Racconto o poesia, zen o non zen? Dipende, ma vi prego, non attribuitegli significati reconditi. Se vi piace, bene; altrimenti, se non capite, mille volte meglio. Giacché lo zen non prevede nulla, non dà certezze, bensì fatti, puri e semplici eventi, atti che non hanno nesso, causa, ma solo effetto.
In genere la rana zen non sogna, quindi non so se questa storia sia del tutto fantastica, oppure un segno, un sintomo, una traccia o, più semplicemente, una indicazione futile e banale.
La rana zen era stanca, indomita sì, ma terrorizzata. Uccelli deformi, predatori dalle grandi ali nere si aggiravano senza posa nel cielo polveroso e plumbeo dell’antico paese desertico. Impaurita dal frastuono causato dagli strani volatili, forse temendo il peggio, le parve di avvertire la flebile eco di un lontano richiamo. Riconobbe la voce del proprio maestro e si volse, ma percepì solo un ineffabile silenzio, un chiarore soffuso e indistinto. Sparite le fantastiche dune. Svanita l’oasi presso cui riposava e con essa l’immancabile stagno.
La rana zen sognò di essere morta. Ineluttabile. Rimase, per qualche tempo, sola, sofferente, mesta e angosciata. Infine oltrepassò, suo malgrado, ma sempre in virtù della propria fertile immaginazione, la tanto temuta soglia temporale e si dissolse, apparentemente, nel senza forma, il dio dell’inconoscibile.
A questo punto i più penseranno, va bene, ma per il prosieguo della storia l’imbelle si sarà pur risvegliata. Si, non ci sono dubbi, si ridestò. Tuttavia la situazione era decisamente mutata. La nostra amica, la rana zen, si sentiva diversa, trasformata, le antiche certezze erano divenute, in men che non si dica, dubbi, un’interminabile sequela di dubbi. Senza nemmeno rendersene conto si rivolse, ancora una volta, al solito precettore.
“Maestro, – gli chiese con voce accorata – so bene che nessuno può indagare meglio di me circa la mia vera natura, ma dimmi almeno, te ne prego, quali sono le mie origini?”
“Figliola, – le rispose senza tentennamenti la venerabile guida spirituale – qual è il tuo mondo? Suppongo sia lo stagno. Ebbene le tue origini sono nello stagno. Tu appartieni agli stagni di tutto il mondo. Ed essi, a loro volta, fanno parte di te.”
“Maestro, – lo incalzò la pivella – comprendo, ma quali sarebbero, dunque, le origini degli stagni?”
Il vegliardo le rivolse uno sguardo triste e pieno di compassione: “Ma dico, sei ingenua o allocca? Se non sbaglio sei una rana zen, quindi, le origini sono buddiste, sono zen. Ti pare?”
Oramai il racconto sarebbe finito. Tuttavia esiste una categoria di persone che non si accontentano delle allusioni ed anche a costo di annullare l’alone di mistero che rende una storia più attraente preferiscono chiarezza.
“Eureka! – gracidò la rana – Quei volatili neri sono l’ombra del tuo bastone zen mentre fende l’aria. Un randello pronto ad abbattersi sulle mie paure.”
“Bene – ridacchiò sornione il maestro – e gli stagni?”
L’origine degli stagni vive nella nostra mente ed è come il colore della loro acqua che è un semplice riflesso. Privilegiare ad oltranza una tinta, l’azzurro opalino, il verde alghe o brunito, oppure una cultura, una fede religiosa e promuoverne il predominio sarà come mortificare, umiliare, deprimere e avvilire tutto il resto. Ciò corrisponderà a premiare le divisioni ed essere violenti, precursori d’inenarrabili sofferenze e persino di guerre, giacché anche i propri dissimili, ahimè, non fosse altro che per difendere la loro libertà, si comporteranno con altrettanta inquietante superficialità.
Post scriptum
La “rana” rilesse le sue risposte dopo qualche anno e avvertì, suo malgrado, il bisogno di precisare. Le summenzionate origini sono, comunque, spirituali; riguardo le peculiarità di natura culturale, ossia usi, costumi, tradizioni … persisteranno sempre profonde e incolmabili differenze.
” Privilegiare ad oltranza una tinta, l’azzurro opalino, il verde alghe o brunito, oppure una cultura, una fede religiosa e promuoverne il predominio sarà come mortificare, umiliare, deprimere e avvilire tutto il resto. Ciò corrisponderà a premiare le divisioni ed essere violenti, precursori d’inenarrabili sofferenze e persino di guerre, giacché anche i propri dissimili, ahimè, non fosse altro che per difendere la loro libertà, si comporteranno con altrettanta inquietante superficialità.”
Ottimo!