Perché sei qui? Per leggere qualcosa che ti concili con il meglio di te stesso? Per contemplare una foto che ti ispiri all’introspezione? O per trovare la chiave più adeguata per introdurti alla libertà più autentica, al benessere, alla tranquillità di spirito?
Per quanto ti prefigga di sviluppare la presenza, di applicarti nella contemplazione, di esperire la meditazione, ti ritrovi sempre nel medesimo e angusto cunicolo circolare. Un percorso senza né capo né coda, senza principio né fine. Ebbene, ecco un suggerimento meditativo tradizionale che in molti hanno trovato utilissimo: l’attesa senza attesa.
Il tuo compito sarebbe dunque questo: assumi una posizione consona, rilassati, distenditi e presta attenzione (anche) al respiro fintantoché non ti sentirai un tantino più calmo. Dopo di che attendi, ma senza attenderti nulla. Prova subito. La bellezza di questo esercizio sta nella sua formulazione stringata che non da adito a supposizioni, illazioni o previsioni di sorta. Attendi, ma senza attenderti nulla!
Quando mediti regolarmente, dopo un certo lasso di tempo (giorni, settimane), diventa più che naturale sentirti sempre più a tuo agio, sia con te stesso che con gli altri. L’autostima s’incrementa, via via, spontaneamente, in funzione della calma, ossia della percezione del tuo essere interiore. Quindi smetti anche di competere, per lo meno quando non ve ne sia davvero bisogno.
Quando la coscienza dimora alla periferia del mio essere sono inevitabilmente coinvolto nel dualismo e ogni fluttuazione può generare sofferenza. Ma se divento consapevole della mia vera essenza, se riesco a intravedere il volto originale, che non è mio, ma appartiene a tutti gli esseri senzienti in quanto tali, l’armonia diventa così preponderante che i pensieri tornano ad assumere il loro vero ruolo di semplici strumenti.