Non tutto ciò che giunge alla mente può essere compreso, e non tutto ciò che si comprende merita d’essere immediatamente svelato. La meditazione invita a sostare sul limite del non detto, nel punto esatto in cui il pensiero non basta più e il silenzio inizia a parlar chiaro. Quando si abbandona l’impulso a interpretare e si resta semplicemente presenti, qualcosa inizia a muoversi. Una risonanza, lieve ma autentica, che non ha bisogno di conferme razionali. Meditare significa anche imparare a non definire, a non forzare il senso, a lasciare spazio. È una pratica sottile, che si affaccia quando la mente smette di voler dominare e il cuore comincia ad ascoltare. Ed è in quel margine che, talvolta, la poesia prende il posto del ragionamento.
Non tentare di capire cosa stia scrivendo. Se l’interpreti potresti indovinarlo, avvicinarti, ma non saresti comunque certo d’averne colto il senso. Se invece provi a sentirlo, può darsi che in un momento di grazia emotiva tu riesca a intuirne l’essenza. Ma intuire non è conoscere e sarai fuorviato dalla realtà. L’unico modo per uscirne fuori è tacere, che equivale a inchinarsi, per ammettere la propria ignoranza, diventare possibilisti e lasciare aperta la porta ad ogni evenienza. Solo che la porta non esiste. E questa è la meditazione.
In meditazione
Quando parli o scrivi
con la sola mente
corri il rischio continuo
d’esser frainteso.
Ad esempio, se dicessi
che ci vuole coraggio
potresti intenderlo come
il coraggio di ribellarti;
o quello di sopportare stoicamente;
mentre intendevo solo
il coraggio di cambiare.
Quando invece parli col cuore
– i ghirigori del pensiero logico
che si appiglia dovunque
pur di non mollare la presa
e consentirti un po’ di calma –
sono più tenui, sfumati.
Ma se piuttosto ti riservi un frangente
durante cui non parli né pensi,
bensì ti adagi nel tuo stesso presente
e attendi all’erta,
l’inattendibile farà capolino
come un merlo d’inverno
pronto a ingannarti
oppure a farti santo.
Conclusione
Non serve affannarsi per capire ogni parola. La meditazione non cerca risposte immediate, né si lascia racchiudere in schemi logici. Preferisce i margini, i varchi, le soglie. È lì che suggerisce qualcosa, ma solo a chi sa ascoltare senza fretta. A volte basta tacere, restare immobili per un istante, lasciar passare l’eco dell’ennesimo pensiero e cogliere quel nulla denso che resta. In quell’interstizio tra mente e cuore si apre una possibilità: non per sapere di più, ma per essere un po’ più presenti.