I versi del seguente – famoso – componimento poetico del maestro zen Tung-shan (807-869) esprimono – in sintesi e in guisa davvero esemplare i concetti più ricorrenti della tradizione zen. Senonché, in realtà, non si può parlare nemmeno di concetti perché veicolano soprattutto l’immediatezza, un imput che trascende sia i più banali intrecci discorsivi che i più colti avviluppi dialettici. Qui, in estrema sintesi, raziocinio e assennatezza – travestiti da indomita saggezza – cedono il passo all’incommensurabile e riflessivo silenzio recondito di coloro che argomentano comunque, ma senza difatti afferrare ciò che in realtà stanno solo sfiorando. Chiaro? Spero proprio di no … Suvvia, specchiamoci subito!
1. I Buddha e i patriarchi, tutti trasmisero
direttamente la verità fondamentale:
conservatela intatta; adesso è con voi, ciò basta.
2. Sul piatto d’argento fiocca la neve bianca;
il niveo airone nella luce della luna si nasconde.
Coppie vicine eppure non sovrapposte;
mescolandole insieme possiamo differenziare.
3. La mente suprema a parole non può essere espressa,
eppure, ad ogni vostro bisogno essa risponde.
Schiavi delle parole, avanzando, nel baratro cadete,
se ve ne allontanate, però, siete in un vicolo cieco.
È come un’enorme palla di fuoco: mai
avvicinarsi troppo, nemmeno tenersi via.
4. Parole troppo brillanti rischiano di abbagliare:
di notte c’è chiarore, all’alba non c’è luce.
5. Ciò vale per gli esseri tutti, con ciò ci liberiamo
da sofferenza. Anche se non prodotta dall’ingegno,
è verità che trova strada nelle parole dei maestri.
È come quando guardi nello specchio prezioso,
vedendo insieme ombra e sostanza; esso è te, tu non sei lui.
È come per i neonati, che, pur avendo i cinque sensi,
non possono andare e neanche ritornare,
non possono alzare e neanche lasciar andare;
posseggono parole che non possono usare.
Tutto sommato, non afferri niente, non servono le parole.
6. Sei bastoncini ammucchiati, continuamente
stanno in mutua relazione: il centro e gli estremi.
Presi a tre, ritornano alla configurazione originale
dopo i cinque mutamenti:
come cinque sono i sapori dell’erba “chi”
come cinque sono i rami dello scettro adamantino.
7. L’essenza assoluta mantiene per sua natura
molteplici fenomeni in delicato equilibrio.
8. Quando lo studente chiede, il maestro
si fa incontro con la risposta;
per portarlo alla verità finale egli
sta usando i mezzi opportuni.
La verità finale desiderano i ricercatori,
i mezzi abili il maestro sta offrendo:
preso nella miscela giusta, ciò è buono.
9. Evita solo l’attaccamento, ciò è sufficiente.
La verità suprema è naturale e non si attacca
all’illusione, neppure all’illuminazione.
10. Con calma, si mostra chiaramente quando
son mature le condizioni tutte.
Quando è piccola, infinitesima diventa,
quando è grande, trascende lo spazio e le dimensioni:
anche un solo fremito può danneggiare il ritmo.
11. Si parla adesso dell’improvviso e del graduale
e si separano perciò le sette, creando pratiche,
dottrine, che diventano, in seguito, conformismi
che accettiamo nella condotta religiosa.
Anche penetrando queste pratiche, queste dottrine,
facendo poi fluire coscienza illusoria nell’eterna
verità, nessun progresso avremmo conseguito.
12. Se appariamo fuori tutti calmi
ma dentro rimaniamo disturbati,
siamo come il cavallo in pastoie,
siamo come il topo intrappolato.
13. Provando pena per questo stato,
i saggi d’una volta diffusero l’insegnamento.
essendo le menti degli studenti
sviate dalle illusioni,
i veri saggi lo adeguarono a loro,
usando mezzi così estremi da arrivar
persino a chiamare il nero bianco.
14. Abbandonare il pensiero illusorio
ti porterà soddisfazioni;
se instradarti vuoi nell’antica via
osserva gli esempi di una volta.
15. Per compiere l’ultimo passo
verso la vera illuminazione,
un precedente Buddha si addestrò
per dieci lunghi kalpa
fissando l’albero della bodhi.
Così ristretta, la libertà originaria è
come una tigre con le orecchie lacerate,
come un cavallo zoppicante.
16. Il saggio dirà allo studente
il quale si sente umile e inferiore,
che sulla sua testa brilla
un diadema ingioiellato e il suo corpo è avvolto
da ricche tuniche, i piedi morbidamente appoggiati.
E, se lo studente, sentendo ciò, prova stupore o dubbio,
il saggio lo assicura che anche fra i gatti o fra
le mucche bianche ci sono specie perfette come sono.
17. Il leggendario arciere Yi colpiva
a cento metri il bersaglio, essendo abile assai;
ma, far scontrare due frecce in aria,
va al di là di ogni abilità da uomo ordinario.
18. Nella suprema attività della non-mente
guarda: l’uomo di legno canta,
la fanciulla di pietra danza!
Tutto ciò è ben lontano dalla comune
coscienza, non si esprime con il pensiero.
19. Il cortigiano serve il suo signore
e il fanciullo ubbidisce al padre.
Senza obbedienza non c’è pietà filiale,
senza servizio non c’è consiglio.
20. Tali azioni, tali lavori non vistosi,
sembrano stupidi e non affascinanti
ma quelli che praticano così la Legge
per l’eternità saranno, in tutti i mondi,
chiamati signori dei signori.
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– Guendune Rinpoché — Wikipédia (wikipedia.org)