ti sussurra di non arrenderti, di procedere oltre. In effetti non ce ne sarebbe bisogno. Stai già correndo! Ma dove? Dov’è che ti rechi? Hai una meta, o ti avventuri senza un disegno, senza un progetto, in totale dispregio d’ogni rischio? Bene, in realtà non sai nulla, sei all’oscuro di tutto. Poca luce per orientarti, sembra un crepuscolo, alcuna chiarezza per capire, solo ignoranza. Una corsa al buio per sopravvivere a te stesso, per fuggire da ciò che è, l’incommensurabile e onnipresente radura della gioia, il dono della consapevolezza.
No, non immaginare nulla. Semmai taci. Non osservare il silenzio. Diventa invece come un’onda – anomala? – che si erge e svetta travolgendo spiritualmente qualunque ostacolo si frapponga tra la tua fertile vitalità e la genuina onestà del libero pensiero. Taci, non inseguire la meditazione. Altrimenti ne scorgerai solo la coda. Resta in silenzio. Chi sa, tace. O al massimo si esprime in modo stringato e trasmette mediante l’esempio o la presenza di spirito. Chi non sa, come me, chiacchiera all’infinito. Taci, ma non restare passivo. Sinora hai reagito per lo più come mera risacca. Diventa un’onda di esplicita quanto pacifica – quindi non fraintendermi – consapevolezza. Ergiti con la rettitudine al di sopra di qualunque compromesso. Cogli l’attimo. Accetta l’incommensurabile, perché fa parte della nostra stessa natura. Ami? Il silenzio di cui ti parlo è come ciò che non si può dire. La meditazione che tento di comunicarti è simile alla reazione di sorpresa di colui o colei che rimane senza parole.
Attenzione, la meditazione non è mai quiescenza passiva. Se non sei già esperto il relax che l’accompagna sopraggiunge sempre in un secondo momento. Lo sketch è vita e tu ne sei un umile, ma travolgente maroso. Talora ti comporti come il verso di una poesia senza senso. Tal’altra ti ergi a giudicare, mentre sei ancora, solo, come una semplice rosa. Diventa la fragranza e la porta si schiuderà da sé. Corri, svetta, non soggiacere mai alle miserabili mire dello sciagurato – politico? – di turno che usa la tua vita come moneta di scambio per i suoi orridi interessi clientelari. Gli schiavi sono esistiti da sempre. Il colmo è che nessuno li ha resi tali se non l’assenza di spirito, il fatto di sentirsi ospiti persino in casa propria, il loro stesso pusillanime servilismo. Ritorna in te. Questa dimora – il cuore, la mente – ti appartiene. Quindi svetta, corri verso il tuo prossimo con tutta la gioia e l’amore possibili, corri verso l’onestà più totale e, naturalmente, pretendila!
Di tanto in tanto rallenta. Guardati intorno, ma evita gli ipocriti che tentano di farti barattare il futuro per qualche miserabile spicciolo. Osservati dentro e non darti pena se ti sembra di non trovarci nulla, giacché Dio, il Brahman, è latente proprio in quell’iniziale sensazione d’assenza. Quindi riprendi la straordinaria, travolgente marcia verso la giustizia. La tecnologia ti consente oramai di creare una società integrata. Solo l’industria eco-sostenibile può crescere a dismisura ridandoti la legittima speranza, la fiduciosa certezza dell’essere uno-con-tutti. Corri, diventa la corsa medesima e susciterai un’energia così straordinaria da proiettarti nell’incredibile, incommensurabile quì! In prossimità dell’adesso le barriere spirituali s’incrinano. In fondo all’oceano le onde si placano. La chiara luce interiore e il sole esterno, si fondono …