Il rutilante coacervo delle più ricorrenti o ridondanti emozioni è sempre pronto a sorprenderci come ad affliggerci. Sta a noi disciplinarle, ma in modo indiretto, osservandole a dovere per non farci sopraffare. L’aiuto proviene in primis da una mente amorevole che non discrimina tra bello o brutto, buono o cattivo. Il cielo limpido – senza alcuna nube che l’offuschi – è come la coscienza consapevole della fugacità dell’insieme…
«È a causa delle afflizioni momentanee che noi soffriamo.
La parola ‘afflizione’ è una traduzione comune del termine pali kilesa, che letteralmente significa tormento. Sappiamo per esperienza diretta che quando determinati stati mentali (collera, paura, colpa e avidità) fanno irruzione dentro di noi, hanno il potere di creare disagio e dolore. Quando bussano alla porta e li invitiamo a entrare, perdiamo il contatto con lo stato fondamentalmente puro della mente e allora soffriamo. Invece, non identificandoci con queste energie, impariamo che tali tormenti e afflizioni sono solo passeggeri, sono forze avventizie e non innate, non rispecchiano la nostra vera natura. Le contaminazioni, o kilesa, sorgono inevitabilmente per il modo in cui siamo stati condizionati, ma questo non è motivo per giudicarci severamente. La sfida è vederli per quello che sono e ricordare la nostra vera natura.
La mente amorevole può osservare gioia e pace in un momento e quindi dolore nel momento successivo, senza essere disturbata dal cambiamento; potremmo paragonarla a un cielo solcato da nuvole, alcune chiare e a fiocchi, altre scure e gonfie di pioggia. Non importa quale sia il suo aspetto, il cielo non è toccato dalle nuvole: è libero.
Le energie negative non potranno mai sradicare quelle positive, laddove le energie positive possono realmente estirpare le negative. L’amore può sradicare la paura, la rabbia o la colpa, perché è un potere più grande.»
[ Da: Sharon Salzberg, L’arte rivoluzionaria della gioia ]
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