Le stagioni, sia quelle meteorologiche che della vita, si succedono di continuo. Ma tu sei sempre lo stesso. Osservi, partecipi, t’identifichi, per un po’ di tempo credi, poi – quando ti accorgi che qualche furbastro ti sta turlupinando – dubiti. Fintantoché rimani intrappolato nella gabbia dei pensieri volubili (indisciplinati) che – invece di servirti – assorbono, di volta in volta, tutta la tua attenzione, ti sentirai inquieto, forse persino insoddisfatto. Al contrario, non appena ti renderai conto che questa situazione di stallo, d’identità con la periferia dell’essere, di dipendenza psicologica dai giudizi o dalle dichiarazioni di una autorità morale (?) esterna – diversa, cioè, dalla tua stessa coscienza – è del tutto deleteria, t’incamminerai sulla via che conduce dal sonno al risveglio.
Meditare in autunno
Mentre la natura si spoglia e cambia d’abito ancora una volta,
mentre la ruota del tempo e della vita reitera l’ennesimo giro,
così come il sottile fermento della trasformazione coinvolge il tuo essere a tutti i livelli,
tu, solitario, rinchiuso ancora nella gabbia della mente,
aneli una fuga, una vittoria, un riscatto, che ami chiamare liberazione.
Mentre il centro e la periferia si osteggiano in una guerra senza fine
e tu li osservi stanco senza riuscire – quasi – tanto meno a reagire,
non appropriarti più, lascia cadere le foglie gialle dei pensieri.
Rimani spoglio, forse senza difese, ma nudo e libero a contemplare calmo,
il paesaggio, l’anima, la quintessenza di tutto ciò ch’é meglio.