Il testo che segue è la trascrizione di un insegnamento orale del maestro Roland Yuno Rech durante una seduta di meditazione Zen. In queste istruzioni, un invito a liberarsi dai pensieri che ci assillano e ci impediscono di vivere il momento presente, il maestro spiega come la pratica della meditazione Zen ci aiuti a comprendere l’interdipendenza e l’impermanenza complessiva e come ciò conduca alla liberazione dalle proprie illusioni e all’accettazione della realtà così com’è. Il termine “mezzi abili” si riferisce a tutte le discipline che aiutano a raggiungere siffatto nobile obiettivo.
«Durante zazen, non lasciate che il vostro spirito ristagni su alcunché, non lasciate che si attacchi a un pensiero e che lo insegua, e per questo tornate regolarmente alla concentrazione sul corpo e sulla respirazione. Nel movimento dello spirito che ritorna alla concentrazione sul corpo, si produce immediatamente un ‘lasciare la presa’, perché la mente non può essere concentrata allo stesso tempo su due cose. Il corpo stesso, la respirazione stessa, si trasformano incessantemente. Quindi, concentrarsi sul corpo non vuol dire attaccarsi al corpo, ma semplicemente non ristagnare sulle proprie fabbricazioni mentali, ritornare al contatto con la realtà qui e ora.
Eno, il sesto Patriarca, si risvegliò sentendo la famosa frase del Sutra del Diamante: “Quando lo spirito non dimora su nulla, il vero spirito appare”. Lo spirito che non dimora su nulla è lo spirito che realizza il ‘lasciare la presa’, istante dopo istante. Lo spirito che ritrova la sua fluidità naturale, come quando il ghiaccio in primavera si trasforma in acqua. L’acqua che era provvisoriamente bloccata, immobilizzata, ritrova la sua libertà: esattamente quello che si produce in zazen quando si ritorna alla concentrazione sul corpo e sulla respirazione istante dopo istante.
Non abbiamo bisogno di altre cose, se non di essere semplicemente seduti e di lasciar passare i pensieri senza attaccarcisi. Allora ci si armonizza naturalmente col Dharma, cioè con l’ordine cosmico.
Il Dharma è la grande legge dell’universo, secondo la quale funzionano tutte le esistenze. Ecco perché cantiamo il terzo voto del Bodhisattva: “Homon muryo sei gan do”: per quanto numerose siano le porte del Dharma, faccio voto di penetrarle tutte. Tutte le esistenze funzionano in armonia col Dharma, quindi tutte le esistenze lo manifestano. Ognuna diventa per noi una porta del Dharma, a condizione di aver sviluppato uno spirito aperto, ricettivo. È la funzione essenziale di zazen. È per questo che lo chiamiamo qualche volta ‘la grande porta del Dharma’, la porta principale. In zazen, ci armonizziamo naturalmente col Dharma e allo stesso tempo prendiamo coscienza di quello che è il Dharma.
Questa grande legge dell’universo, è la legge dell’interdipendenza di tutte le esistenze: nulla di ciò che esiste, esiste di per sé. Noi stessi non esistiamo da noi stessi, ma soltanto in relazione con tutto l’universo. E siccome queste relazioni sono innumerevoli ad ogni istante, allora tutto quello che esiste è impermanente, tutto si trasforma in funzione di questa interdipendenza. Quando prendiamo coscienza di questo, allora possiamo smettere di attaccarci all’illusione di un ego separato. E’ una totale rivoluzione spirituale. Ci credevamo il centro del mondo, credevamo che il mondo fosse al nostro servizio, e scopriamo che in realtà facciamo parte di un mondo che ci oltrepassa infinitamente. Nessuna delle nostre costruzioni mentali può resistere a questa rivoluzione. Evidentemente è un cambiamento da un punto di vista radicale. La maggior parte del tempo l’ego resiste a questo cambiamento: si attacca alle sue abitudini e percepisce l’interdipendenza e l’impermanenza come una minaccia.
Praticare zazen è come acclimatare il nostro piccolo ego a questa dimensione infinita del Dharma e provare per questo una grande liberazione. Liberazione che non è altro che l’abbandono delle nostre illusioni e l’accettazione totale della realtà così com’è. È così che possiamo realizzare la pace dello spirito, smettendo di combattere; smettendo di opporci al Dharma. E’ quello che esprimiamo praticando sampai. E’ accettare che ci sia qualcosa di più grande di sé, di più profondo, di più vasto. E aprirsi a questa dimensione. Che lo chiamiamo Dio, Buddha, Dharma non importa: è al di là di tutto quello che possiamo nominare.
Anche se chiamiamo questo provvisoriamente interdipendenza, impermanenza, ordine cosmico, tutte queste espressioni non sono altro che mezzi abili, come tutti gli insegnamenti.
Questo vuol dire smettere di guardare il vasto cielo attraverso il buco di una cannuccia.»
[Sesshin di Ghigo di Prali diretta dal Maestro Roland Yuno Rech – Dai Bai Ojo: Lo spirito stesso è Buddha – Venerdì 9 maggio 2008, kusen (insegnamento orale del maestro ai discepoli durante zazen) delle 11:00]
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte