«E’ spirituale ciò che non ha forma, che non cambia, che non porta convenienze, che non può essere pensato, che è ciò che è. … La spiritualità, in sintesi, è l’indipendenza dello spirito di fronte a tutto ciò che è mutevole, limitato, misurabile, in altre parole tutto ciò che dipende dal nome e dalla forma. … ‘Spiritualità’ è un altro termine per indipendenza e non-dipendenza. (Arnaud Desjardins)».
Meditazione è porsi momentaneamente al di qua della propria mente parcellizzata per incontrare la coscienza originaria.
Confidenze
Spero tanto che il prologo offra spunti per riflettere a tutti coloro che considerano la spiritualità come un fenomeno prevalentemente identitario. In realtà è l’esatto contrario. Le identificazioni religiose esclusive spingono sempre verso il basso, verso i meandri della più oscura inconsapevolezza, verso i recessi della più fosca intolleranza, verso le tenebre del più tetro settarismo. La storia insegna.
Il vero relativismo – termine che in realtà è solo uno slogan; deipnotizzatevi, per favore, non andate contro la gioiosità della vita – dicevo, il vero relativismo è quello della spiritualità di lungo corso imperante che promette, consola, seduce, in apparenza nobilita, ma poi scende a compromessi tali d’annullare tutto ciò che di buono la sua parte migliore si sforza da sempre di raggiungere. La cronaca illustra.
Qui speculiamo sull’amorevolezza. Solleciti verso la sofferenza, ma disgustati riguardo la bramosia. Per quella non v’è cura che tenga. Addio perbenisti, benpensanti, integralisti, moralisti, siate solerti per ciò che resta della vostra anima. Qui non v’è nulla che vi possa interessare. Non abbiamo ricette. Non facciamo promesse. Alcun primitivo immaginario lignaggio. Non ci sono maestri inclini a giudicare.
Bene, ora che l’aria è tersa, ora che l’avidità si è dileguata con le ombre degli stessi pregiudizi che la sostengono, possiamo permetterci qualche confidenza. Siamo certi d’esser stati davvero autentici? A rimpiattino con la speranza. O il gioco non è che un modo come un altro per intrattenere?
Caro lettore, non è che non ce la raccontiamo tutta. Lasciamo stare un momento le proposizioni teoriche. Per star “qui e ora” io non pratico uno sforzo. Anzi, ho sperimentato che più ci si sforza peggio è. Non intendo dire che non si debba far nulla. Ma di tanto in tanto è indispensabile mollare la presa, allentare, giocare. Ecco, giocare, è l’unico modo per essere davvero presenti a se stessi “senza esserci”, senza pensieri tipo attenzione, meditazione, ecc. Probabilmente sono influenzato da qualche teoria. Qual é il mio punto di vista? Lo stesso che esprimo istante per istante, pensiero per pensiero, ma soprattutto nel silenzio. La mia dottrina (licenza poetica) è ciò che non dico, ma si arguisce dallo sviluppo delle circostanze. Dall’impatto emotivo che hanno su di me, nonché dal modo in cui le affronto. In ogni caso, se hai già meditato, sono sicuro che mi comprendi …
Le circostanze spirituali più belle, tipo particolari percezioni repentine di calma e di quiete, mi sono capitate proprio quando non me l’attendevo affatto. Quindi la meditazione, nel mio caso la vipassana, ma va benissimo sicuramente ciò che più ti attrae, ti aggrada o ti fa star meglio, è stata come un preludio, una preparazione per che ciò sarebbe potuto venire in seguito, ma di cui non ne avevo la certezza; la meditazione, o tante altre pratiche analoghe, sono come una scommessa …
Per andar dove? Bordo del precipizio, nulla, e tutte quelle definizioni analoghe che potrebbero apparire apocalittiche o catastrofiche sono modi di esprimersi molto coloriti per indicare le circostanze che si schiudono quando i pensieri si placano, la mente tace, l’osservatore diviene preponderante. La novità esistenziale è così consistente che per qualche tempo, prima di acclimatarsi con la propria interiorità, ci si sente fortemente sorpresi, disorientati. Tuttavia, procedendo nell’auto-esplorazione con cautela, il che non significa analizzare la mente, bensì comprenderla complessivamente divenendo consapevoli delle peculiari motivazioni intrinseche, ed accettandole per ciò che sono, si perviene ad una visione spirituale …
(Lui) non continua, infatti non c’è più, ma oramai è nella sua stessa natura seguire la corrente. E’ diventato la corrente medesima. Sicché, in effetti, (Lui) non fa nulla. Semmai sei (tu), siamo (noi), a intralciarlo, a porci su quella scia, su quella lunghezza d’onda, che non è più una, ma è l’intero spettro. …
Le tecniche? Un testo scritto introduce soltanto. Si prova, si esplora, ma è meglio avvertire chiunque di non attendersi affatto risultati mirabolanti, tanto meno conquiste di maggiore efficienza psichica. Le tecniche sono trastulli temporanei per giungere al punto in cui non servono più e si riesce a comprendere che la meditazione non è una tecnica. Quindi penso sia utile praticarle a condizione di rammentare che si tratta di semplici chiavi, ma che la porta da aprire è assolutamente sprovvista della benché minima serratura. Chi l’ha detto? …
Osservi, non sei più identificato, prendi atto di quanto accaduto e se il tuo stato di testimonianza (consapevolezza) è stabile e profondo agisci o reagisci per come si conviene, diciamo secondo il tuo senso di giustizia, poi ti adoperi e svolgi il ruolo che altri si attendono da te … Anche questo è karma. Non c’è nessun film per il semplice motivo che noi stessi siamo il film. Chi l’ha visto? …
“… le idee non testate a fondo nella realtà valgono niente!”. Che i Buddha di tutti i tempi possano rendercene edotti.