Quando diversi anni fa m’imbattei, del tutto casualmente, in alcuni scritti sulla meditazione mi accorsi che, di fatto, non stavo leggendo nulla di nuovo, senza saperlo meditavo spontaneamente da sempre. La mia non è, di conseguenza, una vera e propria ricerca. Sto solo tentando di evidenziare i punti più salienti di siffatta nobile, plurimillenaria pratica – introspettiva? – a beneficio di chiunque voglia conoscerla. Certo, con il tempo ho studiato a fondo, direi finanche approfondito diversi aspetti, ma alla fin fine punto di partenza e di arrivo coincidono … Ne riporto dunque una breve sintesi che mi sembra molto utile …
«La pratica dhyana fu trasmessa in Cina dal maestro Bodhidharma nel 500 D.C.
Dhyana significa “meditazione” in sanscrito; in cinese “chan”, in coreano “son” e in giapponese “zen”.
Questa meditazione è universale e non dipende da alcuna cultura. È stata insegnata particolarmente dal Buddha e da tanti maestri di dhyana buddhista ed occasionalmente da mistici di altre religioni e liberi pensatori (ad esempio Krishnamurti).
Meditazione dhyana significa osservare la realtà così com’è, ossia “ciò che è qui ed ora”, quiddità, con mente aperta, senza pregiudizi, senza condizionamenti, ne’ fantasie. È realizzare in ogni momento che tutti i fenomeni e i contenuti della coscienza sono interdipendenti ed impermanenti quindi essenzialmente vuoti.
La profonda contemplazione include sia calma che chiara consapevolezza, sia silenzio che l’interrogarsi: tutta la vita è un grande gongan, enigma senza conclusioni.
La trinità della solida postura, respirazione tranquilla e mente chiara ci aiuta a svuotare la coscienza che diventa un vasto spazio aperto.
La seduta contemplativa consiste nel sedere in silenzio con la spina dorsale dritta e le spalle rilassate, praticando una profonda respirazione addominale. Le mani possono stare in grembo (la sinistra giace nella mano destra) oppure sulle ginocchia. Gli occhi sono semiaperti, lo sguardo naturale verso il suolo. All’inizio, quando la mente è irrequieta, osserviamo il respiro seguendo attentamente il processo di inspirazione ed espirazione che resta naturale e privo di forzature.
Segue una più breve meditazione camminata che può essere lenta o veloce, consapevoli dei passi che si succedono e del proprio corpo. Successivamente si riprende con la meditazione seduta: con la mente più tranquilla possiamo lasciare espandere ed approfondire l’attenzione, consapevoli della mente. Lasciamo andare i pensieri che arrivano senza attaccarci ad essi. Lasciamo andare ogni sforzo e lasciamo la mente nello stato di “puro essere”: priva di ostacoli, paura, illusioni, diventa inseparabile da serenità e chiarezza: la cessazione del pressante dialogo interiore e la mente che riflette le cose come uno specchio chiaro che illumina le oscurità mentali.
In questa via possiamo scoprire la nostra vera natura, chiamata con molti nomi diversi ma che essenzialmente è svelare e capire che cosa siamo nel momento presente.»