Per meditare diligentemente non serve aver fede o credenze. Nemmeno nella meditazione le cui tecniche, di per sé, sono solo artifici. In questo articolo parleremo, in modo generico, di “ambiti e limiti di fedi e credenze”. Non si tratta di un invito ad abbandonare alcunché, né tanto meno a recepire. E’ solo un’esortazione a riflettere sul fatto che la realtà è molto più semplice e lineare di quanto, in genere, non si supponga. La tendenza a complicare persino le vicende esistenziali più banali è propria di chi voglia occultare. Oppure, ed è forse il caso della spiritualità, l’atteggiamento di chi non conosce un bel nulla, ma dovendo mantenere ambiziosamente un certo prestigio è disposto e propenso a inventare …
Fedi | Divinità | Religioni | Meditazione | Spiritualità | Epilogo
Fedi
L’adozione di un credo, che per la maggior parte delle persone è solo un fatto esteriore, epidermico e superficiale, se non emotivo, non implica diventare automaticamente religiosi. Le professioni di fede sono solo espressioni ideologiche e non hanno nessun rapporto con la spiritualità.
Professare una fede, adottare un credo, implica, di per sé, non conoscere. Altrimenti che bisogno avremmo di credere e aderire ciecamente a qualcosa di prestabilito se ne fossimo già edotti, se ciascuno ne avesse già una qualche pur minima esperienza? Credere equivale ad ammettere la propria ignoranza. Al contrario, colui che conosce non crede affatto. Perché dovrebbe credere in ciò che ha già appreso in prima persona? Sa, o presume di sapere e tanto gli basta. D’altra parte l’adesione acritica e irrazionale ad una determinata fede, basta guardarsi intorno, produce ottusità, ipocrisia, in certi casi persino violenza. E le risultanze successive, ovvero i riscontri pratici delle credenze recepite passivamente, confermeranno quasi sempre i convincimenti preconcetti, le persuasioni aprioristiche, le ideologie pregiudiziali, prefissate.
Divinità
Sarò più preciso. Chi ha fatto esperienza della divinità non ha bisogno di credere nella divinità. D’altra parte coloro che s’impongono di credere nella divinità prima di averla conosciuta – stiamone pur certi – prima o poi la vedranno come proiezione della propria immaginazione. Piuttosto che propagandare la fede sarebbe più onesto insegnare a investigare la propria interiorità e non a rivolgersi esclusivamente verso la superficie delle cose, siano esse dottrine, dogmi, vanità, ecc.
La conoscenza spirituale non implica automaticamente competenze morali, politiche o sociali. Se succede significa solo che uno è andato un tantino al di là del proprio orticello. Forse ha provato un po’ d’amore! E la vertigine interiore lo ha confuso. Ma sarebbe stato meglio se non si fosse nemmeno pronunciato. Infatti la saggezza spirituale non conferisce nozioni specialistiche, semmai solo dubbi.
Coloro che meditando, pregando, hanno la fortuna di ri-conoscersi, d’incontrare il proprio sé, il loro ego, i più arditi vagheggiamenti ultraterreni, vi rinunceranno, giacché vedranno che non sono reali, bensì fittizi, illusori. E così facendo troveranno tesori infinitamente più ricchi, l’amore, la gioia, la beatitudine, la creatività.
Religioni
Le religioni cui mi riferisco, riporto solo le più note e rappresentative, sono: Induismo, Giainismo, Buddhismo, la religione di Zoroastro e quella dei Sikh, Ebraismo, Cristianesimo, Islam, Taoismo, Confucianesimo, Scintoismo. E naturalmente al loro interno esistono individui meravigliosi, maestri, asceti, mistici insuperabili. Non ci sono dubbi. Infatti, una volta defunti, vengono venerati, santificati, commemorati, celebrati, rievocati e … riesaminati, rimeditati, reinterpretati, ponderati, ripensati.
La mia idea è che le religioni custodiscano delle verità soggettive certamente utili, significative. Se la loro organizzazione si limitasse alla spiritualità, sarebbero certamente capaci di operare convenientemente. E non intendo nemmeno dire che le dottrine religiose siano del tutto inadeguate, tutt’altro. Ciascuna religione ha si una sua mitologia, ma pure delle ragioni storiche di per sé parimenti valide. Ovviamente tutte le religioni sono sullo stesso identico piano. Non ce n’è una superiore alle altre. Se qualcheduna tra esse cerca il predominio causerà soprusi culturali ed economici, violenze private e collettive, guerre.
E’ del tutto inutile predicare l’amore e la pace tra i popoli della terra e nel contempo credere e sostenere che Buddha, Gesù, Mosè, Maometto, Zoroastro, Mahavira, Krishna e tanti altri che ometto per brevità, siano in qualche modo più eccelsi e divini o superiori l’un l’altro. In prospettiva spirituale non esistono differenze. Essi furono tutti, così come lo siamo noi, figli di un unico Dio, l’Esistenza. Certo, ebbero visioni particolari della vita che differirono in pochi, minimi e insignificanti dettagli. E fu sulla base di questi irrisori, quanto inevitabili dettagli che folle di stravaganti teologi edificarono le loro imponenti impalcature di fede.
Meditazione
Sicché pare evidente come l’amore venga, comunque, prima della fede, la ricerca spirituale e interiore prima di qualunque conoscenza religiosa teorica. Prima ancora d’insegnare una fede bisognerebbe dimostrare la ricchezza di una vita vissuta nell’affetto reciproco.
Basterebbe dissotterrare il tesoro sepolto appena appena dentro di noi, per veder sgorgare zampilli di acqua risanatrice. O viceversa, manifestare così tanta comprensione ed affetto che il fior di loto della propria interiorità si schiuderà da solo effondendo la sua straordinaria fragranza. Oppure star li fermi e assisi a osservare, senza scegliere, tutto ciò che capiti, sin quando i veli dell’immaginazione non cadranno tutti da soli per lasciare intravedere il proprio volto originale e realizzare la nostra vera e primigenia, autentica natura spirituale. Oppure pregare che tutto questo accada, che egli, l’insondabile, si manifesti, per ringraziare …
La spiritualità favorisce il benessere psicofisico individuale creando un’armonia tale da consentire la consapevolezza che in realtà siamo come le onde di un mare di luce infinita, il mare eternità. Le vicissitudini di queste onde, come i risvolti di quel mare, sono tantissime, ma una sola evidenza, una sola realizzazione può esser d’aiuto a risolvere il proprio enigma esistenziale.
Spiritualità
Coloro che riusciranno a divenire consapevoli di se stessi in quanto mare, non più smisurate onde che svettano orgogliosamente o valli che si deprimono e umiliano inutilmente, ma si riconosceranno come oceano di amore e di pace, allora essi sapranno che la fine non esiste. E avendolo conosciuto vivranno come re. Saranno imperatori nel solo ed unico regno possibile, il regno di vita.
La conoscenza spirituale non è automaticamente imprimatur di saggezza sociologica. Nel lontano passato accadde, ma allora la cultura, oltre che appannaggio di pochi, si confrontava con realtà storiche ben diverse.
Cos’è vero, dov’è il giusto, come regolarsi? Naturalmente non ne ho idea. Non sono capace di congetture di così ampio respiro. Tuttavia penso che la dimensione del sacro sia intrinseca, inseparabile e fluisca con la vita medesima. Pertanto, coloro che si attengono alla vita come fenomeno sacro non possono che averne cura e riguardo dal principio alla fine, senza pensare di poterne disporre a piacimento o poterla dirigere secondo qualche folle, inaudito dogma, assioma, presupposto, ma assecondandone la spirale evolutiva.
Epilogo
La Verità della vita non può essere un male minore. Essa è la fragranza della gioia interiore, il sussurro amorevole del mare eternità, il senza nome e privo di forme le cui onde di silenzio lambiscono i nostri innumerevoli e fragili, eppur preziosi e antichi, magnifici piedi di umile argilla.
Grazie è una semplice, intelligibile e quindi preziosa rappresentazione verbale di quel fortunatissimo concepire la propria, comune, sacra evoluzione umana.