Lo spirito per eccellenza non può essere agguantato, ghermito, non ci si può appigliare come fosse un’entità super partes, ma con l’aiuto della concentrazione – sulla postura, sulla respirazione, su sé stessi – e, quindi, mediante lo sviluppo di un processo d’identificazione consapevole, ma relativa, lo si può realizzare. Ebbene, mi sa che con questo giro di parole, quasi un serpente che si morde la coda, abbiamo tentato di descrivere il processo della meditazione. Senonché – la meditazione – non può essere descritta, non c’è serpente e non ci siamo nemmeno noi. Ciò che rimane sono gli appunti che seguono, l’emblematica e suadente figura di Roland Yuno Rech che – dai suoi recenti trascorsi – tenta d’insegnare quel che comunque non può essere nemmeno appreso se non in prima persona, seduti, celiando con l’ignoto e continuando a stringere la presa per afferrare quel che in ogni caso – provare per credere – … Vi attendevate che dicessi “non esiste? Nient’affatto, esiste, esiste! Chi ha mai detto che l’immaginazione non sia, essa stessa, ben più che reale? Solo che non è la nostra, è l’evanescente fantasia di un Dio che siamo riusciti a intercettare mentre ci atteggiavamo a umili servitori del nulla. Anche questo è zen! Leggiamo, ora, alcuni brevi appunti, del nostro emerito maestro …
«Durante zazen, quando si è completamente concentrati sulla postura, sulla respirazione, la mente diventa come uno specchio in cui tutti i nostri pensieri, le nostre emozioni, i nostri ricordi, i nostri desideri… – ssht…! [ rivolto a un praticante che continua a tossire ] – vanno a riflettersi. Le percezioni del mondo esteriore, il rumore della tosse, il rumore della strada. Lo specchio riflette ogni cosa, ma lo specchio non può riflettere sé stesso, lo specchio è inafferrabile da sé stesso: con i nostri occhi possiamo guardare il mondo che ci circonda, ma i nostri occhi non possono vedere sé stessi.
La mente in zazen si concentra e la mente che si concentra è inafferrabile. Si può osservare sé stessi, ma colui che si osserva non può essere visto. Il vasto cielo include le nuvole, la luna, le stelle, le galassie lontane, ma il vasto cielo non può includere sé stesso, non può includere ciò che non può essere limitato, che non può essere separato dalle nuvole, dalla luna, dalle stelle, dalle galassie: non ha esistenza di per sé, quindi non lo si può afferrare, però include tutto.
Noi pratichiamo la Via e la Via non può essere afferrata. Può darsi che vi domandiate perché io insista su questo punto, può darsi che vi dispiaccia che lo spirito sia inafferrabile, ma praticare zazen consiste appunto nell’abbandonare questo rimpianto, nell’accettare che la realtà ultima della nostra vita è inafferrabile, e che ciò è una cosa meravigliosa. Praticare la Via è accettare questo fatto totalmente ed armonizzarsi a ciò, concretamente, senza lasciare che la nostra mente si coaguli su delle parole, su dei concetti, su delle idee.
Dogen diceva che tutti i Buddha, a partire da Shakyamuni, hanno ricercato il principio di questo spirito inafferrabile attraverso zazen. E se non lo avessero realizzato, non avrebbero avuto nulla per guidarci nella nostra ricerca. Dunque, il senso della nostra ricerca è sperimentare questo spirito inafferrabile – non soltanto inafferrabile, ma soprattutto che non afferra nulla -. Ma questo nessun erudito, nessuno studioso di libri e di filosofia del buddhismo, lo può capire: bisogna sperimentarlo attraverso il proprio corpo ed il proprio spirito in unità ad ogni istante.
Su questo argomento c’è una storia famosa, la storia di Tokusan, che era un grande esperto del Sutra del diamante. Egli pensava: “La mia comprensione di questo sutra e dei suoi commentari è impareggiabile; sono il grande maestro dell’interpretazione di questo sutra“. Aveva scritto dodici volumi di commento e le sue conferenze su questo soggetto erano insuperabili; era il più grande erudito della sua epoca e fu l’ultimo monaco zen a sostenere la supremazia delle scritture, dei sutra. Un giorno sentì parlare di un celebre maestro che trasmetteva il Dharma nel sud della Cina e decise di incontrarlo per metterlo alla prova sulla comprensione delle scritture; portò con sé il Sutra del diamante e tutti i volumi del suo commentario. Durante il viaggio seppe che c’era una sesshin diretta dal famoso Maestro Ryutan (il nome Ryutan significa “il drago del lago” o “il lago del drago”, come volete) e allora decise di recarsi in quel monastero. Ma prima di arrivare si fermò per riposare. Una vecchia signora si avvicinò e si sedette vicino a lui. Allora Tokusan le chiese: “Chi siete?“. “Sono una venditrice di dolci di riso“. “Ah, molto bene, allora ve ne comprerò qualcuno“. “Perché?“. “Perché ho fame e voglio mangiare qualcosa“. Allora la vecchia signora gli disse: “E ditemi, grande monaco, che cosa c’è nella vostra borsa?“. Tokusan le rispose: “Non avete mai sentito parlare del grande maestro di tutti i maestri del Sutra del diamante? Sono io! Sono l’esperto mondiale di questo sutra. Campione del mondo! So tutto quello che bisogna sapere su questo argomento e dentro questa borsa ci sono tutti i miei commentari“. Sentendo questo la vecchia signora gli disse: “Avrei una domanda; mi permettete di porvela?“. “Naturalmente: chiedetemi tutto quello che volete“. “Una volta – disse lei – ho sentito il Sutra del diamante e mi ricordo in particolare di una frase che diceva “Lo spirito del passato, lo spirito del presente e lo spirito del futuro sono inafferrabili”. Allora, se mi comprate un dolce di riso, con quale spirito lo mangerete? Se mi rispondete, ve ne regalerò uno, se no dovrete ripartire con la vostra fame“. Tokusan fu talmente sorpreso che non poté rispondere e allora la vecchia signora si alzò e se ne andò, lasciando Tokusan a mani vuote. Il fatto che un tale erudito, un tale sapiente del buddhismo, che aveva studiato migliaia di commentari per anni, che poteva spiegare tutta la loro teoria, ma che non poté rispondere alla semplice domanda di una vecchia signora come quella, è veramente spiacevole.
A questo proposito Dogen diceva che ciò dimostra che c’è una gran bella differenza tra illuminare la conoscenza attraverso i libri e illuminare la saggezza attraverso l’esperienza: il dipinto di un dolce di riso non può soddisfare la fame. Non bisogna mai separare l’insegnamento – ciò che chiamiamo il Dharma – e la nostra esperienza.
Spesso si dice che bisogna seguire il Dharma e non la persona: se la persona non incarna il Dharma, allora il Dharma rimane un sogno. E non dobbiamo seguire i sogni, se no la nostra stessa pratica diventa ugualmente un sogno. È un punto molto importante per quelli che praticano e per quelli che insegnano.»
(Giornata di zazen a Fossano al Dojo Zen Sanrin di Fossano diretta dal Maestro Roland Yuno Rech, Domenica 20 dicembre 1998, kusen delle 11:00)
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte