Quando la visione si fa incerta e la mente indugia sul confine tra luce e ombra, meditare sull’uscio diventa un viaggio nell’istante: bastano pochi pensieri, ma contemplati in silenzio, per lasciare che la presenza interiore illumini nuove prospettive, al di là delle interpretazioni, dove ogni parola risuona come una nota sincera nella coscienza vigile.
Dedicata a tutti coloro che hanno problemi con la “vista”… Non c’è un vero prologo, credo che sarebbe superfluo. Questo è uno dei casi in cui qualunque cosa dicessi potrebbe distorcerne la successiva lettura. Quindi metti per un po’ da parte il pensiero che interpreta e cogli il senso che trovi direttamente, all’istante, nell’immediato, al momento… Le parole di una poesia sono come le foglie di un albero. Se ne cambi l’ubicazione, se le rimescoli, l’albero persiste, ma non filtrerà più lo stesso tipo di luce.
Meditare sull’uscio
Poche righe interconnesse,
lette rapide per non
affaticarti.
Pochi attimi per coglierne
lesto quel senso
che ti offrirà la chiave
per aprire il varco
che dal tuo cuore trasmette
all’altrui mente.
Pochi cenni en passant
appena colti e ridonati
al mondo
finché non siedi in silenzio
senza più scelta
un po’ disperso
nella stanza spoglia.
Poche luci soffuse
quasi di sbieco
i cui spiragli fremono
di vita e polvere.
Poche tracce per ritrovare
(il mondo) la gente
quasi (racchiuso) nascosta
nella tua mente-dimora.
Poche note che descrivono
la storia
di un’anima defilata
che osserva, tace e si sorprende
dell’immensità racchiusa
nella figura eterea,
ma senza forma
che ti sovviene quando mediti
sull’uscio attento,
l’andirivieni lento
di quella lieve folla (1).
(1) La folla si riferisce ai pensieri.
Epilogo
Ed è nell’ascolto quieto che ogni traccia si dissolve e si rinnova: la meditazione sull’uscio invita a raccogliere, con sguardo aperto, i frammenti di luce e pensiero, affinché la profondità della propria dimora interiore possa essere davvero abitata, senza timore né fretta.
