Nella quiete della foresta, il meditante si adagia, consapevole del respiro che fluisce. Con ogni inspirazione ed espirazione, pacifica la mente e affina la concentrazione, contemplando l’effimero divenire dell’esistenza. La pratica costante dell’attenzione al respiro, insegnata dal Buddha, promette profondi benefici. Sayagyi U Ba Khin sottolinea l’importanza di una consapevolezza continua e precisa, che porta a percepire il respiro come un suono che via via si attenua, si fa vago, sbiadisce, fino a un silenzio pieno di presenza. In questo silenzio, non si deve cedere all’agitazione, ma persistere, mantenendo la concentrazione sulla sottile sensazione del respiro stesso.
«Il meditante si ritira nella foresta, ai piedi d’un albero, o in un posto solitario, si siede a gambe incrociate, col corpo eretto e con l’attenzione fissa davanti a sé. Attentamente inspira, attentamente espira. Egli comprende: “Inspiro calmando le attività del pensiero, espiro calmando le attività del pensiero”, così egli si esercita. “Inspiro concentrando la mente, espiro concentrando la mente”, così egli si esercita. “Inspiro riflettendo sull’impermanenza, espiro riflettendo sull’impermanenza”, così egli si esercita. Così quando la presenza mentale dell’inspirazione e dell’espirazione è sviluppata e frequentemente praticata, vi sono grandi remunerazioni e grandi vantaggi». (Parole del Buddha – Anguttara Nikaya, III, 121 segg.)
«Commento di Sayagyi U Ba Khin: Tre cose vanno ricordate durante la pratica della consapevolezza del respiro: essere coscienti di ogni inalazione ed esalazione, senza lasciarsene scappare nessuna; conservare ininterrotta consapevolezza di ciascuna inalazione ed esalazione; fissare la concentrazione nell’area sotto il naso, sopra il labbro superiore, e osservare ogni successivo tocco dell’aria diligentemente e bene a fondo. Negli altri metodi di meditazione, più si medita, più l’oggetto di meditazione diviene chiaro ed evidente. Con l’anapana avviene il contrario. Come quando un gong viene percosso da un batacchio, emette un forte suono vibrante e poi, allorché il suono forte svanisce, si continua ad udire un suono più sottile, nello stesso modo colui che pratica l’anapana avrà a che fare con una sensazione sempre più sottile, finché non arriva al punto che non avverte più nulla. Quando ciò accade non bisogna alzarsi, scuotere il tappetino da meditazione e andarsene. Non bisogna neanche pensare: “Sarà il caso di chiedere istruzioni al maestro?”, oppure “Ho perduto il mio oggetto di meditazione?”, perché se si smette, disturbando la posizione e andandosene via, la pratica dovrà essere ripresa da capo. Bisogna invece continuare la seduta e sostituire l’attenzione al punto in cui si avvertiva la sensazione del respiro con la sensazione stessa.»
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