La pratica di una postura, stabile quanto equilibrata, è alla base della meditazione di matrice zen. Fermi e indefessi a sfidare il nulla e percorrere a oltranza, senza veri limiti di tempo, il sentiero che però non c’è, per sfidare le proprie ambizioni, le credenze, le idiosincrasie soggettive sino ad agguantare proprio ciò che per sua stessa natura sfugge. Senonché dietro l’angolo, anche quello più relativamente illusorio, ecco la realizzazione: fiocchi di neve, ma in piena estate! Chiaro? Buon zazen, cari e imprescindibili lettori … Tuttavia non prima di ribadire che i nostri veri margini, i confini del nostro stesso interloquire, sono esattamente i concetti, le idee o le opinioni che nutriamo a proposito di questo e di quello e, nello specifico, per l’appunto, della meditazione … Buona lettura.
«Fare una sesshin in montagna, in una giornata di neve, è particolarmente appropriato per la pratica di zazen. Le montagne sono come la postura di zazen, il corpo del Buddha, completamente stabili, radicate, accolgono tutti i climi senza muoversi, le stagioni, la neve in inverno, talvolta in primavera. In primavera gli alberi si riempiono di fiori, i colori diventano vivi, ma basta una notte di neve perché tutto il paesaggio ritorni completamente bianco. Le forme, i colori, ritornano a ku, vacuità. E tuttavia non sono distrutti, esistono sempre.
Proprio come nella pratica di zazen, i fenomeni sorgono numerosi nel nostro spirito e ritornano alla vacuità. Istantaneamente. Quando osserviamo i nostri pensieri, possiamo vederli come non sostanza, senza attaccarci ad essi. In questo modo, rapidamente, tutto ciò che ci assilla, le preoccupazioni, le sofferenze, i bonno, diventano leggeri e cessano di invadere il nostro spirito. Possiamo ritrovare spazio ed essere ricettivi all’insegnamento delle montagne, della neve.
Nel Bendowa, Dogen, proprio dopo aver affermato che la cosa essenziale è concentrarsi sulla pratica autentica, dice: “Gli esseri umani sono entrati nella Via del Buddha trascinati dall’erba, dai fiori, dalle montagne e dai fiumi. Venendo dalla terra, dalle pietre, dalla sabbia, dai piccoli ciottoli, dai sassolini, hanno colto completamente l’impronta del Buddha”. Le parole vaste e profonde dell’insegnamento del Buddha sono impresse in tutte le cose della natura, un solo granello di polvere è sufficiente per far girare la ruota del dharma. La parte essenziale dell’insegnamento del Buddha non risiede nelle speculazioni, ma nell’esperienza della realtà che si manifesta in ogni cosa, ad ogni istante. I fenomeni ci mostrano ad ogni istante l’impermanenza, la trasformazione costante di ogni cosa. Tutti i fenomeni ci mostrano il loro carattere inafferrabile – anche l’essenza di un granello di polvere non può essere afferrata – e tutti i fenomeni ci mostrano la loro interdipendenza, la loro relazione con l’universo, il mondo senza separazioni.
E’ con questa realtà che zazen ci armonizza, al di là delle parole. Dogen aggiunge: “Proprio per questo parole quali lo spirito stesso è Buddha, non sono che il riflesso della luna sull’acqua. Esse non sono la realtà stessa, ma solo un riflesso nel nostro spirito, un tentativo di esprimere qualcosa.
Il cuore stesso dell’espressione sedersi, significa raggiungere il Buddha, vuole dire: giungere a Buddha è come un riflesso nello specchio. Dogen allude all’insegnamento delle diverse scuole buddiste della sua epoca, Tendaï, Shingon, che usavano questo tipo di massime. Si credeva che pensare così fosse già il risveglio. Ad esempio, se si pensa: il mio spirito stesso è Buddha, se si crede a ciò, si è risvegliati realmente. Tuttavia, tutto ciò è solo un riflesso della luna nell’acqua, una forma in uno specchio.
L’autentico dharma del Buddha non consiste nel credere in formule, frasi, ma significa sperimentare concretamente con il corpo e lo spirito ciò che significano. Non dobbiamo essere prigionieri delle nozioni, delle parole a proposito dell’insegnamento. Per questo motivo sia il Maestro Dogen, sia il Maestro Deshimaru insegnavano molto concretamente la pratica di zazen, la Via del Buddha che permette di realizzare direttamente il risveglio, diventano uomini e donne della Via, nel senso di andare sulla Via, praticando come quando si cammina in kin hin, concentrandosi su ogni passo.
Per questo motivo il Maestro Dogen raccomandava, per ricevere e trasmettere l’insegnamento del Buddha, di seguire un maestro che avesse fatto l’esperienza della realizzazione, non un insegnante o un erudito che si accontenti di spiegare le parole, i concetti, perché in questo caso si tratterebbe di un cieco che guida degli altri ciechi: pericoloso! Si rischierebbe di cadere nella trappola dei concetti, invece di liberare il nostro spirito, si diventerebbe schiavi degli attaccamenti, delle concezioni.»
(Sesshin di Ghigo di Prali diretta dal Maestro Roland Yuno Rech, Bendowa del Maestro Dogen, Venerdì 16 aprile 1999, kusen delle 11:00)
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte