Anthony De Mello affronta l’obiezione che gli esercizi di consapevolezza non siano contemplazione o preghiera cristiana. Quindi definisce la preghiera come comunicazione con Dio usando parole, immagini e pensieri; e la contemplazione come comunicazione con Dio senza o con poco uso di parole, immagini e concetti. Dopodiché cita alcuni esempi di preghiera e contemplazione tratti dalla tradizione mistica cristiana, come san Giovanni della Croce e “La nube della non conoscenza”. Infine afferma che gli esercizi di consapevolezza delle sensazioni corporali o respiratorie sono una forma di comunicazione con Dio e promette di spiegare la natura di questa comunicazione.
“Preghiera” e “Contemplazione” – Mente e fantasia (pensieri, parole e immagini), cuore (sentimenti) e Cuore mistico (intuizioni) – Comunicazione silenziosa – Fissare un vuoto – L’udito di un cieco e la benda al nostro cervello raziocinante – Un buio che risplende, un vuoto che riempie, un ozio pieno di attività, un nulla che è – Zittire la mente e sviluppo del Cuore – Una spina è rimossa da un’altra: immagine o mantra – Spina religiosa o no? – Esercizi di consapevolezza – Meditazione, contemplazione, azione – Distribuzione del tempo e guida spirituale – “Non pensare molto, ma amare molto –
«Questo, forse, è il momento per affrontare l’obiezione a volte sollevata nei miei gruppi di contemplazione: questi esercizi di consapevolezza mentre possono giovare per il rilassamento, non hanno nulla a che vedere con contemplazione o preghiera, come noi cristiani intendiamo questa parola.
Ora mi sforzerò di spiegare come questi semplici esercizi possano essere presi come contemplazione, nello stretto senso cristiano della parola.
Se la spiegazione non vi soddisfa, o anche soltanto vi crea dei problemi, vi suggerisco di tralasciare completamente quanto dico su questo soggetto e di praticare questi esercizi di consapevolezza come semplici mezzi per disporvi alla preghiera e alla contemplazione; oppure, ancora più semplicemente, ignorate totalmente questi esercizi e procedete a quegli altri che in questo libro siano più di vostro gusto.
Spiegherò anzitutto il mio uso delle parole “preghiera” e “contemplazione”.
Uso la parola “preghiera” per indicare ogni tipo di comunicazione con Dio che è portata avanti principalmente usando parole e immagini e pensieri. Proporrò molti esercizi, più avanti, che considero classificabili sotto l’intestazione “preghiera”.
“Contemplazione” è invece per me ogni tipo di comunicazione con Dio che fa il minimo uso di parole, immagini, concetti o elimina totalmente parole, immagini e concetti. Questo è il tipo di preghiera di cui parla san Giovanni della Croce nella sua “Notte oscura” o che l’autore de “La nube della non conoscenza” spiega nel suo mirabile testo. Alcuni degli esercizi che propongo in questo libro, connessi con la Preghiera di Gesù, potrebbero essere considerati sia preghiera sia contemplazione o una mistura delle due, secondo quanta enfasi mettete sulle parole e sui pensieri nell’uso di questi esercizi.
E ora il cuore del nostro problema: quando pratico l’esercizio di essere consapevole delle mie sensazioni corporali o respiratorie, posso dire che sto comunicando con Dio? La risposta è si.
Ora spiegherò la natura di questa comunicazione.
Molti mistici ci dicono che, oltre la mente e il cuore con cui ordinariamente comunichiamo con Dio, noi siamo, noi tutti, dotati di una mente mistica e di un cuore mistico, una facoltà che ci fa capaci di conoscere Dio direttamente, di coglierlo e di intuirlo nel suo stesso essere, sebbene in una maniera oscura; oscura perché priva di concetti e priva di immagini.
Ordinariamente ogni nostro contatto con Dio è indiretto – attraverso immagini e concetti che necessariamente distorcono la sua realtà. Essere capaci di coglierlo al di là di questi pensieri e immagini è il privilegio di questa facoltà che, nel corso di questa spiegazione, chiamerò il Cuore (una parola cara all’autore de “La nube della non conoscenza”) benché non abbia nulla a che fare con il nostro cuore fisico o la nostra affettività.
In molti di noi questo Cuore giace assopito e sottosviluppato. Se fosse destato, sarebbe costantemente in tensione verso Dio e, data l’occasione, trascinerebbe tutto il nostro essere verso di lui.
Ma, per far questo, bisogna che sia sviluppato, bisogna rimuovere le scorie che lo circondano, in modo che possa essere attirato dal Magnete Eterno.
Scorie sono la spessa stratificazione di pensieri, parole e immagini che noi costantemente interponiamo fra noi stessi e Dio, quando siamo in comunicazione con lui. Le parole possono impedire l’intimità. Il silenzio costituisce la migliore comunicazione quando il cuore è colmo di amore. Tuttavia la comunicazione silenziosa con Dio non è così semplice. Posso fissare con occhi innamorati un amico e comunicare con lui senza parole. Ma cosa fisso quando fisso Dio? Una realtà senza immagini, senza forma. Un vuoto!
Ora è precisamente questo che ci è domandato, se desideriamo approfondire la comunione con l’Infinito, con Dio: fissare un vuoto. Alcuni mistici raccomandano di fissare questo vuoto con amore. E si richiede una buona dose di fede, per fissare, con amore e con desiderio, ciò che ci appare come il nulla, quando per la prima volta ci mettiamo in contatto con esso.
Normalmente non arriverete a nulla restando vicino a questo vuoto, anche supponendo un intenso desiderio da parte vostra, se la vostra mente non è ridotta al silenzio. Finché la macchina cerebrale continua a ribollire un inarrestabile flusso di pensieri logorroici, la vostra mente mistica o Cuore rimane addormentato.
Avrete notato quanto acuto è l’udito di un cieco. Ha perso la sua capacità di vedere e questo l’ha forzato a sviluppare l’udito. Qualcosa di simile avviene nel mondo mistico. Se fossimo, per così dire, mentalmente ciechi, se potessimo mettere una benda al nostro cervello raziocinante, mentre siamo in comunicazione con Dio, saremmo costretti a sviluppare qualche altra facoltà per comunicare con lui – quella facoltà che, secondo numerosi mistici, già tende a muoversi in qualche maniera verso di lui, ma è bloccata dal chiasso che è dentro di noi: il Cuore.
Il primo diretto, oscuro sguardo su Dio, sembra uno sguardo nel vuoto. Coloro che raggiungono questo stadio spesso si lamentano che non stanno facendo nulla nella preghiera, che stanno perdendo il loro tempo, che rimangono oziosi, che nulla sembra accadere, che sono nella totale oscurità. Per sfuggire a questa scomoda situazione ricorrono, sfortunatamente, ancora una volta alla loro facoltà raziocinante, tolgono il bavaglio alla loro mente e ricominciano a pensare a Dio e a parlare con lui – esattamente l’unica cosa che dovrebbero astenersi dal fare.
Se Dio è con loro misericordioso, rende loro impossibile l’uso della mente nella preghiera. Troveranno ogni pensiero ripugnante; la preghiera vocale diverrà per loro insopportabile perché le parole si fanno senza senso; si sentiranno totalmente aridi ogni volta che tenteranno di comunicare con Dio in qualsiasi altro modo diverso da quello del silenzio.
Ma, all’inizio anche questo silenzio è penoso e arido. Allora potrebbero abbandonare totalmente la preghiera, perché si trovano forzati a scegliere fra la frustrazione di non essere capaci di usare la mente ragionante e la cupa sensazione di stare sprecando il proprio tempo nell’oscurità che li investe, appena riducono al silenzio la propria mente.
Se evitano questo male e perseverano nell’esercizio della preghiera e si espongono, con fiducia cieca, al vuoto, al buio, all’ozio, al nulla, scopriranno gradualmente – all’inizio in piccoli sprazzi, poi in modo più stabile – che vi è uno splendore nel buio, che il vuoto misteriosamente riempie i loro cuori, che l’ozio è pieno dell’attività di Dio, che nel nulla il loro essere è ricreato e rimodellato… e tutto questo in una maniera che non riescono assolutamente a descrivere né a sé né agli altri.
Sapranno solo, dopo ognuna di queste sessioni di preghiera o contemplazione – chiamatela come volete -, che qualcosa di misterioso è stato all’opera nel loro intimo, portando con sé refrigerio e nutrimento e benessere.
Proveranno una fame crescente di tornare a questa oscura contemplazione, che sembra insensata, eppure li riempie di vitalità, addirittura di una tenue ebbrezza, a mala pena intelligibile dalla mente, percettibile solo dalla emotività e tuttavia inequivocabilmente là, così reale e appagante che non la cambierebbero con nessuna delle delizie che il mondo dei sensi-emozioni-idee può offrire. Strano che all’inizio tutto ciò debba sembrare così oscuro e arido e insipido!
Se volete avvicinarvi a questa mistica oscurità e cominciare a comunicare con Dio attraverso questo Cuore di cui parlano i mistici, la prima cosa che forse dovete fare è trovare qualche maniera per ridurre al silenzio la vostra mente. Dico forse perché vi è qualcuno fortunato (ed è molto importante che lo sappiate, per non cadere nell’errore di pensare che ogni persona, che voglia fare progressi nella contemplazione, debba di necessità passare attraverso questo processo di affrontare l’oscurità) che raggiunge questo spontaneamente, senza nemmeno dover zittire la propria mente discorsiva. Sono come coloro che hanno tutta l’acutezza di udito dei ciechi, pur godendo il dono della vista.
Essi assaporano la preghiera vocale, profittano immensamente dell’uso dell’immaginazione nella preghiera, lasciano la briglia sciolta ai loro processi raziocinanti, mentre stanno trattando con Dio e, al di sotto di tutta questa attività il loro Cuore intuisce direttamente il Divino.
Se non siete fra questi fortunati, dovete fare qualcosa per sviluppare questo vostro cuore. Va da sé che non potete fare nulla direttamente. Tutto quello che potete fare è di ridurre al silenzio la vostra mente discorsiva: astenetevi da ogni pensiero e parola mentre siete in preghiera e lasciate che il cuore si sviluppi da solo.» [ segue nella seconda pagina ]
– Da: Anthony De Mello – Sadhana, un cammino verso Dio
– Anthony De Mello (macrolibrarsi)
– Anthony De Mello (amazon)