La vita è incerta, il cambiamento è causa di timore e le impressioni latenti apportano dolore: in verità tutto è sofferenza per chi ha imparato a discriminare. Ma la sofferenza ancora da venire potrebbe essere evitata. La causa della sofferenza è data dall’identificazione del soggetto con l’oggetto. (Yogasutra di Patañjali, 2:15-17)
La rana zen si ammalò. Nulla d’insolito. Oramai gli acciacchi dell’età si facevano sentire sempre più sovente. Ma stavolta la nostra amica subì dolori così lancinanti da offuscarle, quasi del tutto, la mente. Il vicolo di cieco dolore in cui si era inopinatamente incamminata le precludeva ogni raziocinio. La sofferenza fu così acuta che le parve di star lì a dileguarsi.
Le ultime occasioni di residua speranza caddero, infine, come umili lagrime. Le gocce scivolarono giù lambendo le pallide guance. Sempre più giù, sull’adiacente foglia di loto, sino all’avita dimora, lo stagno. Teatralità? Nient’affatto! La misera rana raccolse le sue ultime, fievoli, risorse vitali e si recò al cospetto del suo caro maestro.
– “Rieccola”, pensò invece l’illustre venerabile, “mi toccherà randellarla. E lo fece, ma con un riguardo davvero inusitato”.
– “Maestro, intercedi per me”, supplicò l’importuna, “mi sono curata senza alcun risultato”.
– “Certo figliola”, interloquì l’anziano saggio. “Pregherò per te, ma tu dovrai ottemperare le antiche istruzioni”.
– “Quali sono? Mio signore”. Proruppe tremando la rana.
– “Considera questo dolore come se accadesse a qualcun altro, le suggerì il maestro. In concomitanza, o successivamente, trai ispirazione dall’alto. Così, mentre la sofferenza si accanisce a vessarti senza pietà, tu l’osservi, è un’estranea, quel tormento non ti appartiene affatto. Se fossi stata più attenta avresti visto che è un dardo scoccato dall’incommensurabile. Proprio perché la sua faretra non contiene nulla, da lì ne scaturisce infinito amore. Concluse il maestro”.
– “Valuterò attentamente. Seguirò innanzitutto le premurose indicazioni del mio medico”, si disse l’eclettico anfibio. Pondera i punti nodali del racconto, le suggerì la voce della guida interiore, lo spirito di consapevolezza: … considera questo dolore come se accadesse a qualcun altro … quindi trai ispirazione dall’alto … dal nulla scaturisce infinito amore … “Cosicché guarirò”.
– “Risanerai un corno”, l’apostrofò duramente l’esimio che oramai sembrava leggerle in cuore. “Finché ci sarà qualcuno a dover guarire sarai sempre in balìa della tua piccola mente. Il dolore, la sofferenza, sono gli ultimi appigli dell’ego. Rinuncia anche a quelli. Come l’oscurità è mancanza di luce, il dolore è assenza d’amore”.
La rana zen fuggì via mesta mesta. Non aveva risolto il suo assillante problema, tanto meno compreso un bel nulla. … Il vero scopo dell’insigne? C’è tempo, le parve …
Commento
L’osservazione crea distanza. Quello spazio determina un intervallo che ti rende più aperto, disponibile:
«L’espressione del vuoto è l’amore, perché vuoto significa “vuoto di sé”. Quando non c’è l’io, non c’è l’altro; la dualità è creata dall’idea del sé, dell’io, dell’ego; quando non c’è il sé, c’è unità, comunione e, senza pensare “io amo qualcuno”, l’amore diviene l’espressione naturale di quell’unità. (Joseph Goldstein).»
In definitiva, la vera cura è l’amore. Ma non vorrei che il racconto, giacché solo di tal si tratta, venisse frainteso …