I cambiamenti sociali più sostanziali, quelli in soccorso della comunità, per favorire le relazioni quanto per alleviare ogni genere di difficoltà, nonché per estinguere la piaga dell’indigenza, non possono realizzarsi se non in virtù della propria bontà. E qual è il modo migliore e più sollecito per divenir consapevoli dell’altruismo implicito agli esseri senzienti se non con l’aiuto della meditazione? Meditare ti consente, volente o nolente, di percepire l’unità inscindibile tra gli esseri e le cose, la loro sostanziale interdipendenza, la reciproca interconnessione. Un conto è seguire i dettami dell’umiltà alfine di soddisfare un determinato, purtroppo spesso relativamente artefatto senso etico, ben altro è intuire, ossia realizzare, in prima persona, la basilare vacuità dell’ego. Leggiamo, a tal proposito, i seguenti appunti di Sharon Salzberg …
Sharon Salzberg pratica la meditazione vipassana da oltre venticinque anni ed è stata una delle fondatrici dell’Insight Meditation Center di Barre.
Spesso, quando si adopera l’espressione “cambiamento sociale” si pensa di aderire a un movimento che cerchi di modificare la legislazione vigente o ad altri modi realistici per ottenere dei cambiamenti sistematici in una direzione che si considera positiva.
Quando ci si impegna seriamente in un’azione sociale spesso è il frutto di un’esperienza che si è vissuta: si visita un cugino in carcere e si diventa attivi per la riforma del sistema penitenziario; a un amico viene diagnosticato l’AIDS e si vuole l’applicazione delle leggi anti-discriminatorie; gli affitti salgono alle stelle e si inizia a guardare con occhio nuovo ai senzatetto, desiderando sfidare la città per ottenere case a basso prezzo.
Esiste tuttavia un altro livello di azione sociale che è semplicemente e in maniera concreta l’espressione quotidiana della bontà. Ho visto enormi trasformazioni a questo livello in molte persone che praticano la meditazione, anzi nella maggior parte di loro. Grazie al modificarsi della percezione del mondo l’impulso ad aiutare, ad arrivare agli altri cresce notevolmente.
Il Buddha ha detto: “Proprio come l’alba è la prima indicazione del sole che sorge e lo anticipa, così la retta visione è la prima indicazione di stati salutari e li anticipa”. La retta visione è una qualità che ci fa vedere l’interconnessione tra tutte le cose al mondo e ci fa capire come le nostre azioni interagiscano attraverso questa rete di interconnessioni. La retta visione è ciò che si realizza nella meditazione.
La visione che abbiamo delle cose plasma le nostre intenzioni, che a loro volta plasmano le nostre azioni. Il modo in cui guardiamo alla nostra vita diventa la base per come agiamo e viviamo. Secondo l’insegnamento buddhista, quando si comprende l’interconnessione tra tutte le cose, allora si agisce con la facilità di un altruismo naturale. Si agisce con semplice bontà. Che siano dirette sul piano personale o che avvengano nel più largo contesto del cambiamento sociale, le nostre azioni sorgeranno da stati positivi della mente piuttosto che da paura e ansietà. La chiara visione ci permette di vedere che tutti siamo parte della vita di ognuno e del viaggio che ciascuno compie verso la liberazione. Lo spirito con cui pratichiamo e il modo con cui portiamo la pratica nelle nostre vite quotidiane vengono plasmati da questa consapevolezza.
Con maggiore consapevolezza, spesso maturata e raffinata nella pratica meditativa, iniziamo a vedere che essenzialmente, indipendentemente da chi siamo, non siamo diversi dagli altri. Condividiamo tutti la stessa spinta verso la felicità, e nessuno di noi lascia questa terra senza aver mai sofferto.
La visione dell’interconnessione può non darci l’abilità, i mezzi o persino l’inclinazione per un’analisi politica di una determinata situazione o per farci impegnare sistematicamente in un’azione per il cambiamento sociale, ma ci dà tuttavia un’autentica bontà di animo. Ci dà lo stimolo per includere piuttosto che escludere, per prenderci cura piuttosto che rigettare il problema di qualcun’altro come se non avesse nulla a che vedere con noi. Questa è la consapevolezza della trasformazione sociale.
Proprio mentre stavo facendo queste considerazioni, mi si sono presentati due esempi molto chiari. Ero a cena con un amico che mi descriveva un suo viaggio in Thailandia; nella hall dell’albergo, aveva visto un annuncio che diceva che degli americani che erano in prigione accusati per uso di stupefacenti – di cui alcuni condannati a 30 anni – avrebbero gradito ricevere delle visite. Dopo aver letto l’appello, uscì per comprare un mucchio di hamburger che portò poi alla prigione. Gli dissi che era stato davvero molto gentile, ma lui rispose che era stata una cosa perfettamente naturale.
Pochi giorni dopo venni invitata a tenere un discorso nel corso di una serata per raccogliere fondi che un mio amico aveva organizzato in un remoto centro di ritiri diretto da altri suoi amici. In seguito mi resi conto che il mio amico che mi aveva invitata e che ci aveva messo tanta energia aveva anche lui molto bisogno di aiuto per un suo magnifico progetto. Quando glielo feci presente mi rispose che il pensiero di farsi aiutare gli era effettivamente passato per la testa, ma che gli sembrava talmente giusto aiutare quei suoi amici che… Di nuovo, niente di speciale.
Sia che si diventi più efficaci nell’azione sociale per il cambiamento su larga scala sia che si estenda la gentilezza al postino o alla cassiera del supermercato, l’approfondimento della meditazione influenza in maniera significativa il nostro modo di stare al mondo.
Il volere alleggerire la sofferenza degli altri poiché tutti condividiamo la stessa natura della vita, rende il ricercare il cambiamento un moto del cuore, diretto, qui e ora, realizzabile con spontaneità.
(Da: Tikkun n.1/1999. Traduzione di Ivan Vandor)
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