… Ed ecco un nuovo invito a scoprire la bellezza e il potere della meditazione, ossia, nello specifico, della mindfulness, la pratica di consapevolezza del momento presente. Non dimentichiamo che l’autore di questo testo, Jon Kabat-Zinn, ha aiutato, con i suoi metodi, migliaia di persone a gestire lo stress, l’ansia, il dolore e la malattia.
Nell’articolo, Kabat-Zinn ci propone di sperimentare la mindfulness come un modo di essere e non solo di fare, come un atteggiamento di apertura e curiosità verso la realtà così com’è, senza giudizi o aspettative. Ci invita a coltivare una relazione amichevole con noi stessi e con il nostro respiro, che è il ponte tra il corpo e la mente, tra l’interno e l’esterno. Ci suggerisce di osservare il respiro come un oceano di consapevolezza, che ci consente di entrare in contatto con la nostra essenza più profonda e quindi con la vita stessa. Ci rammenta che respirare è un atto d’amore, che ci connette con gli altri esseri viventi e con il pianeta, che ha bisogno della nostra attenzione e della nostra cura.
Questo estratto è una preziosa testimonianza di come la mindfulness possa arricchire la nostra vita e il nostro benessere, se la pratichiamo con costanza e dedizione. Kabat-Zinn ci offre una guida semplice ma efficace per avvicinarci alla meditazione di consapevolezza, che non richiede particolari abilità o credenze, ma solo la volontà di aprirci alla nostra vita con gentilezza e compassione.
«Immaginate di stare sott’acqua, ma di poter respirare liberamente.
Ora cercate di muovervi.
Muovete solo un braccio e una mano, all’inizio lentamente. Riuscite a percepire il modo in cui l’acqua scorre intorno al braccio, fra le dita, attraverso il dorso della mano e tutt’intorno? Mentre lo faccio sento una fluidità nel movimento stesso come se all’improvviso il braccio e la mano avessero una vita nuova e autonoma. Sembrano portati ad andare avanti per conto loro fin dove possono arrivare, a fluttuare e ondeggiare dovunque, a fare esperimenti spontanei con maggiore libertà di movimento. Questi movimenti lenti, intrinsecamente eleganti, sembrano diventare più fluidi anche solo a immaginare, e quindi a percepire, che vengono fatti in un fluido.
Se lo state facendo, sentite quanto sia diventato aggraziato il vostro movimento? Quanto privo di sforzo? Indugiate in questa sensazione quanto vi pare, continuando a muovervi; se vi va lasciate che il resto del corpo vi si unisca, poco per volta. Permettetevi di diventare un tappeto di alghe che oscillano ritmicamente nell’acqua, in un banco più vasto di alghe che fluttuano là dove il mare incontra la riva. Se siete seduti potete provare ad alzarvi e a lasciare che tutto il corpo — braccia, gambe, tronco e testa — si muova come preferisce, percependo le correnti liquide intorno al corpo che viene indotto a reagire come vuole al fluido nel quale è immerso.
In realtà noi viviamo sulla superficie di un oceano: un oceano d’aria. Lasciate andare l’immagine dell’acqua: potete giocare a provare se riuscite realmente a percepire questo oceano d’aria con la pelle, a mano a mano che muovete le braccia e le mani lentamente come prima, sentendo lo scorrere dell’aria attraverso e intorno alle dita e le mani, immergendovi nelle sensazioni che state provando, quali che siano. A mano a mano che vi installate sempre più nel vostro corpo e portate sempre maggiore consapevolezza al corpo come a un tutt’unico, permettendogli di muoversi per conto suo, a modo suo, noterete forse come la sensazione percepita del corpo in movimento possa in un istante, stupefacente, trasformarsi nell’essenza del tai chi: movimenti fluttuanti nella quiete, all’interno di un oceano di consapevolezza, di un oceano d’aria.
Ora a poco a poco fermatevi e percepite l’aria con l’intero corpo. Non cercate una sensazione in particolare, lasciatela emergere da sola, come ascoltando con la pelle quel che l’aria ha da dirle. Non dovete sforzarvi di fare o di provare niente: dopotutto l’aria è già intorno a voi e dentro di voi, a contatto con voi.
Sentite di essere già immersi senza intento né sforzo in questo fluido; percepite come l’oceano dell’aria accarezza la vostra pelle, vi avvolge, vi abbraccia, anche quando non si muove quasi nella stanza, anche quand’è immobile. Sentite come siete portati misteriosamente a farla entrare nel corpo attraverso il naso o la bocca, come questo accade senza neanche provarci, senza forzare, perfino senza volerlo coscientemente. Sentite come l’aria viene accolta da quei canestri che sono i vostri polmoni; fermatevi un momento a riflettere sul modo in cui le molecole d’ossigeno, incredibilmente minuscole, vengono magicamente stanate dall’aria entrata negli alveoli polmonari e immesse nel flusso sanguigno dal numero ugualmente enorme di molecole di emoglobina, anch’esse minuscole fino all’inimmaginabile che ora, legandosi con l’ossigeno, si configurano in cellule sanguigne di un rosso brillante destinate unicamente a trasportare, a ogni contrazione del ventricolo sinistro, l’essenza dell’aria a tutto il centinaio di miliardi di cellule che compongono l’universo infinitamente complesso del vostro corpo; senza questo mezzo di sostentamento fondamentale ognuna di quelle cellule morrebbe ben presto. Questa riflessione forse vi darà occasione di fare una pausa, permettendovi metaforicamente di «prendere un po’ di respiro» e di darvi una collocazione ben precisa nel panorama dell’aria.
Quanto a me, in questo periodo ho una storia d’amore intermittente con l’aria. Quando mi ricordo, la storia d’amore è in atto; quando mi dimentico non lo è più, finché è l’aria stessa a rammentarmi e a ricordarmi, a riportarmi alla mia mente e al mio corpo.
Non che sia difficile amare l’aria. In estate, leggere brezze mattutine mi scorrono sulle spalle nude mentre siedo tranquillo in meditazione, respirando con gli occhi chiusi o aperti. Percepisco l’aria intorno al corpo con la pelle e… toh, la pelle prende vita! Mi immergo nei moti d’aria nella stanza, a volte decisi come folate a volte sottili, bevo l’umidità e la freschezza, di colpo sono più sveglio di prima. Può essere che il cattivo odore di una serata pesante parli la sua propria lingua alla pelle e al naso, proprio come fa l’eccitazione di una brezza di mare che mi arriva dritta in faccia, o i profumi di un disgelo precoce in pieno inverno, o il morso del vento di gennaio che ti congela la pelle dovunque la trovi scoperta.
Non è stato sempre così. Per la maggior parte della mia vita l’aria era solo aria, non la notavo affatto e ancora meno l’apprezzavo. A poco a poco mi sono reso conto che, certo, è solo aria, ma che regalo! Che regalo sensuale, questo invito a percepire quello che comunque ci si offre, a sperimentare che siamo continuamente abbracciati e nutriti, che siamo toccati e insieme tocchiamo tutto il tempo lo spirito di Ariele: l’aria stessa. Noi respiriamo e veniamo respirati. Viviamo nell’aria, come i personaggi di Chagall; e viviamo di aria, e a volte anche fuori dall’aria.
Quando mi metto in relazione con l’aria con un certo livello di affetto, intimità e costanza, ossia con intimità crescente, è difficile non notare che il panorama aereo è in continuo flusso: un momento si muove, il successivo sta fermo. Mi richiama, mi risveglia, mi tiene in punta di piedi quando lo percepisco con attenzione: ora è tiepida, la osservo e percepisco ancora e diventa fresca. I suoi svariati personaggi si presentano a ore diverse, in stagioni diverse. Il frescolino dolce della ripresa della scuola, pieno di ricordi; il freddo tonificante dell’inverno — ecco altri ricordi; la sporadica giornata calda, con quella sensazione tutta speciale che dà di far finta di essere estate senza esserlo mentre tutt’intorno la neve e il ghiaccio si sciolgono, tutto questo appone all’aria la propria firma inimitabile fatta di profumi e di sensazioni.
L’aria, l’aria, l’aria; una volta che cominciate a prestarle attenzione, ad amarla, vi diventa facile perché è stata innalzata e riverita come elemento primordiale dalle culture più antiche. L’aria! L’aria! Quando guardo gli aceri, là fuori, li vedo fluttuare nel loro tai chi personale. Sento che la stessa aria che li muove ora mi sta passando anche sulla schiena, sulle spalle e sul collo. Siamo uniti, toccati dalla medesima ondata — ognuno di noi insieme mosso e semovente nel modo che gli è proprio — ma anche uniti in uno scambio più vasto di loro e di me, al quale partecipa tutto ciò che vive (vegetale e di animale), in ogni momento, in giro per tutto il pianeta: un dare e ricevere su scala cosmica fra questi vasti regni viventi, un riciclare e rivitalizzare l’aria che a sua volta ci rimette in circolo e ci rivitalizza.
Questo scambio dinamico, miracolo dei miracoli, mantiene in essere quel lenzuolo sottile e stranamente vulnerabile che è l’atmosfera che avvolge e abbraccia la nostra sferica dimora nell’inconcepibile vastità di quel vuoto che chiamiamo spazio, un vuoto di quasi vacuità, di quasi nulla.
Che invece, dal nostro punto di vista di creature viventi, è tutto… perché, senza l’aria invisibile, a nostra volta torniamo ben presto a essere nulla.»
Tu, che non sei altro che aria, hai percezione, hai sentimento delle loro afflizioni? (William Shakespeare, La tempesta)
(Da: Jon Kabat-Zinn, Riprendere i sensi)
– Jon Kabat-Zinn (amazon)
– Jon Kabat-Zinn (macrolibrarsi)
– Jon Kabat-Zinn – Wikipedia
– Mindfulness – Wikipedia