Se scrivere servisse davvero a qualcosa non smetterei mai d’impugnare la penna – o di cimentarmi con la tastiera – e brandirla come una risorsa vitale. Ma scrivere e di converso leggere può essere utile solo a divulgare le proprie opinioni nella speranza che qualcheduno ne colga il meglio.
Meditare – nel senso di riflettere – in prospettiva spirituale su determinati episodi che riguardano la vita del Cristo. Oggi parleremo della vicenda riportata nei Vangeli canonici concernente l’incontro di Gesù con l’albero del fico.
La mattina dopo, mentre rientrava in città, ebbe fame. Vedendo un fico sulla strada, gli si avvicinò, ma non vi trovò altro che foglie, e gli disse: “Non nasca mai più frutto da te”. E subito quel fico si seccò. … (Mt 21,18-22)
Gesù e l’albero di fico
Com’è possibile che l’albero di fico fiorisca – e poi dia frutti – se non è, per lo meno, primavera? Perché, dunque, Gesù il Nazareno maledisse il fico improduttivo nonostante non fosse nemmeno la stagione giusta? Se penso a quante brave persone si siano scervellate per tentare di risolvere questa sorta di enigma provo sincera compassione. Gli interlocutori del Cristo erano sicuramente edotti riguardo la via spirituale, erano già incamminati sul sentiero della consapevolezza. Si tratta di un cammino che concerne gli stati di coscienza. Una sorta di progressione che parte sempre dal basso ove regna l’inverno durante cui non fiorisce, per l’appunto, un bel nulla per giungere sino al regno del cuore, dell’amore disinteressato oltre cui sarà sempre primavera e ciascun essere diverrà fruttifero.
Lo yoga classico associa siffatto “stato di coscienza” alla consapevolezza cui si perviene quando l’energia che si eleva lungo la via eterica della spina dorsale oltrepassa, seppur temporaneamente, il 5° chakra, cioè visuddha. Uno stato di coscienza, riscontrabile soggettivamente, la cui levità è così proficua e creativa da associarlo, senza ombra di dubbio, alla stagione dell’entusiasmo. Quest’ultimo termine deriva da Theos che significa Dio. Enthusiasmos indica “il divino dentro di sé”.
Secondo Gesù coloro la cui coscienza rimarrà abbarbicata esclusivamente al regno dell’animalità, degli istinti più elementari come nutrirsi e procreare sono già in un proprio inferno e quanto prima saranno risucchiati – definitivamente – verso una disperazione e una sofferenza le più intense e distruttive che si possa immaginare. Ma coloro il cui amore, la cui compassione saranno tali da indurli a rinunciare al diabolico inganno ordito dalle idiosincrasie dell’ego svetteranno in uno straordinario mondo angelico di gioia immotivata. La meta cui conduce inevitabilmente la via della consapevolezza che diviene meditazione. La coscienza del fico in inverno equivale all’incoscienza spirituale di colui che dorme in contrapposizione al dono del suo incommensurabile prezioso risveglio. Dono che comporta la fede, ossia la virtù che smuove le montagne.
Con il suo gesto Gesù indicò presumibilmente che mentre coloro che si elevano possono fruttificare sempre, chi non riesce a sublimare le più infime pulsioni dell’ego rimarrà, inevitabilmente, pietrificato.
Epilogo
Le riflessioni presenti in questa pagina non sono interpretazioni esoteriche, termine che si adopera, tra l’altro, per etichettare tutto ciò che non collima con il monopolio interpretativo ufficiale. A prescindere dalla citazione del 5° chakra che ovviamente non ha riscontri scientifici, la progressione degli stati d’animo testé accennata può essere osservata da chiunque. Grazie.