[ continua dalla prima pagina ] «Zittire la mente è un compito estremamente difficile – trattenere la mente dal pensare, pensare, pensare, sempre pensare, sempre produrre pensieri, in una successione senza fine.
I nostri maestri indù hanno un detto: una spina è rimossa da un’altra. Con questo intendono che sarete saggio usando un pensiero per liberarvi da tutti gli altri pensieri che si affollano nella vostra mente. Un solo pensiero, una sola immagine, una sola frase o massima o parola di cui la vostra mente possa nutrirsi. Poiché tentare coscientemente di mantenere la mente in uno stato senza-pensiero, in un vuoto, è tentare l’impossibile. La mente deve avere qualcosa di cui occuparsi. Bene, allora datele qualcosa – ma soltanto una: un’immagine del Salvatore che fissate amorevolmente e alla quale ritornate appena vi distraete; un mantra che continuate a ripetere senza sosta per prevenire la mente da divagare.
Verrà il momento, lo spero, che l’immagine sparirà dalla coscienza; che la parola sarà tolta dalle vostra labbra, la vostra mente discorsiva sarà perfettamente quietata e al vostro cuore sarà dato libero orizzonte per fissare, senza impedimenti, dentro l’oscurità!
In realtà non dovete arrivare a questo stadio di totale quiete perché il vostro Cuore sia libero di funzionare. Una mente discorsiva, che abbia avuto la sua attività così drasticamente ridotta, è tutto ciò che vi serve. Così anche se non arrivaste mai allo stadio senza-immagini e senza-parole, stareste crescendo nella contemplazione.
Noterete che i due mezzi che ho suggerito, l’immagine del Salvatore e la ripetizione di una giaculatoria, sono ambedue di natura apertamente religiosa. Tuttavia fate bene attenzione che il nostro fine primario in questo esercizio non è l’attività della mente discorsiva, ma la liberazione del Cuore. Purché questo fine sia raggiunto, ha davvero importanza che la spina usata sia religiosa o no? Se il vostro proposito principale è di avere luce nel buio, è realmente importante che la candela non sia benedetta? Allora, ha molta importanza che vi concentriate su un’immagine del Salvatore, un libro, una foglia, un punto del pavimento?
Un amico gesuita, che tratta tutte le teorie religiose con sano scetticismo, mi assicura che con la ripetizione costante e ritmica di “uno-due-tre-quattro”, raggiunge gli stessi risultati “mistici” che il suo confratello più religioso afferma di raggiungere con la devota e ritmica recita del nome di Dio!
E io gli credo. Vi è probabilmente un valore sacramentale nell’uso di una spina religiosa. Ma, in vista del nostro presente scopo, una spina è esattamente valida quanto un’altra.
E così siamo condotti alla conclusione, apparentemente sconcertante, che la concentrazione sul vostro respiro o sulle vostre sensazioni corporee è un’ottima contemplazione, nel senso stretto della parola.
Ho avuto conferma di questa mia teoria da alcuni gesuiti che hanno fatto il mese di Esercizi sotto la mia guida e che acconsentirono di dare, oltre le cinque ore che dovevano dare a quelli che chiamiamo ‘Esercizi ignaziani’, quattro o cinque ore al giorno a questo semplice esercizio di consapevolezza del loro respiro e delle loro sensazioni corporee. Non rimasi affatto sorpreso quando mi dissero che, durante gli esercizi di consapevolezza, dopo aver sviluppato una certa familiarità con essi, le loro esperienze erano identiche a quelle che essi avevano con la pratica di ciò che è conosciuto, con una terminologia cattolica, come preghiera di fede o preghiera di quiete.
Anzi, la maggior parte di loro mi assicurarono che questi esercizi di consapevolezza li avevano portati a un approfondimento delle esperienze di preghiera che avevano avuto in precedenza, dando a queste esperienze, per così dire, più vigore e nettezza.
In un’altra parte di questo libro proporrò degli esercizi che sono più apertamente religiosi nel tono e soddisferanno le apprensioni di quelli fra voi che si sentono a disagio nell’impegnare una buona parte del loro tempo di preghiera in esercizi di consapevolezza.
Vi troverete una dose di riflessione, che gli esercizi di consapevolezza non hanno; tuttavia questa dose è così tenue che è quasi trascurabile; perciò non esitate a scegliere questi a preferenza degli esercizi di consapevolezza, se vi danno maggiore soddisfazione.
In genere molti sono riluttanti ad abbandonare la propria preghiera (cioè comunicazione con Dio usando parole, immagini e concetti) in favore della contemplazione pura. E io ammetto che vi è un tempo per la meditazione e la preghiera, e un tempo per la contemplazione; così come vi è un tempo per l’azione e un tempo per la contemplazione.
Tuttavia, quando siete impegnati in ciò che ho chiamato contemplazione, fate attenzione a non cadere nella tentazione di “pensare” – non importa quanto santo possa essere il pensiero.
Esattamente come scaccereste, nel vostro tempo di preghiera, santi pensieri connessi col vostro lavoro, perché, sebbene santi in sé e utili nel tempo dell’azione, ora sono una distrazione per la vostra preghiera; così, nel vostro tempo di contemplazione, dovete energicamente scacciare tutti i pensieri, tutte le frasi, di qualsiasi natura, perché distruttivi di questa particolare forma di comunicazione con Dio. Ora è il tempo di esporvi, in silenzio, al sole divino, non di riflettere sulle virtù e proprietà dei raggi del sole; ora è il momento di fissare amorevolmente negli occhi il vostro amante divino, senza spezzare, con parole e riflessioni su di LUI, questa speciale intimità. La comunicazione con parole può attendere e deve essere riservata per un’altra occasione. Ora è il tempo per la comunione senza parole.
Vi è un punto importante sul quale non possono, sfortunatamente, farvi da guida in questo libro: quanto del tempo, che quotidianamente riservate alla comunione con Dio, dovete dare alla preghiera e quanto alla contemplazione.
Questa è una cosa che potete meglio decidere con un direttore spirituale.
Con l’aiuto di lui/lei potete anche voler decidere se dobbiate o no impegnarvi per la “contemplazione”. Forse siete una di quelle fortunate persone, di cui ho parlato prima, che hanno il pieno uso dell’udito senza doversi bendare gli occhi; il cui Cuore è in comunione con Dio, mentre la loro mente comunica con lui con parole e pensieri; che con la preghiera vocale possono raggiungere il tipo di intimità con Dio, che altri ottengono soltanto attraverso il silenzio.
Se non vi riesce di trovare una guida spirituale, guidatevi da voi stessi. Date alcuni minuti ogni giorno alla “contemplazione”, nella forma degli esercizi semidevozionali che seguono.
Ed anche nel vostro tempo di “preghiera” usate più il cuore che la mente. Santa Teresa d’Avila era solita affermare: “La cosa importante non è pensare molto, ma amare molto”. Fate questo e finalmente troverete la vostra strada attraverso un periodo di tentativi ed errori.» [ ritorna alla prima pagina ]
– Da: Anthony De Mello – Sadhana, un cammino verso Dio
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