Che la meditazione consenta a tutte le forme viventi di manifestare – in guisa davvero incomparabile – una sorta di saggezza o equilibrio inerente, è abbastanza noto. Questo perché si tratta invero di una non-pratica che non presuppone nulla se non – in primo luogo – immediatezza e sincerità. Ebbene, come ci si può districare nella baraonda di pensieri ricorrenti, sentimenti o pulsioni inconsce per realizzare la nostra vera incomparabile natura che è, innanzitutto, calma, pace e chiarezza? Coltivando la mente e rendendola edotta che il mondo non sempre è ciò che di primo acchito ci appare. I problemi non sono sempre fuori di noi, ma è il proprio coinvolgimento inconsapevole, sono le nostre identificazioni che li ingigantiscono oltremodo rendendoli in apparenza insuperabili. Leggiamo, a tal proposito, l’esimio Jamgon Kongtrul Rinpoche.
“LA SAGGEZZA DELLA MEDITAZIONE” DI S.E. JAMGON KONGTRUL RINPOCHE
«Negli insegnamenti del Buddha, il mondo fenomenico dipende dalla mente: il materiale e l’immateriale sono mente e in tal modo riflettono il nostro atteggiamento o stato mentale.
Nel mondo fenomenico l’esperienza della sofferenza non proviene dai dharma o fenomeni; essi non si attaccano a noi e ci rendono confusi. È con l’aspettativa e il dubbio, con l’attaccamento e l’avversione che la nostra mente crea il samsara; non sono i concetti o i valori ma il modo in cui noi reagiamo ad essi.
Ad esempio, noi diciamo che la situazione in cui viviamo ci rende la vita molto difficile, come se tale difficoltà ci fosse imposta dal mondo intorno a noi. Potremmo dire che New York sia un luogo molto difficile in cui vivere, con i suoi alti edifici e le molte automobili, ma questo non la rende un luogo samsarico. Stiamo solo cercando qualcosa da biasimare. Se pensiamo che i problemi siano fuori di noi e che dobbiamo sbarazzarcene, siamo bloccati nel samsara. Quest’attaccarsi a un dentro e a un fuori crea il samsara.
Mentre meditava in una caverna, Milarepa notò una fessura nella roccia. Frequentemente sorgeva in lui la preoccupazione che un demone sarebbe uscito dalla fessura. Milarepa continuò ad attaccarsi a quest’idea ed un giorno un demone delle rocce apparve mentre egli cantava uno dei suoi canti di realizzazione. In quel momento, il demone rispose, “La tua mente mi ha fatto apparire. Io non l’ho fatto deliberatamente, ma siccome la tua mente mi ha chiamato, eccomi”. Questo è un esempio di stato mentale o qualità di percezione che crea samsara. I nostri schemi di pensiero abituali avvengono involontariamente e con la nostra forza non possiamo combatterli. Con tali proiezioni confuse creiamo problemi a noi stessi, per la nostra confusa nozione che il mondo ci crea confusione e sofferenza.
Per liberarci da questi schemi abituali, dobbiamo per prima cosa liberare la nostra mente e sviluppare stabilità mentale. Ecco perché la meditazione è così importante. Meditazione significa “familiarizzare” o “ben abituarsi”. Adesso, sperimentiamo contaminazioni e schemi negativi che non sono sorti tutti in una volta. Da tempo immemorabile abbiamo costruito, rinforzato e conservato queste abitudini nella coscienza alaya. Esse possono essere distrutte, comunque, familiarizzando con abitudini positive attraverso la pratica della meditazione. Ciò ci permetterà di sperimentare la natura della mente, la nostra Natura di Buddha, che è sempre stata pura.
La pratica della meditazione shinè (shamata) svilupperà pace, stabilità e chiarezza di mente. La meditazione lathong (vipassana) è il risultato di una efficace pratica di shinè.
La parola lathong significa “vedere oltre” (oltre ciò che di solito vediamo). Invece di vedere le cose confuse, le vediamo per ciò che realmente sono. Con l’esperienza di una mente più pacificata, abbiamo una prospettiva più stabile. Prendiamo come esempio una lampada. Il suo scopo è fare luce, per farci vedere ciò che non potremmo al buio. Se la lampada tremola continuamente, sarà molto più difficile vedere chiaramente, e quel movimento non permette alla lampada di esprimere la sua abilità di dare la luce. Per essere capace di farlo, la lampada deve essere protetta in modo da restar ferma mentre la pienezza della luce si esprime.
Allo stesso modo, per fare l’esperienza della vera saggezza discriminante e della vera natura di tutti i fenomeni, abbiamo bisogno di una mente calma e chiara. In questo modo la pratica di shinè è la radice di tutta la meditazione.
Non dobbiamo, comunque, trascurare le pratiche per abbandonare gli schemi negativi di corpo, parola e mente, e le pratiche per accumulare merito.»
– Karma Triyana Dharmachakra – 1998 –
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