Le pratiche meditative non necessitano di approcci artefatti o eccessivamente laboriosi, ma di un orientamento consapevole quanto umile. Siffatta semplicità non è una scelta di metodo, bensì la realizzazione concreta che gli innumerevoli elementi con cui ci relazioniamo, quindi gli stati d’animo sino al mondo nel suo complesso esistono già … in noi. Tutto ciò equivale a smettere d’identificarsi tout court e per un nonnulla. L’accettazione che ne discende dipende dal senso di libertà che, in tal guisa, via via si afferma. Quanto più ci rendiamo conto di non essere isole anonime disperse in un mare d’incongruenza, ma di appartenere a un insieme che trae la sua ragion d’essere nella reciprocità, tanto più riusciremo a percepire il pensiero medesimo come un dono di cui usufruire e non come un obbligo cui conformarsi o attenersi. Il presente è come una porta aperta in cui ogni istanza consapevole ci aluta a ristabilirci, a guarire. …
«L’unica mente in grado di sentire la vita in modo radicalmente trasformato è la mente semplice. Il vocabolario definisce semplice: ‘che consta di una cosa sola’. La consapevolezza può accogliere una molteplicità di cose, cosi come l’occhio può accogliere molti particolari alla volta. Ma la consapevolezza è una cosa sola. Rimane immutata, senza aggiunte o modificazioni. La consapevolezza è perfettamente semplice; non dobbiamo aggiungervi nulla o cambiarvi nulla, Non pretende nulla, non chiede nulla; non può fare a meno di essere così com’è. Su di essa le cose non esercitano nessun effetto. Se viviamo in pura consapevolezza non siamo influenzati dal passato, dal presente o dal futuro. Poiché non pretende nulla, la consapevolezza è umile, mite, semplice.
La pratica è sviluppare o scoprire una mente semplice. Spesso sento le persone lamentarsi di essere schiacciate dalla vita. Farsi schiacciare significa farsi imprigionare dagli oggetti, dai pensieri, dai fatti della vita ed esserne influenzati emotivamente, con la rabbia e l’irritazione che ne derivano e che ci spingono a fare e dire cose che danneggiano noi stessi e gli altri. All’opposto della mente semplice della pura consapevolezza, siamo frastornati dalla molteplicità degli oggetti esterni e non riusciamo a vedere che l’esterno è noi. Finché la mente semplice non costituirà l’ottanta o il novanta per cento del nostro essere, non riusciremo a vedere che tutto esiste in noi. La pratica è lo sviluppo di questa mente. Non è facile. Richiede infinita pazienza, diligenza e determinazione.
In questa semplicità, in questa consapevolezza, incominciamo a capire il passato, il presente e il futuro, e subiamo meno lo sbarramento costituito dall’esperienza. Viviamo con apprezzamento e compassione. La vita non ruota più attorno a giudizi, quali: “Mi tratta così male! Sono una vittima”, “Hai ferito i miei sentimenti”, “Non sei come ti voglio”. Alla fine di una sesshin molti vengono a dirmi che ora la vita scorre senza inciampi. I vecchi problemi sono sempre lì, ma provocano meno difficoltà. Il motivo è che, in una sesshin, la mente diventa più semplice. Purtroppo tendiamo a perdere la semplicità perché ci facciamo riassorbire dalle apparenti complessità della vita. Le cose non sono come vorremmo, iniziamo a lottare e ricadiamo in balia delle emozioni, col risultato di comportarci spesso in modo distruttivo.
Più pratichiamo e più incontriamo momenti, all’inizio brevi e poi sempre più lunghi, in cui sentiamo di non doverci opporre agli altri, per quanti problemi ci causino. Invece di considerarli come problemi, incominciamo ad apprezzarne le manie senza volerli cambiare. Possiamo apprezzare una persona perché parla troppo, perché parla troppo poco, perché esagera con il trucco. Apprezzare il mondo senza giudicarlo è la vita realizzata. Richiede anni e anni e anni di pratica. Anche allora, non pretendo che non vi sia più nessunissima reazione a un problema, ma avviene un cambiamento che ci libera da una vita puramente reattiva in cui qualunque evento può scatenare la nostra difesa preferita.
La mente semplice non è misteriosa. In una mente semplice c’è semplicemente consapevolezza. È aperta, trasparente. Non ha niente di complicato. Per quasi tutti noi, quasi sempre, una mente così è irraggiungibile; ma, più riusciamo a stabilire un contatto, più sentiamo che tutte le cose sono noi stessi, e più responsabili ci sentiamo verso le cose. Se sentiamo la nostra interdipendenza, agiremo diversamente.
Se ci lasciamo incastrare dai pensieri non stiamo facendo il nostro lavoro, che è quello di sentire il passato e il futuro, tutto nel presente. Immaginiamo che, se siamo arrabbiati e ci chiudiamo in una stanza, vada tutto bene. La verità, invece, è che se ci assecondiamo in questo modo non stiamo facendo il nostro lavoro, e tutta la vita ne soffre. Se manteniamo la consapevolezza il risanamento avviene, che lo sappiamo o no. Praticando abbastanza a lungo incominceremo a scoprire la verità, inizieremo a capire che ‘adesso’ abbraccia il passato, il futuro e il presente. Se sediamo con una mente semplice e non ci facciamo incastrare dai pensieri, qualcosa si manifesta a poco a poco, e la porta chiusa inizia a socchiudersi. Perché ciò accada dobbiamo lavorare con la rabbia, l’irritazione, l’abitudine a giudicare, il vittimismo e l’idea che il passato determini il presente. Quando la porta si apre vediamo che il presente è assoluto e che, in un certo senso, l’universo nasce ora, istante per istante. E in quell’istante di semplice consapevolezza la vita guarisce.
Guarire è essere sempre e semplicemente qui, con una mente semplice.»
[ Da: Charlotte Joko Beck, “Niente di speciale. Vivere lo zen“ ]
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– https://en.wikipedia.org/wiki/Joko_Beck