Roland Yuno Rech chiarisce ulteriormente, più di quanto non avesse fatto in precedenza, talune peculiarità dello zazen, la postura per eccellenza assunta da tutti coloro che seguono siffatta ammirevole via maestra della meditazione. Tuttavia, procedendo ben oltre la sua essenziale descrizione fisica il maestro illustra lo zazen come un atteggiamento, una forma mentis. L’esperienza è dunque sempre qui e ora. Vera visione è purezza … e purezza è il vero fiore del Buddha. Ritrovare la semplicità e spontaneità della vita come del respiro è il nostro precipuo esercizio di concentrazione.
«Durante zazen dovete sentire una forte energia nella nuca e nelle reni. L’energia a livello delle reni vi aiuta a concentrarvi sulla respirazione e conferisce stabilità alla postura. L’energia a livello della nuca stimola la vigilanza, vi consente di avere uno spirito chiaro, senza troppi pensieri. Lasciate passare i pensieri.
L’autentica saggezza del Buddha, la saggezza che nasce da zazen, non è né una comprensione intellettuale, né un’accumulazione di conoscenze, di sapere. È solo essere senza sporcizia, senza impurità, avere lo spirito come un vasto specchio, che riflette tutto quanto è, dall’interno come dall’esterno, senza creare separazioni. Il Maestro Dōgen diceva: “Essere senza impurità significa, ad esempio, incontrare qualcuno e non iniziare subito a pensare a chi possa assomigliare”, non iniziare a giudicare, ma vedere semplicemente la persona stessa così come si presenta, senza apporre subito delle etichette. Significa poter incontrare tutti i fenomeni della vita con uno spirito fresco e nuovo. Certo, non possiamo prescindere dall’esperienza passata, ma, per quanto è possibile, ricondurre sempre l’esperienza passata all’incontro del “qui e ora”. Significa essere ricettivi alla novità e al cambiamento, alla possibilità di essere creativi, di non ripetere gli stessi pensieri, le stesse azioni in funzione dell’esperienza passata.
Ogni zazen permette di rimettere in gioco ciò che abbiamo ereditato dalla nostra storia. Sensei diceva: “Lasciar cadere il corpo e la mente significa spogliarsi di tutti i nostri condizionamenti, come se morissimo ora e rinascessimo l’istante dopo, ogni volta rinnovati”.
Essere senza impurità significa dunque togliere gli occhiali colorati del nostro vecchio karma, della nostra educazione, essere capaci di guardare le cose con occhi nuovi. In ultima analisi il nostro ego non è altro che l’accumulazione delle nostre esperienze passate con le quali ci identifichiamo, alle quali ci attacchiamo, che turbano la nostra visione. Cambiare punto di vista è come ascendere la china di una montagna, avendone una visione unilaterale, perché la vediamo davanti a noi, ma quando giungiamo sulla sommità, l’orizzonte si apre a 360°. Zazen significa realizzare questo sguardo che può vedere in tutte le direzioni, senza concentrarsi su un punto di vista particolare, senza seguire alcunché. Significa smettere di guardare attraverso la griglia dei nostri pregiudizi, che finisce col farci vivere in un mondo limitato, il mondo delle nostre costruzioni mentali. Finché ci identifichiamo col nostro piccolo ego, tutto quanto ci circonda diventa una minaccia, il rischio di perdere qualcosa, di non ottenere ciò che volevamo, un oggetto che ci potesse soddisfare. Non è sorprendente che il mondo nel quale viviamo sia così denso di conflitti. Se si manifesta un conflitto, chiediamoci qual è l’ego che si manifesta. I conflitti sono come le malattie, fanno parte dell’esistenza, del mondo nel quale esiste l’ego, in una vita limitata. Ciò che è importante è comprendere come evolvere a partire dalle nostre crisi, come non ripetere nuovamente gli stessi errori.
Essere senza impurità significa essere ricettivi all’insegnamento dei fenomeni, non solo dei kusen, dei sūtra, ma della vita reale, della vera vita. Il Maestro Dōgen diceva: “Essere senza impurità significa che quando guardiamo dei fiori o la luna, non desideriamo che abbiano più colori o più luminosità di quanti ne hanno”. Quando guardiamo un fiore, significa vedere il fiore così com’è, vedere la luna come é. Se vedere questo fiore o la luna ci procura delle emozioni, dobbiamo vedere queste emozioni così come sono. Quando Buddha ha voluto esprimere tutto ciò, ha semplicemente preso un fiore e l’ha fatto ruotare tra le dita. Mahākāśhyapa ha sorriso e il Dharma è stato trasmesso. Molte persone hanno fatto congetture su questa trasmissione per cercare di afferrare qualcosa, mentre in realtà il gesto del Buddha è stato semplicemente quello di mostrare il fiore così com’è, al di là di ogni sorta di complicazioni.
Dobbiamo ritrovare questa semplicità della vita così com’è, senza aggiungervi tutte le complicazioni del nostro cervello. Allo stesso modo ci concentriamo sulla postura di zazen senza aggiungere nulla alla postura, alla respirazione così come sono. È qualcosa che non possiamo afferrare, del tutto senza sostanza, e al tempo stesso totalmente così com’è, così come appare ora, ma l’istante seguente appare una cosa diversa. L’importante è vedere bene questo processo, altrimenti vorremo sempre tenere il fiore senza cambiamento. Il fiore è bello proprio perché è effimero, perché è il colore della primavera, perché esprime l’essenza della nostra vita.
Abbiate ancora qualche minuto di pazienza, concentrandovi bene sull’espirazione, rilassatevi.»
(Sesshin di L’Arche diretta dal Maestro Roland Yuno Rech, Yui Butsu yo Butsu – Da Buddha a Buddha, Capitolo dello Shōbōgenzō del Maestro Dōgen, Sabato 27 maggio 1995, kusen delle 11:00)
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– Roland Yuno Rech — Wikipédia (wikipedia.org)
– Sesshin – Wikipedia
– Fonte