Ci si esercita a interiorizzare la mente, poi la meditazione in quanto stato di consapevolezza può avvenire dovunque, anche sulla piazza del mercato.
– Non riesco a cogliere il presente, ad afferrare l’istante, a essere qui e ora. Mi suggerisci un metodo per esperire l’adesso?
– Ora te lo descrivo. Ma non credere che la risposta fosse già bella e pronta, che dimorasse tranquilla tra le pieghe della memoria. La risposta nasce dal nulla e scaturisce adesso. Non ci ho pensato prima, non è stata oggetto di riflessione. Semmai si manifesta esattamente così come accade per il tuo quesito.
Bene, ora che ci siamo ambientati con tutto ciò che è qui … smettiamo subito d’illuderci che una semplice presa d’atto del presente, di tutto ciò che percepisci qui e ora possa ricondurci in men che non si dica a noi stessi. Il presente non si può aggredire, l’istante non si può immortalare, l’adesso non può essere immaginato. Tutto ciò per il semplice motivo che “qui e ora” la mente è inafferrabile, un aggregato di pensieri in itinere che come nubi vagano nel cielo limpido che può esser definito coscienza. Cos’è, dunque, che caratterizza di fatto la mente? L’attività! Il dinamismo dell’insieme degli elementi che la compongono, che la creano, che le danno vita. Per cui, se vuoi meditare e, di converso, cogliere il presente, ebbene fermati.
Se rimani immobile, tanto fisicamente che mentalmente, sarai rigettato verso te stesso. La tua attenzione, invece d’indirizzarsi verso la periferia e identificarsi, quindi, con un’interminabile sequela di oggetti, circostanze e persino sentimenti che non ti appartengono davvero si rivolgerà all’interno. La meditazione è anche questo: fermarsi, tornare indietro e dimorare, per un breve frangente, nel mondo quasi perduto della supercoscienza. Ambientarsi all’incontaminabile silenzio che ivi regna e rigenerarsi alla tenue luce crepuscolare che ivi scaturisce da non so dove perché dovunque, da non so come giacché comunque. Perché l’essenza o Dio è solo una domanda che offre perlopiù risposte implicite. Le deduzioni successive sono tutte le nostre. Dipendono dalla cultura, dal modus vivendi, persino dalle strutture chimiche. Tutto ciò che si può vedere, ma non esplicitare, perché non esiste un vocabolario adatto. Oppure, qualora si creasse, sarebbe inevitabilmente contingente.
Fermati, ma senza dormire, perfettamente lucido, senza cercare senza desiderare. Poni e riponi l’accento sul fermarsi. Gli accadimenti naturali si susseguiranno indipendentemente la tua volontà. Gli eventuali rumori ambientali, il respiro che diverrà più pieno e rilassato, infine le onnipresenti tensioni sì affievoliranno via via finché non ti sentirai avvolto in una nube di fantomatica calma che in realtà è solo il riflesso della tua distensione. Infine percepirai ciò che avevi fin da troppo dimenticato, la condizione intermedia tra sonno e veglia, l’alba dell’astro dorato che però non sorge, né tramonta, turiya (uno stato di pura coscienza). E tutto con un solo gesto, amico mio, per quanto sconosciuto, ma carissimo. “Fermati” e poi riparti verso i gloriosi lidi che ti appartengono già per natural diritto.
Epilogo
Si parla tanto di meditazione, si espongono le tecniche più svariate, ma ognuno di noi nel suo intimo, in tutta sincerità, si rende conto di che cosa si tratta? Credo di si, perché la meditazione avviene spesso anche spontaneamente. Dalla concentrazione su un determinato evento, alla contemplazione e, infine, alla meditazione vera e propria durante cui il proprio orizzonte mentale diviene come un cielo senza nubi e la purezza di un attimo senza tempo ti avvolge senza che tu l’abbia nemmeno cercata, il passo è breve. Ho tentato di spiegarmi in modo un po’ creativo.