Signore, ti chiedo perdono per tre miei peccati gravi (La preghiera della devota Vishnu): il primo è che mi sono recata in pellegrinaggio in molti tuoi santuari, senza pensare che tu sei presente in ogni luogo; il secondo è che ho invocato spesso il tuo aiuto, dimenticando che tu sai meglio di me ciò di cui ho bisogno; e infine, ecco che vengo a chiederti perdono dei miei peccati, pur sapendo che sono già stati perdonati, prima ancora di essere commessi. Da: Anthony De Mello – “La preghiera della rana – Saggezza popolare dell’Oriente”.
Sembrerebbe una preghiera scontata, ma quanti di noi confidano in un aiuto sovrannaturale dimenticando che la vita, per sua stessa natura, non è mai indifferente?
Purtroppo basta un nonnulla per trasalire e intimorirsi. Un’emergenza, una situazione difficile, apparentemente senza sbocco, e la richiesta di soccorso sorge spontanea. Ma è più che naturale, comprensibile, umano.
Sicché ravvisare la luce che emerge in ogni luogo e frangente diventa un’esperienza contemplativa unica.
La luce è implicita. Persino l’oscurità fisica ne cela una flebile istanza. Dietro il buio degli occhi, un fievole chiarore rivela innumerevoli opportunità. Nel silenzio del pensiero, quando la mente si calma e la quiete diventa prima riposo e poi pace, il bisbiglio dell’ego si fa così sommesso da consentire la percezione di una verità quanto meno ammirevole.
Gli alberi, dagli strenui rami protesi verso l’incommensurabile, pregano. L’erba, che si flette docile ai repentini sospiri del vento, prega.
Una preghiera che nasce dalla meditazione. Una meditazione che si trasforma in preghiera. Sosta, spera, indugia, e finalmente sorride.