«La ripetizione di canti sacri, inni e litanie, di parole e frasi – non è meditazione, ndr – fa dormire la mente, anche se abbastanza stimolante per il momento. In questo stato di assopimento, si verificano delle esperienze, ma non sono che proiezioni di se stesse. Per edificanti che siano, queste esperienze sono illusorie. (Jiddu Krishnamurti)»
La meditazione non ha succedanei o alternative light. La meditazione presuppone sempre consapevolezza. Prestare attenzione, tuttavia, non significa irrigidirsi o trincerarsi al riparo di uno schema che analizza e giudica sempre senza accettare mai. Prestare attenzione è cogliere, rilevare, sia gli stimoli esterni che le proprie reazioni. Supponiamo che sopraggiunga un pensiero. Com’è che dovrebbe regolarsi un meditatore? Osservalo, ma senza identificarti. Con ogni probabilità, tra qualche istante, sguscerà via. Ripiomberà tra gli innumerevoli pensieri che emergono regolarmente dal sostrato inconscio.
Tuttavia la meditazione non è repressione, semmai silenzio in itinere, quiete che si appropinqua di soppiatto sino a rivelare le vette più ignote, gli apici meno esplorati della coscienza. Il rinvenimento d’una consapevolezza che ci consente finalmente una visione d’assieme. La percezione d’un quadro così unitario e inclusivo che l’amore e la compassione diventano i soli estuari possibili. Se sei in armonia con te stesso favorirai il sorgere della presenza di spirito anche negli altri. Ma prima fermati e acquisisci l’attitudine al rilassamento interiore. Aziona quell’interruttore che agevola la via verso l’alto, che consente alla super-coscienza di manifestare le sue peculiarità anche nel tuo piccolo mondo.