Una breve premessa. Il titolo dell’articolo è volutamente ironico, una sorta di ossimoro, ossia l’accostamento di due termini di senso contrario o, comunque, in forte antitesi tra loro. Come si può, infatti, praticare – che implica comunque un impegno – la non-azione – che a sua volta allude all’indifferenza – senza creare un cortocircuito mentale? In effetti non si tratta di non far nulla, di astenersi, ma di mirare al proprio obiettivo senza preoccuparsi eccessivamente dei dettagli del percorso da compiere; confidando, quindi, nella saggezza implicita alle qualità più trascendenti della mente, laddove in apparenza non esiste correlazione tra azione e risultato. Ora leggiamo gli appunti di Jon Kabat-Zinn.
«Non-agire non sottintende indolenza o passività. Al contrario. Occorre grande coraggio ed energia per coltivare il non-agire sia nello stato di quiete sia di attività.
E non è facile nemmeno trovare un po’ di tempo da dedicarvi, se consideriamo il gran numero di incombenze che solitamente riempiono la nostra vita quotidiana.
Ma il non-agire non deve essere d’impedimento per coloro che sono convinti di dover sempre portare a termine i propri compiti. Potrebbero scoprire di svolgerli meglio praticando il non-agire.
Non-agire significa semplicemente lasciare che le cose seguano il proprio corso e si svolgano a loro modo. Può richiedere un’enorme applicazione, ma si tratta di uno sforzo piacevole, sapiente, senza fatica, di un «agire senza artefice», coltivato nel corso di un’intera vita.
L’azione non premeditata si esplica a volte nella danza o negli sport, ai massimi livelli di prestazione, quando gli spettatori rimangono col fiato sospeso. Ma può aver luogo anche in ogni campo dell’attività umana, dalla pittura alla riparazione dell’auto all’educazione dei figli.
In certe circostanze sono utili anni di pratica e di esperienza, che fanno emergere un’imprevista capacità di lasciare che l’esecuzione si svolga al di là della tecnica, dell’esercizio e del pensiero.
L’azione diventa allora una pura espressione dell’arte, dell’essere, del non-agire – la fusione fra mente e corpo in movimento.
Si rimane elettrizzati assistendo a una prestazione eccezionale, atletica o artistica, perché consente di partecipare alla magia dell’autentica maestria, di sentirsi su un piano più elevato e forse di condividere l’aspirazione di poter raggiungere, ciascuno a suo modo, tali momenti di grazia e armonia nella conduzione della propria vita.
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La meditazione è sinonimo della pratica del non-agire in quanto non ci si esercita per perfezionare una capacità o per eseguire qualcosa perfettamente. Ci si applica invece per afferrare e realizzare (rendere reale) il fatto che tutto è già perfetto così com’è.
Questo comporta lasciarsi coinvolgere in modo totale dal momento presente nella sua pienezza senza sovrapporvi altro, assimilando la purezza e la freschezza del suo potenziale per dare origine al momento successivo.
In seguito, compresa la situazione, vedendo con la maggior chiarezza possibile e consapevoli di non sapere più di quanto sappiamo effettivamente, siamo in grado di agire, fare una mossa, prendere posizione, rischiare.
Alcuni definiscono questo come un flusso, un momento che fluisce senza scosse o sforzo in quello successivo, contenuto nell’alveo della consapevolezza.
PROVA:
durante la giornata, cercate di individuare la fioritura del momento presente in ogni momento, in quelli comuni, «intermedi» o persino difficili.
Imparate a lasciare che nella vostra vita le cose si svolgano senza intervenire perché accadano e senza respingere quelle che non concordano con la vostra idea di ciò che «dovrebbe» avvenire.
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Se vi è possibile ricavare un po’ di tempo all’inizio della giornata per essere, senza progetti preordinati, osservate in che modo cambia la qualità di quel che resta del giorno.
Chiarendo innanzitutto che cosa è prioritario nel vostro essere, provate a fare un passo avanti nella consapevolezza che comprenda tutta la giornata e vi faccia percepire e apprezzare meglio e con maggiore prontezza la fioritura di ciascun momento.»
Un ulteriore precisazione. Mi rendo conto che questo punto di vista, così come formulato da Jon Kabat-Zinn, potrebbe dare adito a qualche fraintendimento. Proprio per questo mi preme sottolineare che non-agire non presuppone indifferenza, bensì consapevolezza del fatto che in realtà la mente non è nostra, ma universale. Un esempio è quello del tiro con l’arco. L’arciere si limita a mirare – ossia a osservare o, se preferite, concentrarsi sull’obiettivo – il resto accadrà da sé.
Riassumendo, questi appunti li ho riportati per sfatare il falso mito della non-azione e dell’accettazione tout court dello status quo che serpeggia tra la moltitudine di rinunciatari di questa triste epoca post-industriale. Un conto è la sensazione di essere in pace col mondo e della relativa tranquillità di spirito scaturita da un minimo di realizzazione interiore, ben altro la realtà quotidiana. Resa spirituale non è affatto rinuncia pratica. Resa spirituale è cogliere l’immediatezza senza intermediazione di sorta, quindi osservare le proprie reazioni (meditazione).
(Da: Dovunque tu vada, ci sei già. Una guida alla meditazione – Jon Kabat-Zinn)
– Jon Kabat-Zinn – Macrolibrarsi
– Jon Kabat-Zinn – Amazon
– Jon Kabat-Zinn – Wikipedia
– Mindfulness – Wikipedia