Argomentare sulla meditazione, specialmente quando si tratta di descrivere un metodo così efficace e fondamentale come la “vipassana”, non è per nulla semplice. E’ meglio esporre meticolosamente il processo… o sarebbe più utile tracciare a grandi linee l’approccio per lasciare, in un secondo momento, ossia dopo averne esperito in prima persona la prassi, ogni ulteriore riflessione? In questi profittevoli appunti il Ven. U-Vivekananda ne delinea con accuratezza gli aspetti più salienti. Dapprincipio leggerete una doviziosa e puntuale descrizione della meditazione seduta. Nella seconda parte troverete un’articolato approfondimento sulla meditazione camminata. Ciò che li accomuna è soprattutto un’osservazione attenta e scrupolosa che scaturirà comunque in una volenterosa quanto spontanea presenza di spirito in tutti gli aspetti della vita quotidiana.
Istruzioni e suggerimenti pratici
«Vorrei parlarvi, a livello pratico, della meditazione seduta, della meditazione camminata, di cui darò una breve dimostrazione e delle attività quotidiane.
Cominciamo con la meditazione seduta: quando vi sedete in meditazione scegliete una postura confortevole, che può essere o nella posizione del pieno loto o, se questo risultasse troppo difficile, nella posizione del mezzo loto o in quella che viene chiamata la postura birmana che consiste nel porre una gamba piegata di fronte all’altra senza sovrapporle: l’alluce della gamba che sta all’interno si posa tra la coscia e il polpaccio dell’altra gamba che sta all’esterno.
Chi non riesce a stare in queste posizioni, può usare due o più cuscini in modo che alzando le natiche si crei meno tensione nelle cosce. Forse più tardi, con la pratica, riuscirete a togliere il secondo e anche il primo cuscino e a sedervi direttamente sul tappeto di meditazione. Chi ha problemi di ginocchia può sedersi su piccoli sgabelli e chi ha seri problemi di schiena può sedersi su una sedia senza però appoggiare il dorso. La cosa importante è scegliere una posizione abbastanza confortevole in modo che possiate tenerla a lungo. Per quanto riguarda le mani, nella pratica di Vipassana non si attribuisce alcun significato alla posizione delle mani. Potete tenerle in grembo, o una sopra l’altra con i pollici che si toccano. I pollici in contatto possono servire a scoprire, quando si allentano, il sopraggiungere della sonnolenza. E allora, allertati, potete fare uno sforzo maggiore per vincere il torpore.
Per quanto riguarda la schiena, cercate di tenervi il più possibili diritti e per usare un esempio tecnico, formate un angolo di 90 gradi con il pavimento. Non è difficile capire il perché di questa raccomandazione. Se uno tiene la schiena incurvata e rilassata, sarà facile preda della sonnolenza e inoltre la curvatura creerà ostacoli alla respirazione, problemi al sistema gastro-intestinale, alla digestione, al sistema urinario e alla circolazione sanguigna. Quindi, per evitare queste difficoltà, è bene meditare tenendosi il più diritti possibile.
Nella meditazione vipassana seduta non vi è necessità di tenere gli occhi aperti, per cui chiudete gli occhi e apriteli soltanto se vi sentite presi da una forte sonnolenza. La luce del giorno o di una lampada può aiutarvi a superare il torpore.
Per quanto riguarda il respiro, mantenetelo naturale, non cercate di manipolarlo, controllarlo o forzarlo. Se il respiro è veloce, lasciatelo così com’è e se, a causa della profonda concentrazione il respiro si fa sottile e lento, accettatelo così com’è senza cercare di accelerarlo.
Il principale oggetto di osservazione nella meditazione seduta è il movimento dell’addome. Quindi quando vi sedete iniziate con l’osservare l’alzarsi e l’abbassarsi dell’addome. Se all’inizio avete difficoltà a notare l’oggetto primario, cioè l’alzarsi e l’abbassarsi dell’addome, potete mettere i palmi delle mani sull’addome e seguirne i movimenti; vi sarà più facile sentire le sensazioni in quell’area. Quando, durante la pratica si presenteranno altri oggetti predominanti nel corpo e nella mente, come per esempio la mente che divaga e se questo divagare è l’oggetto predominante, lasciate perdere i movimenti dell’addome e prendete la mente divagante come oggetto di osservazione, etichettatela ‘divagazione, divagazione’ o ‘pensiero, pensiero’ e quando finisce ritornate all’addome. Continuate ad osservare l’addome e quando si presenta, per esempio, un dolore in qualche parte del corpo, lasciate perdere l’addome e portate l’attenzione sul dolore, osservandolo ed etichettandolo.
Qualche indicazione su come osservare i dolori o altre sensazioni che sorgono nel corpo. Quando sorge un dolore o altra sensazione, per prima cosa osservatene la qualità. Ci sono diversi tipi di dolore: dolori lancinanti, punture, dolori acuti o brucianti, e pressione, rigidità, stiramento, tensione, ecc. Cercate di capire esattamente la natura del dolore che provate. Potete anche osservarne l’intensità, cioè come si comporta il dolore in termini di intensità, cresce o diminuisce? Inoltre potete osservare dove sorge un dolore. Il dolore sta fermo allo stesso posto o si muove da un posto all’altro, o si diffonde? Alcuni dolori sorgono in un posto e quando uno li osserva e li annota, presto o tardi scompaiono, sempre nello stesso posto. Altre sensazioni sorgono in un posto e mentre uno le osserva sembra che si spostino altrove. Talvolta sentite prurito, nasce in un posto, sparisce nello stesso posto e un prurito simile rinasce altrove. Osservate questo tipo di caratteristiche. Per quanto riguarda il tempo, alcune sensazioni sono molto brevi e non durano più di qualche secondo o minuto; altre durano cinque o dieci minuti e talvolta per tutta la durata della seduta. Vanno quindi osservate le seguenti caratteristiche: la qualità, l’intensità, il luogo e la durata dell’oggetto osservato e cercate di descriverlo in questi termini. E’ importante che quando uno osserva una sensazione di dolore nel corpo non tenti di liberarsene annotandola, e invece cerchi di conoscerne la natura e le caratteristiche. Quando queste sensazioni diminuiscono e si dissolvono, tornate all’alzarsi e abbassarsi dell’addome, e continuate ad osservarlo fino a che non si presenti un altro oggetto predominante sia nel corpo che nella mente. Quindi se udite un suono forte, etichettate ‘sentire, sentire’, osservate brevemente il processo dell’udire e tornate all’addome. La stessa cosa va fatta per gli altri oggetti dei sensi. Quando vedete qualcosa, etichettate ‘vedere, vedere’ e quando sparisce, tornate all’addome. La cosa fondamentale è osservare sempre l’oggetto predominante in quel momento nel corpo o nella mente. Possono essere cose diverse per cui si comincia con l’alzarsi ed abbassarsi dell’addome e poi, se interviene un pensiero, passate al pensiero, nominatelo e osservatelo per un poco e quando sparisce tornate all’addome. Lo stesso quando sorge un dolore, un suono, ecc. Può capitare facilmente che mentre sedete in meditazione sorga un dolore. Cercate di non cambiare posizione fino a che la seduta non sia finita, a meno che il dolore non sia insopportabile. In questo caso cambiate pure la posizione, ma fatelo lentamente e con consapevolezza, notando e osservando tutti i movimenti che si fanno per cambiare posizione.
C’è un altro aspetto importante sia nella meditazione seduta e camminata che nelle attività quotidiane: il bersaglio. La mente deve essere portata e focalizzata sull’oggetto. E questo è un fattore mentale, vitaka. Un altro fattore mentale è lo sforzo, viriya, nel senso di spingere la mente verso l’oggetto. Con l’aiuto della mira e dello sforzo la mente “atterrerà” o raggiungerà l’oggetto e con ciò potrete stabilire la consapevolezza dell’oggetto, che porterà la mente a ‘cadere’ dentro all’oggetto e ad attaccarsi ad esso. Quindi questi fattori di vitaka (mira) e sforzo (viriya), consapevolezza (sati) e concentrazione (samadhi) sono estremamente importanti per sviluppare l’intuizione profonda, la saggezza. Se questi fattori sono presenti, riuscirete a capire correttamente la natura dell’oggetto osservato.
Un altro importante aspetto della pratica meditativa è la continuità della consapevolezza e ciò significa che l’osservazione cosciente deve procedere di minuto in minuto, di secondo in secondo, senza interruzioni e questo non solo durante la meditazione formale, ma anche mentre si cammina o si fanno le attività quotidiane. In altre parole il meditatore deve sviluppare una continua consapevolezza dal momento che si sveglia al momento che si addormenta. Naturalmente questo non è facile all’inizio di un ritiro, ma praticando sempre più uno può avvicinarsi molto a questo ideale di una continua consapevolezza.
Ora vi darò qualche indicazione sulla meditazione camminata.
Tenetevi ben ritti e tenete le mani davanti o dietro la schiena. Gli occhi vanno tenuti bassi e fissi a circa due o tre metri davanti a voi. Non si deve guardare a destra o a sinistra. Si scelga un percorso di una quindicina di metri e quando si arriva alla fine del percorso notare ‘stare in piedi’ e quando ci si gira per tornare indietro, notare ‘girarsi, girarsi’.
In questo tipo di meditazione vipassana si fa un’ora di meditazione seduta seguita da un’ora di meditazione camminata e così per tutta la giornata. La meditazione camminata a sua volta va divisa in 3 parti di venti minuti l’una. Nei primi venti minuti si cammina abbastanza velocemente e si usa tutta la gamba come oggetto d’osservazione, etichettando ‘destra’, ‘sinistra’ a seconda che sia rispettivamente la gamba destra o la sinistra e poi si osservano le sensazioni predominanti nella gamba nominata.
Gli altri 20 minuti si rallenta la camminata e si divide ogni passo in due parti, cioè l’alzarsi e abbassarsi del piede. L’oggetto di osservazione non sarà più l’intera gamba ma solo il piede che in quel momento si alza o si abbassa. Quando il piede si alza, notiamo ‘alzarsi, alzarsi’ e osserviamo tutto il movimento dell’alzarsi dall’inizio alla fine e cerchiamo di conoscere le sensazioni predominanti e i vari tipi di movimento nel processo di alzare il piede. La stessa cosa per l’abbassarsi del piede. Notiamo ‘abbassarsi, abbassarsi’ e cerchiamo di seguire tutto il processo dell’abbassarsi incluso il momento in cui il piede tocca terra, dall’inizio alla fine e cerchiamo di sentire le sensazioni che sorgono in questo processo e i diversi tipi di movimento.
Negli ultimi venti minuti cercate di andare il più lentamente possibile; più adagio andate meglio è. Di nuovo usate solo il piede come oggetto e dividetene il movimento in tre parti, cioè l’alzarsi, l’avanzare e l’abbassarsi del piede, incluso il momento in cui tocca terra. Quando alzate il piede notate una o due volte ‘alzarsi, alzarsi’, quindi tenete l’attenzione sull’intero processo del piede che si alza e sulle sensazioni che sorgono. Forse vi accorgerete di diverse sensazioni quali rigidità, pesantezza, leggerezza o il movimento vi parrà difficile, continuo o discontinuo, ecc. Ci sono quindi molte cose da osservare. Quando alzate il tallone, per esempio, che tipo di sensazioni sentite in quella parte del piede? Forse rilassamento o pressione. E poi quando alzate ancora più il tallone vi è un cambiamento nell’arco del piede e forse la tensione cresce e quando si solleva ancora di più questa tensione può arrivare alla punta del piede. Cercate di essere consapevoli di tutto questo e della rigidità sulla punta e poi quando si stacca completamente il piede dal suolo che sensazioni ci sono in quel punto? Quando alzate l’intero piede verso l’alto vi è pesantezza o rigidità? E’ difficile da muovere, c’è della resistenza che richiede una certa forza? Queste sono le cose che vanno osservate Quando avanzate il piede notate ‘avanzare, avanzare’ una o due volte e tenete l’attenzione su questo movimento dall’inizio alla fine. Scoprirete forse che vi è leggerezza nel piede, o che questo è caldo o freddo, o che vi sono vibrazioni, o sensazioni ovattate o che il piede avanza come se scivolasse; forse osserverete sensazioni piacevoli o spiacevoli e, muovendovi così lentamente avrete la sensazione di perdere l’equilibrio. Ma altre volte il movimento è continuo o discontinuo, talvolta sembra che ci sia una resistenza, talvolta è come se si camminasse tra le nuvole o talvolta ci si sente spingere da dietro o di fronte all’indietro.
Di nuovo lo stesso quando si abbassa il piede e lo si poggia a terra; all’inizio notate ‘abbassare, abbassare’ una o due volte e osservate l’intero processo; cercate di percepirne le sensazioni e i diversi tipi di movimento. Particolare attenzione va data al momento in cui il piede poggia per terra, quando il tallone tocca il suolo e poi quando l’intero piede si adagia sul terreno. Forse sentirete morbidezza o durezza, ruvidezza o omogeneità. Ci sono moltissime sensazioni da osservare. Per esempio, man mano che adagiate il piede a terra la tensione diminuisce, poi vi è il rilassamento di quella tensione e forse ci sarà una piacevole sensazione nel piede. E nel momento in cui tutto il peso va sul piede vi sarà forse pressione, irrigidimento e possiamo osservare come il peso del corpo prema sul piede e crei una sensazione spiacevole sulle dita del piede. L’attenzione va sempre tenuta sul piede che si alza, avanza e si abbassa e non su quello che sta fermo.
Nel corso della meditazione camminata può capitare che la mente divaghi e quando la mente distratta è molto forte diventa un impedimento: ciò che potete fare è fermarvi semplicemente e prendere la mente vagante come oggetto di osservazione, notando ‘divagare, divagare’ un paio di volte e, se la distrazione cessa, riprendete la camminata. La stessa cosa si può dire per forti sensazioni che sorgono nel corpo durante la meditazione camminata. Se vi capita di avere questo tipo di sensazioni, fermatevi e prendete queste sensazioni come oggetto di osservazione, notatele e quando cessano riprendete la camminata. Sia per la meditazione camminata che per le attività quotidiane vale la massima: più lentamente vi muovete, più velocemente progredite nella pratica. Viene dato l’esempio di un ventilatore, di cui vi si chiede la descrizione. Se il ventilatore gira velocemente vi sarà difficile osservarne la forma, il tipo di pale, come sono state fissate, il materiale usato, ecc. Ma quando il ventilatore gira lentamente vi è tempo per osservarne le caratteristiche e potrete dire: le pale sono così e così, sono fissate con una angolazione così e così e il materiale usato è di quel certo tipo. La stessa cosa per la meditazione: più si va piano più la mente ha la possibilità di osservare ciò che sta accadendo e vi si aprirà davanti un mondo di nuove esperienze.
Un altro aspetto importante è il contenimento dei sensi, cioè, anche se avete occhi per vedere, non guardate in giro, anche se avete orecchie per udire, non indugiate ad ascoltare i suoni esterni e così via. Il contenimento degli input sensoriali è molto importante per approfondire l’osservazione e infatti la distrazione e l’interruzione della consapevolezza derivano dal prestare attenzione agli input esterni su cui la mente poi costruisce un’infinità di pensieri e fantasie. Quando i sensi sono contenuti si sviluppa una grande concentrazione e si evita che pensieri impuri contaminino la mente.
Parliamo ora delle attività quotidiane. Oltre che alla meditazione camminata e seduta, la consapevolezza va estesa anche alle attività generali e quindi per mantenerla ininterrotta, questa si estende dal momento in cui ci svegliamo, ci alziamo dal letto, andiamo al bagno, ci laviamo la faccia, ci liberiamo gli intestini a tutte le attività della giornata come aprire e chiudere gli occhi, fare colazione, pranzo, prendere il té, lavare la biancheria, farsi la doccia e ogni altra attività. Tutte queste cose vanno fatte nel modo più consapevole possibile, sempre prendendo nota ed osservando ciò che capita, e muovendosi molto lentamente. Non bisogna pensare che le attività quotidiane non siano importanti: lo sono quanto la meditazione seduta e camminata. Se riuscirete ad essere consapevoli senza interruzioni in queste tre attività, otterrete grandi risultati in poco tempo.»
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– Pian dei Ciliegi centro di meditazione buddhista
– Fonte