Al contrario di quanto, in genere, non si creda gli esseri umani non sono condannati apriori, per tutto l’arco della loro – ricca e opulenta o misera e stentata – esistenza a brancolare tra le nebbie semicoscienti dell’inconsapevolezza. Quindi non sono obbligati o costretti a priori a soffrire, loro malgrado, una sorta di dissociazione psichica da tutto ciò che è, per sua stessa natura, vivo e luminoso. Tutt’altro, esiste in loro un nocciolo vitale ed essenziale che può, in ogni istante, indipendentemente dalle situazioni materiali contingenti, fiorire ed espandersi sino a lambire finanche l’evanescenza dell’incommensurabile. Finché la coscienza non esperirà il proprio inalienabile risveglio e, di conseguenza, brillerà, nel modo più semplice ed autentico possibile, d’inestinguibile luce propria. Finché il principio immateriale di natura incorporea che, in genere, definiamo anima, non illuminerà le zone più recondite della propria esistenza rivelando la sua vera, imprescindibile natura. Finché il germe di una nuova forma mentis non si espanderà sino a sfiorare i confini del genio con uno slancio giammai ritenuto possibile. Tutto ciò e quant’altro – seppur formulato in guisa relativamente poetica – ci suggerisce, in effetti, lo straordinario, quanto umile, ma comunque indimenticabile maestro zen Thich Nhat Hanh nelle sua descrizione dei “sette fattori di risveglio o illuminazione”, nonché del sentiero che li attualizza e li rende possibili. […]
«I Sette Fattori di Risveglio o di Illuminazione (sapta-bodhyanga) sono:
- consapevolezza;
- investigazione dei fenomeni;
- diligenza;
- agio;
- gioia;
- concentrazione;
- equanimità o “lasciar andare”.
La parola bodhyanga è composta di bodhi e anga. Bodhi (risveglio, illuminazione) viene dalla radice budh- che significa “svegliarsi”, essere coscienti di ciò che accade dentro di sé e intorno a sé. Un Buddha è un “risvegliato”. Anga significa membro del corpo. Sapta-bodhyanga può essere tradotto dunque con le Sette Membra o i Sette Fattori di Illuminazione.
Il Buddha sedette in meditazione ai piedi di un ficus religiosa noto ai buddhisti come “albero della bodhi” finché non sorse la stella del mattino; a quel punto raggiunse l’illuminazione e disse: «Che strano, tutti gli esseri viventi hanno in sé, per natura, la possibilità di risvegliarsi, solo che non lo sanno. Così, vita dopo vita, solcano l’oceano della grande sofferenza». Questo significa che le potenzialità dei Sette Fattori di Risveglio sono già dentro di noi, solo che non lo sappiamo.
Si narra che il Buddha all’inizio fosse restio a condividere le intuizioni colte sotto l’albero della bodhi. Solo dopo aver continuato a meditare si rese conto che molti esseri avrebbero tratto grande beneficio se egli avesse offerto un aiuto concreto al loro risveglio. I Sette Fattori di Risveglio offrono una descrizione delle caratteristiche del risveglio e allo stesso tempo un sentiero verso il risveglio stesso. Immaginate un albero con sette grandi rami, ognuno dei quali rappresenta un Fattore di Risveglio. Ogni anno, ognuno di questi rami si allunga e butta fuori germogli e nuove foglie. L’illuminazione cresce di continuo: non è una cosa che accade una volta per tutte, già completa in se stessa. È rassicurante sapere che il Buddha ha inserito fra questi sette elementi l’agio e la gioia.
Il primo Fattore di Risveglio: consapevolezza
Il Primo e principale Fattore di Risveglio – il primo ramo dell’albero della bodhi – è la consapevolezza, o presenza mentale (smrti). Smrti, alla lettera, significa “ricordarsi”, non dimenticare dove ci troviamo, che cosa stiamo facendo, con chi siamo. La consapevolezza sorge sempre nel contesto di una relazione con noi stessi, con gli altri o con le cose. Non è qualcosa che ci teniamo in tasca e tiriamo fuori al bisogno. Quando incontriamo una persona amica per strada e la riconosciamo, non tiriamo fuori di tasca il “riconoscimento”: è sorto da sé nel contesto di quella situazione. Il fatto di camminare e di respirare, i nostri movimenti, le sensazioni, e i fenomeni che ci accadono intorno sono tutti parte della “relazione” nella quale sorge la consapevolezza. Con l’allenamento, ogni volta che inspiriamo ed espiriamo generiamo presenza mentale, e il nostro respiro diventa causa e condizione della comparsa della presenza mentale.
Forse penserai: «Io sono la causa della presenza della consapevolezza». Ma se ti guardi attorno, non troverai mai un “10”. Lo squillo del telefono, il suono della pendola?, il tuo maestro e il tuo Sangha possono essere cause che favoriscono la tua presenza mentale. Immaginati mentre fai una meditazione camminata lungo una spiaggia, e all’improvviso ti viene in mente: «Avrò abbastanza denaro sul conto in banca?» Ti basterà riportare la consapevolezza al contatto dei piedi con la sabbia per ritornare al momento presente. Puoi farlo perché prima avevi già praticato la meditazione camminata; ma sono i tuoi piedi, e non “10”, a ricordarti di essere presente.
Nel Discorso sui quattro fondamenti della consapevolezza il Buddha chiede: «Se pratichi i Quattro Fondamenti della Consapevolezza, quanto tempo ci vorrà prima che tu raggiunga l’illuminazione?» La prima volta risponde «sette anni», ma più avanti dice che può essere molto poco, un paio di settimane. Significa che il risveglio è sempre a disposizione: ha solo bisogno di condizioni favorevoli. Il sole c’è sempre, anche quando è nascosto dietro le nuvole. Il Buddha ha detto: «Praticando i Quattro Fondamenti della Consapevolezza realizzerai i Sette Fattori di Risveglio».
Il secondo Fattore di Risveglio: investigazione dei fenomeni
L’investigazione dei fenomeni (dharma pravicaya) è il Secondo Fattore di Risveglio. A noi esseri umani piace molto investigare sulle cose. Spesso pretendiamo che i risultati delle nostre ricerche si adattino a determinati schemi o dimostrino determinate teorie; altre volte, invece, siamo aperti e permettiamo che le cose, semplicemente, si rivelino a noi. In quest’ultimo caso, la nostra conoscenza si amplia, espandendo i suoi confini. Quando desideriamo investigare il germoglio sul ramo di un albero, potremmo domandare: «Da dove vieni? Dove vai? Sei davvero così piccolo?» Il germoglio potrebbe rispondere: «Crescerò e diventerò una foglia, verde in estate, arancione in autunno. Poi cadrò per terra, e nel giro di due anni ne farò parte. In realtà non sono tanto piccolo: sono grande come la terra». Con la consapevolezza, l’investigazione ci porta in profondità nella vita e nella realtà.
Il terzo Fattore di Risveglio: diligenza
Il Terzo Fattore di Risveglio è vīriya, che significa energia, sforzo, diligenza, perseveranza. L’energia proviene da molte fonti. A volte il solo pensiero di quello che potremo ottenere in futuro basta a darci energia. Il buddhismo considera fonti della nostra energia la consapevolezza, l’investigazione e la fede nella pratica. Osservando in profondità la vita, vediamo che è un miracolo che va al di là della nostra comprensione. Ma per molti giovani di oggi la vita non ha alcun senso. Ogni anno si suicidano molte migliaia di giovani. In alcuni Paesi, muoiono più giovani per suicidio che non per incidenti stradali. Dobbiamo aiutare i giovani a coltivare l’energia vitale che proviene dall’esperienza che si fa delle meraviglie della vita. Dobbiamo aiutare le loro vite ad avere un senso.
Anche quando siamo immersi nel dolore, se riusciamo a trovare un senso nella vita avremo energia e gioia. L’energia non è il risultato soltanto della buona salute o del desiderio di raggiungere un dato obiettivo, materiale o spirituale. È il risultato del fatto che si sente che la propria vita ha un qualche senso. Fare un sforzo al momento sbagliato o nel posto sbagliato dissipa la nostra energia. Sedere in meditazione per lunghi periodi prima di avere sviluppato una buona concentrazione potrebbe portarci a provare disgusto per la meditazione, perfino a farci smettere del tutto di praticarla. Quando Siddhartha praticava meditazione sotto l’albero della bodhi, la sua concentrazione era già molto sviluppata. Quando Kasyapa disse ad Ananda che non sarebbe stato invitato a partecipare al primo concilio dei discepoli del Buddha perché non aveva ancora raggiunto un grado di risveglio abbastanza alto, Ananda sedette in meditazione tutta la notte, e all’alba realizzò il “frutto dello stato di arhat” . Quando Ananda si presentò al concilio, Kāśyapa e gli altri riconobbero che aveva raggiunto il risveglio: il suo aspetto radioso bastava a darne prova.
Il quarto Fattore di Risveglio: agio
Il Quarto Fattore di Risveglio è l’agio (praśrābdhi). Il retto sforzo è sempre accompagnato da agio. Nel cosiddetto Terzo Mondo a volte ci si sente più a proprio agio che non nei paesi “sovrasviluppati” del Primo Mondo. Qui tutti sono sotto una pressione enorme, e a volte la gente necessita di “programmi di riduzione dello stress”. Il loro stress proviene dal continuo pensare e preoccuparsi, e anche dallo stile di vita. Dobbiamo imparare metodi per spostare l’energia dal capo giù nell’addome. Abbiamo bisogno di praticare il “lasciar andare” almeno una volta ogni quarto d’ora.
Quando ci ammaliamo, stiamo a letto e non facciamo niente, a volte neppure mangiamo o beviamo: tutta la nostra energia è impiegata nel processo di guarigione. Dobbiamo praticare il riposo anche quando non siamo ammalati. La meditazione seduta e camminata, il mangiare in consapevolezza sono buone occasioni per riposarsi. Quando ti senti agitato, se puoi andare in un giardino o in un parco, sfrutta l’occasione di riposo. Se cammini lentamente e ricordi di prenderla con calma, se sai stare seduto, di tanto in tanto, senza fare niente, puoi riposare profondamente ed entrare in uno stato di vero agio.
Il quinto Fattore di Risveglio: gioia
Il Quinto Fattore di Risveglio è la gioia (prīti). Questa è simile a felicità (sukha), ma con qualche differenza. Quando hai sete e stanno per portarti un bicchiere d’acqua, quella che provi è gioia; quando cominci a bere realmente l’acqua, quella che provi è felicità. Puoi sviluppare gioia nella tua mente, anche quando il tuo corpo non sta bene. A sua volta, questo aiuterà il tuo corpo. La gioia viene dal contatto con cose belle e benefiche, in noi e fuori di noi. Di solito noi entriamo in contatto solo con quello che non va. Se possiamo espandere la nostra visione e vedere anche le cose che vanno per il verso giusto, questo quadro più ampio ci dà sempre gioia.
Il sesto Fattore di Risveglio: concentrazione
Il Sesto Fattore di Risveglio è la concentrazione (samādhi). La particella sam– significa insieme, -ā– indica moto a luogo, – dhi è l’energia della mente: raccogliamo l’energia della mente e la dirigiamo verso un oggetto. Con la concentrazione, la mente è focalizzata e tranquilla e resta concentrata su un solo oggetto con una certa naturalezza. Per ottenere la consapevolezza abbiamo bisogno di concentrazione; una volta sviluppata la prima, anche la seconda si rafforzerà.
La concentrazione non è salutare in sé: anche un ladro ha bisogno di concentrazione per riuscire a entrare in una casa. È l’oggetto della concentrazione a renderla benefica o no. La concentrazione meditativa non è affatto di beneficio se la usi per sfuggire alla realtà. Anche prima del tempo del Buddha molti meditanti praticavano la concentrazione per “andare via” dal mondo. Anche il Buddha aveva praticato questa concentrazione ma essa non lo aveva messo in grado di liberarsi dalla sofferenza. Così imparò a usare la sua concentrazione per fare luce sulla propria sofferenza, e riuscì ad osservare la vita in profondità e a sviluppare la comprensione, la compassione e la liberazione.
Il settimo Fattore di Risveglio: equanimità
Il Settimo Fattore di Risveglio è l’equanimità, o “lasciar andare” (upekṣā). L’equanimità è un aspetto del vero amore”. È ben diversa dall’indifferenza. Praticando l’equanimità, amiamo tutti in ugual modo.
Nel Kakacupama Sutta (Esempio della sega), il Buddha ha detto: «Anche se i banditi ti stanno tagliando via gli arti con una sega, se in te sorge l’ira, non sei un seguace dei miei insegnamenti. Per essere un discepolo del Buddha non devi ospitare rabbia nel cuore, né pronunciare parole scortesi ma mantenerti pieno di compassione, privo di ostilità o di malevolenza» 6. Ho imparato queste parole quando ero un novizio e le ho perfino messe in musica. Questo insegnamento riguarda la nostra intenzione più nobile, ma è l’opposto delle nostre abitudini più radicate. Per trasformare la forza dell’abitudine e realizzare la nostra intenzione più nobile, il Buddha e il venerabile Sāriputra ci hanno insegnato a:
- praticare l’equanimità di fronte alle parole aspre;
- imparare a non provare fastidio, amarezza o malinconia;
- non inorgoglirsi quando si viene lodati, perché sappiamo che ogni lode non è diretta a noi in quanto individui ma a molti esseri, compresi i genitori, gli insegnanti, gli amici e tutte le forme di vita.
Nel Grande discorso sull’esempio dell’orma dell’elefante Sāriputra mostra il modo di meditare sui quattro elementi per praticare l’equanimità. Meditando sugli elementi – terra, acqua, fuoco e aria – sia nel nostro corpo che fuori di esso, vediamo che non c’è differenza tra noi e loro. Quando avremo trasceso la nostra idea di un sé separato, il nostro amore avrà la dote dell’equanimità, perché ci sarà chiaro che noi e gli altri siamo davvero la stessa cosa.
Questi sette fattori sono rami di uno stesso albero. L’investigazione dei fenomeni avrà successo se si sviluppa e si man tiene la consapevolezza. La gioia e l’agio sono sentimenti meravigliosi nutriti dalla diligenza nella pratica. La concentrazione dà origine alla comprensione; se questa è presente, si va al di là della comparazione, discriminazione e reazione realizzando il “lasciar andare”. In quelli che arrivano al “lasciar andare” germoglia un mezzo sorriso che dimostra comprensione e compassione.
I Sette Fattori di Risveglio, praticati con diligenza, portano alla vera comprensione ed emancipazione. Il Buddha ha detto che la pratica dei Quattro Incommensurabili Stati Mentali dell’amore, insieme a quella dei Sette Fattori di Risveglio, porta all’illuminazione totale e perfetta. Per questo, la pratica dei Sette Fattori di Risveglio è pratica d’amore.»
– Thich Nhat Hanh (amazon)
– Thich Nhat Hanh (macrolibrarsi)
– Thích Nhất Hạnh – Wikipedia
– Associazione Essere Pace