Questa volta prenderò spunto da una email, tanto pregevole quanto autentica.
Nome: Elisa
Oggetto: racconti
Quesito (sintesi)
Sono un’ex-cattolica, un’ex-islamista, un’ex-comunista (leninista). Tutte le ideologie sono state mie. Ho vissuto con estremismo la ricerca della giustizia e della verità e ho trovato in queste sette solo ingiustizia e menzogna, sete di potere e violenza. Ma il mio desiderio di verità è stato ogni volta più forte ed il destino mi ha aperto sempre nuove porte per fuggire o capire.
Ho 25 anni. Attraverso un momento di profonda riscoperta della mia energia interiore. Ho apprezzato i tuoi articoli, nonché le storie della rana zen …
C’è un altro racconto, letto altrove, di cui sono rimasta prigioniera per anni. Il racconto della rana e dello scorpione. Lo scorpione chiede alla rana di aiutarlo ad attraversare lo stagno, ma a metà del percorso lo scorpione punge la rana che lo trasporta sul suo dorso ed entrambi affogano. Prima di morire la rana domanda il perché di quest’azione sconsiderata. E lo scorpione risponde che fa parte della sua natura.
Penso che non sia vero, che non si nasca rane o scorpioni. È una storia così triste.
Per questo a me piacciono tanto le rane e penso che bisogna perseverare … non so … quando ho letto le tue storie della rana zen sono stata così felice. Mi faresti la cortesia di raccontarmene un’altra? Te ne sarei grata in eterno.
Un bacio e un abbraccio. Elisa.
Risposta
Ciao Elisa, sono lieto che i racconti della rana zen, molto semplici e senz’alcuna pretesa artistica, ti siano piaciuti. Lo scorpione della tua storia è stato essenzialmente inconsapevole. Non esiste una natura umana di per sé violenta, ma solo degli esseri ignoranti per i quali tutto ciò che conta è unicamente la superficie. Mentre noi, invece, siamo sia lo spazio esterno che l’essenza, sia esteriorità e apparenza che sostanza, sia corpo fisico che mente e la loro sintesi, la consapevolezza.
D’altra parte siamo anche, un po’ tutti, sia scorpioni che rane. Nonostante il raziocinio spesso prevale la natura istintiva. Pensare di poterla controllare sempre, comunque o dovunque, è titanico, assurdo. Anche se ci affidassimo fiduciosi al buon senso, lo scorpione potrebbe rivelarsi parimenti letale.
Ma v’è un punto oltre il quale lo scorpione s’annulla. Dire “oltre” sembrerebbe che ci si debba condurre in chissà quale luogo. Oppure che si debbano superare chissà quali prove. E invece non v’è luogo e non v’è prova perché tutto si realizza qui e ora, in questo spazio, in questo stesso momento. Ciò che chiamiamo eterno, verità, trascendere la mente, è nell’istante presente.
Percepire l’attimo, coglierlo a volo come un’opportunità irripetibile? Si, è importante. Ma rendersene conto solo intellettualmente è inefficace, parziale. Non dischiude nessuna nuova opportunità. Questa via, semmai, è soprattutto esistenziale. Non si tratta, cioè, di pensare al momento presente, ma di viverlo.
Per raggiungere tale pseudo-obbiettivo non bisogna far nulla di speciale. Meditare? Basta rilassarsi periodicamente con la propria interiorità cercando solo di rimanere ben svegli; rispettare le proprie preferenze, le inclinazioni spontanee, correggendole di quel tanto appena che sia sufficiente per vivere in società.
Eh, per l’appunto, la società … Per quanto mi sforzi non vedo un’emancipazione collettiva che non sia preceduta da quella individuale. Ovviamente non serve che tutti trasformino il veleno del proprio lato-scorpione in un benefico elisir di pace, lungimiranza e compassione. Sarà sufficiente che un numero via via crescente d’individui realizzi che siamo tutti essenzialmente uguali e interdipendenti.
Nondimeno, prima che quest’idea divenga un po’ meno utopica, sarà indispensabile promuovere intese, concordia. Si tratterà pur sempre di accordi fittizi e temporanei, lo riconosco. Compromessi basati su convenienze comuni, sul timore dei propri partner e non sull’affetto reciproco. E i rapporti fondati sulla solidarietà? Un altro modo di fingersi buoni e caritatevoli, ma che sovente dissimulano ipocrisia e celano disprezzo, commiserazione.
– Che cerchi, amica, una parvenza di mondo migliore, un qualche luogo di beatitudine eterna, il paradiso?
– Si, rispose la rana. Questo!
Per migliorare la propria condizione esistenziale è indispensabile aver fiducia in se stessi e nel sistema in cui si vive. Semplice, ma ciò presuppone conoscere se stessi, nonché stima del sistema.
Il metodo più efficace per conoscere se stessi è la consapevolezza. Apprezzamento del sistema e consapevolezza della propria interiorità dovrebbero procedere di pari passo. Ma il sistema, o società, o consesso civile, così come la mente, non può essere irrazionale, contraddittorio, violento, superstizioso, condizionato, oppure frammentato e diviso. Congetture? Auspici per aggregazioni alternative? Macché, mi riferisco a contenziosi molto più banali …
Fintantoché mancheranno unità e univocità d’intenti le tendenze conflittuali saranno sempre in aumento. Onestà e trasparenza promuovono sicurezza e certezze. Frammentazioni e disunioni li dissolvono.
Quando c’è chiarezza v’è anche amore.
Sentendomi, dunque, vivamente riconoscente nei tuoi confronti, ho chiesto alla rana zen di raccontare un’altra delle sue frivolezze. Senonché, com’era presumibile attendersi, ha declinato l’invito. Oggi la rana zen è un po’ scettica. Ha qualche remora. Nulla di particolare, dipende solo dal suo stato d’animo attuale.
Per quanto mi riguarda, la rana zen è la nostra mente che sogna, fantastica, che non riesce a rinunciare ai suoi privilegi, antichi retaggi di una cultura dispotica e di predominio. Tuttavia la rana zen non è così scortese come sembra. Infatti mossa da benevolo impulso ha preteso di dedicarti un aneddoto di tutt’altro tenore.
Tre sorrisi (racconto)
Impara dall’acqua: i torrentelli di montagna, tra fessure e orridi, scorrono rumorosamente, ma i grandi fiumi fluiscono silenziosi. (Sutta-nipata, 720)
Quando ero ancora bambino mi divertivo a mettere in difficoltà i miei parenti con domande insistenti, insinuanti e un po’ assurde. Una volta chiesi perché il procedere delle acque fosse così mutevole. Talvolta rapido e rumoroso, talaltra calmo e pacifico. Infine domandai perché mi chiamassi in tal guisa, “Tre Sorrisi”.
Mio nonno, ottimo esemplare di homo domesticus, ma astuto come una volpe, si prodigò a chiarire.
– “Figliolo, un primo sorriso di comprensione e sincera benevolenza è quello che rivolgerai a parenti, amici più cari e alla tua donna. Quindi ai tuoi figli … e così di seguito reiterando fintantoché non ne comprenderai il recondito, il motivo intrinseco, il senso.
Un secondo sorriso, direi di convenienza, sarà per la gente comune, forse per gli sconosciuti o tutti coloro verso cui ti sentirai indifferente.
Infine sia i tuoi padroni o signori che i tuoi possibili inservienti subiranno il terzo, il sorriso ipocrita. Secondo i casi altèro o sottomesso, ma sempre predisposto, finalizzato, sfuggente.”
– “E l’acqua dei fiumi, ruscelli, perché è cotanto mutevole?”, gli chiesi maliziosamente.
– “Quando invece dei tre sorrisi ne avrai uno solo, gioioso o indifferente, ma uno per tutti, allora capirai l’acqua, il suo flusso, il lento e continuo deflusso.”
Ovviamente, lì per lì, non compresi. Ora, però, seppure a sprazzi, mi sembra d’intuire, mi sembra …
Dunque dentro di noi c’è la capacità di dirigere qualsiasi forza della natura, d’influenzare ogni atomo dell’universo. Tuttavia, lo stato di coscienza in cui attualmente si trova la maggior parte di noi ci ha convinto di essere piccoli e impotenti. (Deepak Chopra)
– “Bene, l’articolo è concluso, osservò la rana. Ora dovresti essere un po’ più tranquilla. Che temi?”
– “Temo il sorriso dello scorpione, confessò semplicemente l’amica.”