Nel cammino interiore che la meditazione lentamente disvela, capita talvolta di imbattersi in momenti tanto semplici quanto profondi, capaci di scardinare ogni sovrastruttura mentale. Non è raro che le situazioni più comuni – un dialogo spontaneo, un gesto offerto senza pretesa – diventino finestre sul presente, luoghi in cui l’ascolto silenzioso si fa sostanza. Quando ci si ferma davvero, senza voler aggiustare né cambiare nulla, si può intuire che la presenza, quella autentica, non ha bisogno di grandi parole. È sufficiente esserci. E proprio in quei frammenti di quotidianità vissuti senza filtro, la meditazione si rivela per ciò che è: uno spazio disponibile, una soglia aperta in cui accogliere l’altro senza riserve. Nessun metodo, nessuna tecnica: solo un’intima disposizione a stare, a ricevere, ad aprirsi senza argini.
È accaduto davvero. Mi trovavo in compagnia di uno splendido essere. Un’amica così affascinante che dir levità sembrerebbe pleonastico. Lei, di tanto in tanto, soffriva di leggeri, ma imprevedibili attacchi di panico ed era in cura, peraltro con buoni risultati. Il resto nella poesia.
L’abbraccio
“Aspetta”, mi disse,
“prima assumo un calmante,
poi mi bevo un caffè”.
“Aspetta”, le risposi,
“prima un abbraccio,
te lo do volentieri,
ma sii pronta,
predisposta a riceverlo,
poi prendiamo un caffè”.
(Il punto, naturalmente, non è l’abbraccio, ma l’apertura mentale)
Epilogo
Non si trattava di trovare soluzioni né di curare qualcosa. L’essenziale, come spesso accade lungo il sentiero meditativo, era semplicemente sostare in un istante di verità. L’abbraccio, allora, non è che il pretesto: il vero invito è all’accoglienza senza giudizio, alla piena disponibilità a condividere l’attimo così com’è. Forse la meditazione comincia proprio qui, quando si smette di voler comprendere e si inizia a partecipare, con delicatezza, al fluire di ciò che vive.