Che cosa è meglio, fingere e autoconvincersi di amarsi l’un l’altro o divenire consapevoli che la vita è amore?
Ora effettueremo delle modeste precisazioni. Le prime, di carattere generale, riguarderanno le finalità del nostro percorso. Con le seconde ne illustreremo più chiaramente le basi essenziali. Infine esporremmo qualche cenno riguardo la tradizione.
Finalità
Seguire un percorso di meditazione non significa acquisire nuove nozioni. Oppure abituarsi a riflettere, concentrarsi, contemplare. Non significa nemmeno osservare i pensieri per tranquillizzare la mente, cogliere le pause di silenzio tra un pensiero e l’altro, gli ambiti di cielo sereno oltre i flussi e riflussi delle nubi pensiero.
Seguire un percorso di meditazione non è prepararsi a saltare nell’insondabile, predisporsi ad accettare l’inconoscibile, bensì abituarsi a pensare autonomamente e non a recepire e subire come automi; aprirsi al pensiero creativo, alla vita, alla compassione.
Questo percorso di meditazione non è dissimile dalla sua mèta. Viaggio e mèta coincidono. Di più, è il viaggio stesso a creare e ricreare la propria meta.
Siamo dunque propensi a produrre pensiero? A tacitarlo quando inutile o futile, tranquillizzare la mente distogliendo l’attenzione dalla routine per rivolgerla alle varie possibilità di relax creativo?
Ovviamente c’è sempre il rischio d’identificarsi con le proprie realizzazioni, estro, fantasia, inventiva. Quindi nulla di più utile che rimanere sempre consapevoli delle proprie predisposizioni e preferenze.
Basi essenziali
Il titolo che è stato dato al sito, cioè “Meditazione nel Web”, potrebbe sembrare un poco enfatico. Ma in tal modo s’intendono sottolinearne gli aspetti informativi.
La meditazione è un evento, una circostanza che nasce, sempre e comunque, dalla consapevolezza della propria natura intrinseca in rapporto con la realtà.
La meditazione non è un’esperienza metafisica, ma di libertà. Essa nasce e si sviluppa con la capacità soggettiva di riconoscere le illusioni come illusioni e le fantasie come fantasie.
Per quanto le religioni – lo ammettano esplicitamente o meno – rincorrano sempre la dimensione della meditazione, essa non appartiene a nessuna tradizione religiosa in particolare. Oppure, ed è lo stesso, ne è la fonte, l’origine primeva.
Se dovessimo dare una definizione più precisa potremmo dire che la meditazione è spiritualità in itinere, religiosità allo stato puro, che non proietta e non separa, rifuggendo comunque dalle suggestioni populistiche e visionarie degli speculatori dello spirito.
La meditazione non è mistero e non è al di là della ragione. I suoi esordi sono, spesso, il silenzio di una calma soffusa che si espande, rinnova e vivacizza le proprie capacità cognitive. Tale processo, che ha un inizio, ma nessuna fine, è il rutilante sfavillio d’un relax spensierato e festante che ci permette d’intuire il nocciolo fondamentale della vita. L’amore intrinseco che tutto coglie, coinvolge e pervade, Dio, il, Brahman, l’essenza stessa dell’universo sensibile.
La meditazione non ci prescrive come vivere la propria esistenza, ma come comprendere a fondo noi stessi e, quindi, il mondo in cui viviamo. Il “come” vivere sarà una conseguenza spontanea della comprensione medesima.
Un esempio. Affinché la non-violenza possa esprimersi senza impedimenti nella nostra vita e divenire reciprocità, compassione o amore per il prossimo e non torbida simulazione, essa deve essere il risultato di una saggezza che si raggiunge con la libertà e non il prodotto della cieca adesione ad una norma, ad una prescrizione.
Tradizione
Leggi ciò che segue ricordando che, nel caso specifico, sia quando si parla di “Attenzione” che di “contemplazione del corpo nel corpo” si fa riferimento all’Attenzione sulla respirazione (Anapana-sati).
“- Io proteggerò me stesso. – Con questo pensiero debbono essere coltivate le Applicazioni dell’Attenzione. – Io proteggerò gli altri. – Con questo pensiero debbono essere coltivate le Applicazioni dell’Attenzione. Proteggendo sé stessi si proteggono gli altri; proteggendo gli altri, si protegge sé stessi.
E come si proteggono gli altri proteggendo sé stessi? Per mezzo di una pratica continuata dell’Attenzione, con il suo sviluppo meditativo e occupandosi frequentemente di questa.
E come si protegge sé stessi proteggendo gli altri? Con la pazienza, con la non-violenza, con la benevolenza e con la compassione”. (Samyutta-Nikaya 47, 19)
L’attenzione è osservazione minuziosa delle proprie azioni nello stesso momento in cui si compiono. Dapprincipio colui che osserva diventa tutt’uno con le proprie azioni. La nuda attenzione produce una chiara comprensione dei fenomeni osservati che a sua volta genera consapevolezza.
“Perciò, Ananda, siate un’isola a voi stessi. Siate un rifugio a voi stessi. Non ricorrete voi stessi ad alcun rifugio esterno. La verità (Dhamma) sia la vostra isola, la verità il vostro rifugio. Non usate altro rifugio.
E come può essere fatto questo?
Così, Ananda, un monaco dimora contemplando il corpo nel corpo – contemplando le sensazioni nelle sensazioni – contemplando la coscienza nella coscienza – contemplando le formazioni mentali nelle formazioni mentali – comprendendo chiaramente e attentamente, avendo superato le bramosie e gli scoraggiamenti del mondo.
Attenzione è altresì osservazione delle proprie sensazioni, dei pensieri, delle emozioni, astenendosi dall’esprimere giudizi in merito. Evitando accuratamente di qualificare o classificare alcunché influenzati da pregiudizi aleatori e da falsi preconcetti.
E coloro, Ananda, che sia ora che dopo la mia morte, saranno un’isola a sé stessi, che non ricorreranno ad alcun rifugio esterno, ma si terranno saldamente fermi alla verità come isola e come rifugio, – essi, o Ananda, tra i miei monaci, raggiungeranno il culmine massimo – ma essi dovranno essere ansiosi di apprendere”. (Maha-parinibbana-sutta)
Quale verità, quella del proprio cuore, o della mente? Verità non è un termine fittizio, surreale. Essa corrisponde ai fatti concreti della vita. A volte può essere così profonda o poco evidente da sembrare enigmatica. In realtà si trova appena dietro l’angolo, al crocevia tra immaginazione e realtà.
Conclusione
Sii più consapevole e non potrai fare a meno di diventare, nel contempo, spontaneo, creativo, disciplinato e ordinato.
Se cerchi la divinità dentro di te stai pur certo ch’essa dimorerà fuori. E se eserciti un autocontrollo eccessivo o repressivo, assieme alle pulsioni distruttive emargini anche la creatività. Quindi io ritengo che la Via di mezzo, che consiste nella ricerca dell’equilibrio e non nell’equilibrio in senso assoluto, sia il modo migliore per concepire, costruire e vivere un mondo più giusto ed armonioso.