Le parole chiave che riguardano la “via della mente”, ossia il percorso che conduce – ironia del metodo – da sé stessi a sé stessi sono, innanzitutto, serenità e tranquillità. Ebbene sì, il concetto, per lo meno in teoria, è alquanto scontato … ma come si realizza, come si persegue, l’obbiettivo? Diventando tutt’uno con la coscienza (universale). Come regolarsi, come rinvenire la pace e l’armonia che, di per sé sono, per l’appunto implicite? Dainin Katagiri lo chiarisce in guisa senz’altro esaustiva, ma osservando comunque i canoni usuali della routine tipica dell’insegnamento zen.
“Vivere una vita spirituale significa imparare e praticare la Via della mente. La Via è il sentiero universale che è assoluta serenità e tranquillità. È chiamata ‘Mente’. […]
Se guardate una cascata da lontano, sembrerà ferma, ma se la guardate da vicino è in continuo movimento. La natura originaria della coscienza umana è come una cascata; serena e tranquilla e al tempo stesso dinamica.
[…] Il Buddhismo è imparare la serenità e la tranquillità direttamente, e metterle in pratica. […]
Se arriviamo a una profonda comprensione dell’io, in quel momento possiamo anche liberarcene. […] La coscienza universale è dinamica, eppure, contemporaneamente, serena e tranquilla. Come insiste il Buddhismo, dobbiamo diventare un tutt’uno con questa coscienza.
Quando la Via viene sperimentata di persona, prende il nome di illuminazione, o bodhi. L’Illuminazione, il sentiero universale, vi sostiene costantemente, che vi piaccia o no. […]
Imparare a praticare la serenità e la tranquillità significa diventare tutt’uno con il sentiero universale con piena consapevolezza. […]
Come possiamo diventare tutt’uno con la serenità e la tranquillità? Innanzitutto, esaminiamo il flusso del nascere e perire e prendiamo atto della natura transitoria del mondo. Questo è ciò che chiamiamo impermanenza […]. Una volta preso atto della natura transitoria del mondo, ecco che la mente egocentrica ordinaria si fissa su qualcosa e pensa di aver capito. Ma questo non è possibile, perché tutto cambia. Non dovete fare altro che esserci momento per momento. […]
Come posso esprimere la verità dell’impermanenza? Essendo così come sono. […]
Non dovete fare altro che essere voi stessi così come siete. […] E naturalmente, allora, la solita mente egocentrica non si manifesta.
[…] La coscienza egoica è molto forte e molto profonda. […] Noi vogliamo, continuamente; perciò è naturale che anche nello zazen non sappiamo metterci seduti e basta. Vogliamo sempre ottenere qualcosa, anche dallo zazen. Questo è zazen rumoroso; non è serenità né tranquillità. […] Dobbiamo essere serenità e tranquillità che si presenta nello zazen, nel camminare, mangiare, in qualunque cosa facciamo. […]
La forma è molto importante nella pratica zen, ma non quando diventa una tecnica. Se ne fate una tecnica, presto o tardi vi stancherete di ripetere sempre le stesse forme un giorno dopo l’altro. […]
Forse si crede che lo spirito buddhista sia nuotare in quell’enorme oceano che è l’universo. Però, l’universo ordinario non basta; dev’essere l”universo cosmico’, che è qualcosa di più del semplice universo. Ma allora l’universo cosmico deve essere ciò che è libero da ogni concetto di universo cosmico […]. E che cos’è? Tenete la bocca chiusa! Fatelo e basta. È una pratica molto semplice per noi. ‘Farlo e basta’ significa che ogni forma è un modo di vivere in cui vanno ricercate pace e armonia. […]
Quando nuotate nell’oceano, dovete portare la vostra azione formale nell’universo cosmico. Nell’universo cosmico dovete occuparvi della vostra vita quotidiana, lavarvi la faccia, fare colazione, fare il gassho [tipico saluto buddhista con mani unite e inchino], fare il kinhin [camminata in meditazione], camminare, studiare. Questa è la nostra vita quotidiana, la nostra routine quotidiana. È come gettare sassolini in un oceano molto calmo. Ogni forma, ogni azione, non è che questo. Nel momento in cui il sassolino diventa tutt’uno con l’oceano, subito vedrete delle increspature. Queste increspature sono la ‘forma’: la forma del lavarvi la faccia, prendere un pasto, fare il gassho, camminare, fare zazen. Le increspature sono la posizione in cui siete seduti ora, o questa mudra [posizione delle mani nello zazen], o questo gassho. Le increspature sono: quando parlate parlate e basta. Le increspature sono la forma dell’azione. Si vive sempre immersi nella forma. Non se ne può uscire. Nella vita religiosa è il rituale, la vita quotidiana.”
(Da: “Ritorno al silenzio” di Jikai Dainin Katagiri, 1928–1990, che fu, tra l’altro, assistente di Shunryu Suzuki; divenne poi primo abate del Minnesota Zen Meditation Center)
– https://en.wikipedia.org/wiki/Dainin_Katagiri
– Dainin Katagiri (amazon)