Se ti fissi eccessivamente sul transeunte, sulla contingenza, prima o poi ti troverai in serie difficoltà. Essere consapevoli dell’impermanenza è sicuramente utile, se non altro perché ti sollecita a non sonnecchiare su immaginari allori dorati, ma a lungo andare potrebbe divenire un ostacolo. Durante la tua meditazione focalizza, al contrario, l’eterno. Concentrati, anche se con molta delicatezza, su ciò che non muta mai. Passano gli anni, si avvicendano le stagioni, si susseguono le epoche, si alternano persino gli scenari cosmici, ma vi è un Quid che permane al di là e al di sopra ed è lo stesso che ti permette di percepire che esisti e cosa sei.
Non v’è dubbio che sia imprescindibile, tant’è che taluni lo indicano come consapevolezza suprema, altri lo antropomorfizzano, definendolo Dio. Ebbene, soffermati su questo elemento, su questo aspetto della realtà, in modo astratto, ma senza localizzarlo. Non è dentro, né tantomeno fuori. Non è su, ma neanche in fondo. Egli è … il tuo angolino di mondo, la tua coscienza più limpida quando le nubi pensiero hanno messo fine al loro interminabile deflusso e si sono esaurite per lasciare spazio a ciò che c’era già, ma offuscato dal viavai dei pensieri, delle preoccupazioni, dei desideri. Egli è … la tua meditazione.
Medita su ciò che permane
Maggio … e il cielo è azzurro o plumbeo,
come il maggio che lo precedette,
come quello che lo seguirà.
Cambiano gli anni, si alterna la presenza,
ma il cinguettio di fondo rimane sempre identico.
Lo vedi che persiste,
che il mondo non è poi così sfuggente?
Lo so che sei depresso-a,
lo so anche se i muri
appaion così spessi
che ciò che ci separa
ti sembra l’infinito.
Ma dimmi, vuoi infranger le barriere,
vuoi risalir la china?
Beh, sì, direi ch’è già scontato!
Allora, focalizza ciò ch’è eterno.
Medita su tutto ciò …
che poi permane sempre.