Bene, ed ecco di nuovo la concentrazione! Per quanto i moderni neofiti del pianeta meditazione tentino d’ignorare gli esercizi preliminari a qualunque tipo d’insight introspettivo, la concentrazione si ripresenta come fattore imprescindibile. Le parole chiave che attualizzano il suddetto sentiero sono dunque: zazen, risveglio, realizzazione … Questi appunti di Roland Yuno Rech sono solo un fuggevole richiamo, di per sé relativamente effimero, ma comunque utile per far mente locale e focalizzarsi sul sentiero che non c’è, mi sembra chiaro. Un sorriso e buona lettura. …
«Durante una sesshin, zazen è il centro di tutta la pratica. Tutta la vita gravita intorno a zazen. Talvolta alcuni si stupiscono che si insista tanto sulla pratica di zazen. La quinta domanda dello Shobogenzo Bendowa tratta quest’argomento: “La concentrazione è uno dei tre insegnamenti”. Come sapete, gli insegnamenti del Buddha sono spesso raggruppati in tre grandi gruppi: i precetti, l’etica, il giusto comportamento; nell’ottuplice sentiero ciò riguarda la parola, l’azione e il modo di vita giusto.
Il secondo tipo di insegnamento riguarda la meditazione, la concentrazione, che nel sistema indiano è detta dyana, l’origine della parola zen.
C’è poi la saggezza, la comprensione. In questo caso, ciò significa che, se zazen è dyana, è semplicemente una delle tre grandi pratiche.
Allo stesso modo, nello zen esistono sei pratiche essenziali che sono dette le sei paramita: il dono, i precetti, la pazienza, lo sforzo, la meditazione e la saggezza.
Se zazen è questa meditazione, dyana è solo una tra le pratiche del bodhisattva. Allora, l’interlocutore di Dogen gli chiede: “Se lo zazen che insegnate è incluso in queste pratiche, su quali basi affermate che l’autentico dharma del Buddha è concentrato in zazen?”
Per rispondere, Dogen ricorda l’origine della scuola zen, che nasce in effetti da un malinteso. Quando Bodhidharma è venuto in Cina, coloro che l’avevano visto praticare per nove anni di fronte al muro hanno creduto che praticasse dyana. Hanno chiamato la scuola e tutti i suoi successori, i discepoli del dyana seduto, dunque zazen. In seguito, si è dimenticato za ed è diventata scuola zen. In realtà Bodhidharma non praticava il dyana, zazen non era uno tra gli otto esercizi spirituali dell’ottuplice sentiero, né una delle sei pratiche del bodhisattva. Tanto meno era una tecnica o un esercizio spirituale, bensì il ritorno alla pratica originale del Buddha Shakyamuni, prima ancora che fosse questione delle sei paramita o dell’ottuplice sentiero.
Bodhidharma praticava lo zazen che era all’origine di tutti gli insegnamenti del Buddha, la pratica che era il risveglio stesso, l’origine di tutte le altre pratiche.
Quando, sul Picco degli Avvoltoi, il Buddha ha smesso di predicare, ha preso semplicemente un fiore tra le dita e l’ha fatto girare. In quel momento ha trasmesso l’essenza del suo insegnamento a Mahakashyapa. Non ha trasmesso i sei precetti, l’ottuplice sentiero, o una tecnica di meditazione. Ha trasmesso lo Shobogenzo nehan myoshin, l’occhio del tesoro dell’autentica Via ed il meraviglioso spirito del nirvana. È quanto si realizza ed attualizza nel momento in cui pratichiamo zazen al di là di ogni esercizio, di ogni tecnica di meditazione. È la pratica che diventa istantaneamente realizzazione.»
(Sesshin di Ghigo di Prali diretta dal Maestro Roland Yuno Rech, Bendowa del Maestro Dogen, Venerdì 16 aprile 1999, kusen delle 20:30)
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte