Inoltriamoci, di nuovo e, se mai servisse, ancor più nei dettagli, nell’universo multipolare, ma quasi mai eccentrico, della meditazione tout court … Meditazione, una pratica antica e benefica che può aiutarti a migliorare la tua salute e il tuo benessere. Sembra banale, un po’ scontato? La meditazione non è solo una tecnica di rilassamento, ma un vero e proprio processo di autoregolazione psicofisica controllato, che ti permette di gestire le tue emozioni, i tuoi pensieri e le tue reazioni. Scoprirai, dunque, come funziona la meditazione, quali sono i suoi effetti e come puoi iniziare a praticarla nella tua vita quotidiana.
Lo SchwartzReport monitora i trend emergenti che influenzeranno il mondo, in particolare gli Stati Uniti. Per EXPLORE, si concentra su questioni della salute nel senso più ampio del termine, comprese le questioni sulla medicina, i cambiamenti nella biosfera, la tecnologia, e le considerazioni politiche, tutto ciò che darà forma alla nostra cultura e alle nostre vite.
- Introduzione
- Effetti fisici della meditazione sul cervello
- Meditazione, dolore, riduzione dello stress e memoria
- Meditazione e misticismo
- Simboli, mantra, e numinosità
- Tecniche di Meditazione
- Conclusione
- Riferimenti
Introduzione
Il senso di una coscienza spirituale, che collega a qualcosa di più grande di se stessi, è una delle dimensioni più emozionanti a cui un essere umano possa avere accesso. Attraverso i millenni, tali esperienze hanno segnato le vite degli individui e, a volte, intere culture. Le esperienze e i loro effetti sono fatti storici. La vera questione per la scienza non è negarle, ma cercare di comprendere i processi attraverso i quali si verificano e la dimensione in cui ci conducono. Al centro di queste storie vere è uno speciale stato di consapevolezza, quello che lo psicologo Charles Tart ha descritto nel suo classico “Science Papers” del 1972 come stato di coscienza. (1)
Che si tratti di un fisico che raggiunge la comprensione di un principio fisico, o di un viaggiatore spirituale che ha un’apparizione, o di un grande pittore o compositore che crea un capolavoro, o di un individuo che tramite visione a distanza descrive una tazza nascosta in un armadio, tutti riferiscono che quando vivono tale esperienza, quando sentono di essere “in zona”, si trovano in uno stato di coscienza non locale. Vivono l’esperienza di trovarsi in un luogo dove spazio e tempo non sono limitazioni, ma un arricchimento di informazioni. Tutti raccontano di un collegarsi a un qualcosa di più grande “senza tempo né spazio”. Per ciascuno l’esperienza è modulata dalla propria situazione e dalla propria motivazione, ma nella sostanza è la stessa, a prescindere dal fatto che siano fisici, pittori, o meditatori.
Anche se queste esperienze si verificano spontaneamente solo una o poche volte nella vita di un individuo, quasi ogni cultura umana ha scoperto che possono essere richiamate, e ha sviluppato tecniche, di solito in contesti spirituali o religiosi, per raggiungere questo stato. In modo simile, tutte le arti marziali hanno questa componente di disciplina consapevole, una pratica di focalizzazione consapevole e intenzionale. Collettivamente, siamo arrivati a chiamare queste pratiche meditazione.
Questa facoltà di aprirsi alla coscienza non locale è una funzione di coerenza, cioè, consapevolezza intenzionale e capacità di focalizzazione. Ci sono due modi in cui le persone raggiungono questo stato su base regolare – uno negativo, l’altro positivo -, e i risultati sono molto diversi. Il modo negativo è attraverso lo sviluppo di ossessioni nevrotiche, che ci costringono a tale focalizzazione – questo è il regno della psichiatria. Può causare grandi sofferenze e disfunzioni. Il modo positivo è quella formazione che deriva dalla pratica costante della meditazione.
Di tutte le cose che si possono fare per conoscere se stessi, nulla vi aiuterà di più dello sviluppare la pratica della meditazione.
Anche se la meditazione è spesso associata alle culture asiatiche, non è Cristiana, Ebrea, Buddista, Musulmana, Satanica o di una fede. Può essere praticata nel nome di una di queste fedi, o senza fede in una religione – come distinta da un senso di spiritualità. La meditazione è un termine unico che definisce molte pratiche, alcune delle quali prive di componente spirituale.
Lo scopo condiviso di questi percorsi, siano essi Cristiani, Musulmani, o altro, è che sono studiati per fornire ai praticanti un modo di controllo focalizzato sulla mente e sul corpo. Inevitabilmente i percorsi incorporano modelli di coscienza non locale, dato che l’esperienza della mente collegata ad un Tutto più grande è virtualmente universale tra i meditatori di lunga data. L’osservazione empirica attraverso i millenni ha permesso questo effetto. Una fonte antica di particolare interesse sono gli Yoga Sutra di Patanjali, che risalgono almeno al secondo secolo A.C.. I Sutra parlano in modo estensivo del passaggio ad una coscienza non locale attraverso la meditazione.
Lo psicologo William Braud, che ha condotto uno studio particolare su questo, osserva: “Il sesto, settimo, e ottavo stadio dell’Ashtanga Yoga sono rispettivamente dharana (concentrazione), dhyana (meditazione), e samadhi (contemplazione).” (2)
La fonte Patanjali raffina ulteriormente questo aspetto, spiega Braud. “La continuazione ripetuta, o flusso ininterrotto di un punto di focalizzazione è chiamato assorbimento nella meditazione (dhyana), ed è il settimo degli otto passi (tatra pratyaya ekatanata dhyanam).” Quando questi tre sono praticati insieme, il processo composito viene chiamato samyama.
Samyama potrebbe essere tradotto come contenimento; moderazione accurata, completa, o perfetta; o pieno controllo; potrebbe anche essere tradotto come comunione o equilibrio della mente. Samyama trasmette il senso della conoscenza attraverso l’essere o della consapevolezza attraverso il divenire ciò che deve essere conosciuto. Attraverso la padronanza di samyama arriva l’intuito (prajna), e attraverso la sua applicazione progressiva, a tappe, arriva la conoscenza del Sé e dei vari principi della realtà (tattva). Con l’aumento della pratica yogica arrivano una varietà di esperienze mistiche e di unione, stati, condizioni o comprensioni – le varie samadhi -, insieme alle conquiste o poteri (siddhi).” (2)
Anche se espressi in termini buddisti, i Sutra Patanjali descrivono le stesse intuizioni e processi relativamente al fenomeno non locale scoperti dalla ricerca moderna. Per la prima volta in quello che credo sarà considerata come una delle grandi convergenze della storia, le pratiche e tecniche delle tradizioni spirituali e marziali e le pratiche e tecniche della scienza hanno trovato un terreno comune, e sono arrivate alle stesse conclusioni.
Effetti fisici della meditazione sul cervello
Tra il 2006 e il 2009 sono stati pubblicati oltre mille articoli sulla meditazione nella letteratura soggetta a revisione dei pari.
Sulla meditazione non c’è una letteratura unica, bensì diversi rami in diverse discipline, dalla fisica alla teologia pastorale, che si concentrano su tutto, dall’uso della meditazione per porre fine a forme di dipendenza, (3) fino alla riduzione dei sintomi della fibromialgia. (4) Gran parte della ricerca è focalizzata sulla riduzione dello stress, e sui disturbi del sonno e dell’attenzione. Ma in questo saggio mi concentrerò principalmente sugli elementi probatori emergenti dei duraturi effetti della meditazione sulla nostra neuro-anatomia, e in particolare sul nostro cervello.
Già nel 2004 era stato dimostrato che i modelli di elettroencefalogramma dei meditatori erano differenti da quelli dei non meditatori. Ma la vera domanda era: questo significava un cambiamento sostanziale duraturo nel cervello dei meditatori? Per rispondere a questa domanda un gruppo di ricercatori dello Psychiatric Neuroimaging Research Program, presso il Massachusetts General Hospital di Boston, guidato da Sara Lazar, ha utilizzato la risonanza magnetica (MRI) per scansionare il cervello dei meditatori di lunga data allo scopo di vedere se la struttura fisica dei loro cervelli fosse realmente diversa. Nel 2005, hanno pubblicato le loro scoperte su Neuroreport: (5)
“Le regioni del cervello associate all’attenzione, all’interocezione e all’elaborazione sensoriale erano più spesse nei meditatori rispetto ai gruppi di controllo, incluse la corteccia prefrontale e l’insula anteriore destra. Tra i gruppi, le differenze di spessore della corteccia prefrontale erano più marcate nei partecipanti più anziani, che suggerisce che la meditazione potrebbe controbilanciare l’assottigliamento corticale legato all’età. In definitiva, lo spessore di due regioni è in correlazione all’esperienza della meditazione. Questi dati forniscono la prima prova strutturale che la plasticità corticale è dipendente dall’esperienza associata alla pratica della meditazione”.
Nel 2009, presso il Center for Functionally Integrative Neuroscience della Aarhus University in Danimarca, Peter Vestergaard-Pulsen ha guidato un team nell’intento di esplorare gli effetti della meditazione a lungo termine sulla struttura cerebrale. Hanno scoperto, come riportano nel loro saggio pubblicato su Neuroreport: (6)
“Utilizzando la RMI, abbiamo osservato una maggiore densità di materia grigia nelle regioni del tronco encefalico inferiore dei meditatori esperti rispetto ai non meditatori di pari età. Le nostre scoperte indicano che i meditatori di lunga data hanno differenze strutturali nelle regioni del tronco encefalico legate al controllo cardiorespiratorio. Ciò potrebbe spiegare alcuni effetti e tratti cardiorespiratori parasimpatici, così come l’impatto cognitivo, emozionale e immunoreattivo riferiti in diversi studi relativi a diverse pratiche di meditazione.”
Dall’altra parte del mondo e pochi mesi dopo in quello stesso anno, un gruppo di ricerca presso il Laboratory of Neuro Imaging, Dipartimento di Neurologia, della UCLA School of Medicine pubblicava su Neuroimage: (7)
“… la pratica della meditazione ha dimostrato non solo di dare beneficio alle funzioni cognitive di ordine superiore, ma anche di modificare l’attività cerebrale…
Tuttavia, si sa poco circa i possibili legami con la struttura cerebrale. Utilizzando dati MRI ad alta risoluzione di 44 soggetti, abbiamo avviato l’analisi dei correlati anatomici alla base della meditazione a lungo termine con diverse specificità regionali (vale a dire: globale, regionale e locale). A questo scopo, abbiamo applicato la morfometria basata sui voxel (VBM) in associazione a un approccio di parcellizzazione automatizzata recentemente convalidato. Abbiamo rilevato volumi di materia grigia notevolmente maggiori nella corteccia orbito-frontale di destra dei meditatori (così come nel talamo destro e nel gyrus temporale inferiore sinistro variando età e/o abbassando le soglie statistiche applicate). Inoltre, nei meditatori si sono osservati volumi dell’ippocampo destro significativamente maggiori. Entrambe le regioni orbito-frontale e ippocampale sono coinvolte nella regolazione delle emozioni e nel controllo delle reazioni. Così, volumi maggiori in queste regioni potrebbero spiegare le particolari abilità e abitudini dei meditatori di coltivare emozioni positive, mantenere stabilità emotiva, e assumere un comportamento consapevole. Inoltre riteniamo che queste alterazioni regionali nelle strutture cerebrali costituiscano parte della neurologica sottostante correlata alla meditazione a lungo termine, indipendente da uno specifico stile e pratica.”
Lo studio di Yi-Yuan Tang della Dalian University of Technology in Cina, e di Michael Posner dell’Università dell’Oregon, concluderà la mia breve indagine. Il loro lavoro ha confermato ancora una volta che la meditazione cambia il cervello di una persona nel vero senso della parola.
In Proceedings of the National Academy of Science del mese di agosto 2010 presso l’Università dell’Oregon 45 volontari sono stati assegnati o a un “integrative body-mind training – IBMT” (training integrativo corpo-mente) per la meditazione o a un gruppo di controllo che effettuava solo un programma di rilassamento. (8) Scansionando il cervello di entrambi i gruppi dopo il training hanno scoperto che i cervelli degli individui impegnati nella forma di meditazione IBMT hanno mostrato una maggiore variazione rispetto a quelli che hanno usato solo una tecnica di rilassamento e che: (8)
“… 11 ore di IBMT aumentano l’anisotropia frazionaria (FA), un indice che indica l’integrità e l’efficienza della materia bianca nella corona radiata, un tratto importante della sostanza bianca che collega l’ACC ad altre strutture. Così l’IBMT potrebbe essere un mezzo per migliorare l’autoregolazione e forse ridurre o prevenire vari disturbi mentali.”
Notate il tempo necessario affinché avvengano cambiamenti nella struttura cerebrale: solo 11 ore.
Meditazione, dolore, riduzione dello stress e memoria
Nel giugno 2010, scrivendo su Brain [NdT, Giornale di Neurologia di Oxford], Christopher Brown e Arthur Jones dello Human Pain Research Group presso l’Università di Manchester nel Regno Unito, hanno riportato i risultati di uno studio volto ad accertare quella che hanno chiamato “valutazione emotivo-affettiva del dolore”. Hanno usato un laser per infliggere dolore a un gruppo di controllo e a un gruppo di meditatori esperti. Hanno scoperto che: (9)
i meditatori più esperti percepivano il dolore come meno sgradevole rispetto al gruppo di controllo, con l’esperienza della meditazione che si correlava in modo inverso alle classificazioni di sgradevolezza. Dati di fonte ERP relativi allo stato di attesa indicavano che nei meditatori, la minore attività nella corteccia cingolata media connessa al controllo, era correlata ai punteggi di sgradevolezza più bassi, ed era prevista dall’esperienza di meditazione di lunga data. I meditatori hanno anche invertito la normale correlazione positiva tra attività mediale prefrontale corticale e sgradevolezza del dolore durante l’attesa. La meditazione era associata anche a una minore attività nell’S2 [NdT, la corteccia sensoriale secondaria] e nell’insula [NdT, la corteccia insulare] durante la risposta evocativa del dolore, anche se l’esperimento non ha potuto separare questa attività dalla precedente risposta di attesa.
Attraverso le parole del Dottor Brown, lo Human Pain Research Group riflette il sentimento di un numero crescente di ricercatori che indagano la relazione mente-corpo: “La meditazione sta diventando sempre più popolare come modo per trattare le malattie croniche come il dolore causato dall’artrite. Recentemente, un ente di beneficenza per la salute mentale ha richiesto che la meditazione sia utilizzabile in modo abituale con il NHS (NdT National Health Services ovvero Servizio Sanitario Nazionale) per curare la depressione, che si verifica nel 50% delle persone con dolore cronico. Eppure, gli scienziati hanno appena iniziato ad analizzare in che modo la meditazione possa ridurre l’impatto emotivo del dolore”. (10)
La questione del controllo del dolore attraverso l’autoregolazione psicofisica è ben lungi dall’essere una considerazione accademica. Nel Regno Unito, il 40% delle persone con dolore cronico riferiscono di ricevere un supporto inadeguato per la gestione del loro dolore, e che i trattamenti proposti non funzionano. (3) Negli Stati Uniti non è molto diverso. La gestione del dolore è un business multimiliardario con risultati dubbi. La meditazione può fare la differenza.
Il ruolo della meditazione nel ridurre lo stress è così ben descritto che io non farò nulla di più che citare l’effetto generale, e focalizzarmi su quello che potrebbe essere il regalo più grande della meditazione a questa generazione: la sua efficacia nell’aiutare le truppe ad affrontare gli orrori delle guerre asimmetriche moderne, e a guarire dal disturbo post-traumatico da stress (PTSD), che affligge migliaia di loro.
Vanessa Gregory, in un articolo sul Men’s Journal, descrive come la meditazione sia entrata nel Corpo dei Marines: (11)
“Due estati fa, nella base dei Marines a Quantico, in Virginia, un gruppo di riservisti si preparava per un viaggio di servizio in Iraq.
Le giornate di dodici ore erano zeppe di qualificazioni di fucili, training contro insorgenze, corsi di emergenza medica e, ultimo ma non meno importante, momenti passati in totale silenzio. “Avreste visto uomini seduti nella posizione del loto nelle loro divise da campo con i fucili in spalla”, ricorda il Maggiore Jason Spitaletta. I Marines erano parte di uno studio, parzialmente finanziato dal Dipartimento della Difesa, che indagava quello che a un laico, nella migliore definizione, viene descritto come il ‘potenziale della meditazione’, per aumentare le prestazioni della mente sotto la violenza della guerra.”
Altre ricerche hanno confermato che il tipo di meditazione insegnato ai Marines, una focalizzazione non settaria, fa una differenza significativa nel ridurre lo stress, nel migliorare la propria capacità di empatia – l’empatia è molto più naturale quando uno ha sperimentato la vita tutta come interconnessa e interdipendente -, e nell’aumentare la potenza della propria memoria.
Il team di Sara Lazar presso il Massachusetts General Hospital’s Psychiatric Neuroimaging Research Program continua a indagare gli effetti della meditazione sulla struttura del cervello; hanno scoperto che “la partecipazione per otto settimane a un programma di meditazione consapevole sembra apportare cambiamenti misurabili nelle regioni del cervello associate alla memoria, al senso di sé, all’empatia e allo stress.” (12)
La Lazar dice: “Anche se la pratica della meditazione è associata a un senso di tranquillità e rilassamento fisico, i medici hanno a lungo sostenuto che la meditazione offre anche benefici cognitivi e psicologici che persistono per tutta la giornata. Questo studio dimostra che i cambiamenti nella struttura del cervello possono essere alla base di alcuni di questi miglioramenti segnalati e che le persone si sentono meglio non solo perché passano il loro tempo a rilassarsi”. (12)
Meditazione e misticismo
La meditazione è certamente associata al misticismo, il percorso interiore verso l’esperienza trascendentale. E’ la base dei percorsi più spirituali di origine asiatica, a buona ragione. La stessa base razionale empirica con cui queste culture hanno sviluppato l’agopuntura e le arti marziali, li ha portati anche a sviluppare pratiche di ascolto interiore. Hanno osservato nel corso delle generazioni che c’è un vantaggio positivo nello sviluppare tali abilità introspettive. Ma è altrettanto vero che la meditazione è al centro della saggezza interiore sia del Giudaismo – in particolare le pratiche cabalistiche – sia del Cristianesimo.
Salmo 19:14: Siano grate nel tuo cospetto le parole della mia bocca e la meditazione del cuor mio, o Eterno, mia rocca e mio redentore!
Salmo 49:3: La mia bocca proferirà cose savie, e la meditazione del mio cuore sarà piena di senno.
La pratica della meditazione è anche al centro delle scuole Sufi dell’Islam, ai non musulmani i cui seguaci meglio conosciuti sono i dervisci. Fa anche parte delle tradizioni di culture americane pre-colombiane. L’estesa conoscenza del “Vision Quest” (ricerca di visione) è un esempio del suo utilizzo, e prosegue per tutto l’arcobaleno della cultura umana.
Osservate come molti di questi rituali siano simili: l’uso della ripetizione – pronunciare a voce alta, o nella propria mente, suoni o parole o frasi. A volte non è nemmeno una parola, solo il suono sibilante del respiro che si muove dentro e fuori i propri polmoni. E’ questo focalizzarsi su un suono ripetitivo che aiuta a produrre l’effetto.
Al medico ricercatore di Harvard Herbert Benson, dottore in medicina, che ha condotto studi allo scopo di capire come la mente influenza il corpo durante la meditazione e la preghiera da oltre 40 anni, era chiaro già una decina di anni fa che “Per i Buddisti, la preghiera è meditazione. Per i Cattolici, è il rosario. Per gli Ebrei, è una preghiera chiamata in lingua yiddish ‘daven’. Per i Protestanti, è la preghiera in stato di concentrazione. Ogni singola religione ha il proprio modo di farlo”. (13) In qualsiasi modo la si chiami, e in qualsiasi modo sia fatta, la meditazione produce pressoché inevitabilmente il senso di connessione con un Tutto più grande, e spesso esperienze molto evidenti di coscienza non locale.
Il neurologo Olaf Blanke dell’Ospedale Universitario di Ginevra, in Svizzera, per esempio, ha pubblicato un saggio su Brain che descrive come il cervello generi esperienze fuori dal corpo (O.O.B.E.). (14)
Tutto questo, collettivamente, ci offre un quadro della complessa attività del cervello associata alla meditazione. Quando i meditatori entrano più in profondità nella disciplina, anche se il corpo si calma, si verifica un’intensa attività nel lobo parietale del cervello. Questa porzione del cervello controlla il nostro orientamento fisico nello spazio ed è responsabile del fare la distinzione tra il senso del “Sé” e il mondo esterno, di ciò che è diverso dal “proprio essere”. Il Dottor Blanke sostiene che tutti i lobi del cervello svolgono un ruolo nel complesso fenomeno dell’esperienza religiosa, ma che la giunzione temporo-parietale è un nodo primario di quella rete.
Simboli, mantra, e numinosità
Questa esperienza di tutto il cervello è stimolata dagli effetti coscienti che abbiamo, e dai significati che vi associamo. Forse questo spiega il largo utilizzo, nel corso della storia umana, di simboli e frasi come i mantra o le preghiere fisse.
La ricerca sulla meditazione degli ultimi quattro decenni ha documentato una sorta di “calma” profonda che influisce sull’intero cervello. Quando si verifica, i circuiti del lobo frontale e temporale – che tracciano il tempo e creano la consapevolezza di Sé – apparentemente si disinnestano. La connessione mente-corpo si dissolve. Questi studi indicano che il sistema limbico è responsabile dell’assegnazione dei valori emozionali a persone, luoghi, ogni cosa nella nostra esperienza di vita totale. Questa assegnazione si basa su una serie complessa di reazioni stimolo che collettivamente attribuiscono alle cose la qualità che io chiamo “numinosa”, nel senso usato dal pioniere psicoanalitico svizzero Carl Gustav Jung. “Non dovremmo essere minimamente sorpresi se le manifestazioni empiriche di contenuti inconsci portano tutti i segni di qualcosa di illimitato, di qualcosa non determinato dallo spazio-tempo. Si tratta della caratteristica divina, numinosa… i numi sono entità psichiche…” (15)
Dato che il sistema limbico, tra le altre cose, regola il rilassamento e controlla in definitiva il sistema nervoso autonomo, la frequenza cardiaca, la pressione sanguigna e il metabolismo, produce effetti sia emozionali che fisiologici nel momento in cui si reagisce ad uno specifico oggetto, persona o luogo.
Queste reazioni producono stati realmente emozionali e fisiologici.
È per questo che i vostri capelli “si drizzano”, la vostra pelle “si accappona”, la vostra pancia “brontola” o il vostro cuore “batte più forte”.
Le nostre risposte sono più complesse di quanto non sembri. Per esempio, si potrebbe avere una reazione non solo ad un singolo esempio di una categoria ma alla categoria stessa, perché la memoria interagisce anche con il sistema limbico. Per esempio, se sei un appassionato fan del baseball, potresti avere una reazione a quella palla da baseball presa ad una partita della Big League quando eri un bambino. Ma magari potresti avere una reazione, anche se forse non così forte, a qualsiasi palla da baseball. Oppure, se sei stato arrestato da giovane, potresti reagire a qualsiasi immagine di poliziotti. Oppure, se ti fossi spaventato in un cimitero quando eri bambino, l’immagine di un cimitero potrebbe provocare una reazione.
Poiché la meditazione influisce sul sistema limbico, sviluppare questa disciplina permette di aumentare un controllo più volitivo di queste risposte. La pratica ha un effetto calmante che ci mantiene rilassati e fisiologicamente più equamente regolati. Questo, a sua volta, ci permette di essere concentrati in modo coerente, perché siamo meno distratti dal nostro dialogo interiore e dalle emozioni, così come dalle nostre risposte fisiologiche.
Tecniche di Meditazione
I benefici fisici, emozionali e mentali riferiti dai meditatori, confrontati con i gruppi di controllo che non praticano, fa del praticare la meditazione una decisione di vita fondamentale e positiva. Ma come farlo? Ci sono letteralmente centinaia di tecniche.
E’ d’obbligo un’avvertenza. Le persone che fanno uso di una qualsiasi tecnica di meditazione tendono, nel tempo, a cambiare la loro visione del mondo. Arrivano a sentire che non sono soli, che la vita tutta è interconnessa e interdipendente, e che questa rete di vita, inclusi loro stessi, è collegata a qualcosa di profondamente buono, più grande di se stessi. Se per voi è importante rimanere materialisti, e/o atei, la meditazione potrebbe essere un qualcosa da non intraprendere.
Aggiungo che la meditazione è al tempo stesso la cosa più semplice e più difficile che si possa mai fare. E’ semplice farla una volta sola, o anche per una settimana o due, ma è difficile praticarla regolarmente. La ricerca ha dimostrato che la maggior parte di ciò che facciamo durante le nostre ore di veglia è un comportamento reattivo inconscio. Presentati a una persona di diversa razza, religione, origine etnica, orientamento sessuale, status sociale, o classe economica, ci sono subito tutta una serie di programmi che scalciano per dirci come reagire. Ciò che passa come un pensiero su questa persona è in realtà, a un esame più attento, poco più che l’esecuzione del programma finché non la si faccia combaciare alla categoria appropriata in modo che possa essere espresso un giudizio su come reagire. E’ lo stesso con il cibo, i vestiti, la musica, gli animali domestici, o le auto. Ognuno di noi ha migliaia di queste piccole subroutine, piccoli robot che gestiscono la nostra vita fin nei minimi dettagli. L’energia che hanno per farlo arriva da noi stessi, e difendono le loro priorità. Quando uno tenta di riprendersi questa autonomia delegata, e integrarsi in modo che le scelte siano fatte con consapevolezza e non dai robot, questi resistono fieramente.
Come la storia del Golem, una creatura da leggenda che si dice sia stata creata da alchimisti mistici ebrei per difendere la loro comunità, i robot vivono solo per servire secondo il programma. La realtà tuttavia, è che il loro servizio ha un prezzo: la resistenza al riaffermare il vostro nucleo di autonomia. La meditazione vi focalizza, indipendentemente dalle vostre opinioni religiose o spirituali. Riscatta l’autonomia e vi permette di vivere in quello che la maggior parte delle tradizioni spirituali chiamano il “qui ed ora”, con cui si intende il prendere una decisione liberi dalle resistenze dei pregiudizi derivati dal passato, o in previsione di un futuro particolare. In qualsiasi modo scegliate di praticarla, la meditazione vi cambierà in modo sottile ma indiscutibile, vi farà sentire più in controllo della vostra vita, e vi aiuterà a fare delle scelte che rappresentano ciò che volete davvero e non quello che vogliono i robot. Secondo le prove accumulate dalla ricerca fino ad oggi, la pratica della meditazione vi renderà anche più facile l’essere consapevoli della connessione non locale che si trova al centro del vostro essere.
Ecco la tecnica che ho sviluppato e usato personalmente da quasi quattro decenni. Non impone nessun credo, non offende i principi di nessuna religione, e non c’è bisogno di essere religiosi per utilizzarla. Voglio essere chiaro. Questa è solo una tra le tante tecniche disponibili. Se ne trovate una migliore, fatela. Ciò che conta davvero è sviluppare l’abitudine alla meditazione quotidiana.
1. Stabilite un orario fisso: scegliete un momento della giornata in cui potete sedervi indisturbati per 20 minuti. Nessun telefono. Nessuna interruzione. Nessuno stimolo inutile da radio o televisione. Probabilmente scoprirete che questo diventerà il periodo più congestionato della giornata. Dopo un paio settimane avrete improvvisamente una miriade di cose che la vostra mente vi dice devono essere fatte solo in quei 20 minuti. Non cedete. Perseverate.
2. Stabilite un luogo: scegliete un posto in casa o in ufficio che userete per la vostra sessione di meditazione. State creando il vostro spazio sacro. E’ parte del processo fare questa scelta nella consapevolezza di ciò che state facendo.
3. Trovate una Frase Centrale: una frase o espressione sentita o letta che vi ha profondamente colpito, o con la quale vi sentite in risonanza o desiderate allinearvi. Potrebbe essere tratta dalla Bibbia, o da un libro preferito. O una strofa di una canzone, o una poesia. Dovrebbe suscitare una forte associazione positiva nella vostra mente, indipendentemente che abbia senso per gli altri.
4. Tenete segreta la vostra frase: se ne parlerete ad altri, loro pronunceranno la vostra parola, e condivideranno con voi la loro opinione sulla vostra scelta. Se la direte, le loro parole, i loro punti di vista, potranno intromettersi nella vostra mente. Potrebbe essere che ciò che sentirete sia il loro modo di pronunciarla, la loro intonazione. Nello scegliere la vostra frase, le conferirete il potere di essere la meta a cui aspirate: mantenetela segreta.
5. Osservate la vostra vita: considerate dove siete e dove aspirate ad essere. Fate questa considerazione ai livelli fisico, emozionale, mentale e spirituale. Cercate degli schemi/modelli. Nel considerare il fisico, diciamo ad esempio che mangiate troppo. E’ un problema che dura da una vita. Questo è il negativo. Il positivo è che desiderate mangiare consapevolmente solo cibi che sono un bene per voi e in quantità adeguata. Sintetizzate lo schema di comportamento o risposta che avete identificato in voi stessi, e desiderate cambiare, in una parola o frase. Scegliete le parole o frasi più adatte a ogni livello.
6. Disegnate un centro del bersaglio: disegnate un centro del bersaglio con quattro cerchi concentrici di diametro crescente. Scrivete nel cerchio più interno “spirituale”, nel successivo “emozionale”, poi “mentale” e infine “fisico”. Ho diviso l’emozionale dal mentale perché la ricerca indica, e la mia esperienza lo conferma, che spesso vengono confusi. Quando si chiede alla gente come si sente, spesso risponde dicendo ciò che pensa. “Come ti senti rispetto a ciò che il tuo amico ha appena fatto?” “Penso che non avrebbe dovuto dirmi questo”. Questo è pensare. “Mi sento sorpreso e ferito che lei non me l’abbia mai detto prima”. Questo è sentire.
7. Scegliete quattro parole per definire gli obiettivi deliberati: riducete questi schemi a quattro parole o frasi. Parole o frasi che incarnano tutta l’energia che avete investito in questi schemi, e le vostre aspirazioni per fare dei loro aspetti positivi la realtà della vostra vita. Nel cerchio appropriato, scrivete le parole degli obiettivi deliberati che avete scelto. Uno schema emozionale potrebbe essere che sentite di permettere ai vostri partner di trascurare i vostri sentimenti, e poi vi sentite arrabbiati. Il positivo di questo potrebbe essere che esprimerete i vostri sentimenti, e sceglierete di essere coinvolti solo con le persone che li riconosceranno. La vostra parola potrebbe essere “sentimenti”. Siate il più onesti possibile, e non parlatene con nessuno, o ingannerete voi stessi. Uno schema mentale potrebbe essere il vostro sentire di non pensare abbastanza chiaramente al compito che vi siete fissati, quindi la vostra parola potrebbe essere “lucidità”.
Uno schema spirituale potrebbe essere il vostro senso di separazione. Un senso di alienazione esistenziale. In questo caso la parola potrebbe essere “unione”. Quando avrete scelto con attenzione e cura le parole o frasi che esprimono i vostri scopi deliberati – e per elaborarle tutte potreste impiegare giorni, o anche settimane -, tenetele segrete.
Per fare in modo che questa tecnica abbia successo, dovrete essere più onesti che potete, e ho scoperto che per la maggior parte delle persone è difficile riuscirci quando qualcun altro ne è a conoscenza.
8. Una volta al giorno, nel posto scelto, all’ora scelta, presentatevi a meditare per 20 minuti: mettetevi comodi. Allentate colletti, cinture e lacci delle scarpe, tutto ciò che costringe.
9. Guardate un orologio: visualizzate le mani come saranno tra 20 minuti: sarete sorpresi di quanto precisi diventerete, e questa abilità di stimare il tempo condurrà a altri aspetti della vostra vita. Molti meditatori si propongono regolarmente di risvegliarsi a una certa ora, e non hanno bisogno della sveglia.
10. Pronunciate la vostra Frase Centrale nella vostra mente: ripetetela. Ripetetela di nuovo. Attendete. Per un pò non accadrà nulla. Poi scoprirete un pullulare di pensieri. Se i pensieri riguardano la vostra frase – poco importa se qualcun altro possa pensare che siano o no pertinenti – pensateli. Dopo un pò, vedrete i vostri pensieri vagare su questioni che, a vostro parere, non hanno nulla a che fare con la vostra Frase Centrale. Quando questo accade, fermatevi. Liberate la mente. Fate un respiro profondo. Pronunciate di nuovo la vostra Frase Centrale. Poi ripetetela. Poi fermatevi. Per un pò non accadrà nulla. Dopo un pò i pensieri traboccheranno. Se i pensieri riguarderanno la vostra Frase Centrale, pensateli. Dopo un pò inizieranno a vagare su altri argomenti. Quando accadrà, ripetete il processo. Nel corso di una singola sessione potrà essere necessario farlo più volte, ma nel tempo, scoprirete di doverlo fare sempre meno e meno spesso.
I vostri pensieri potrebbero darvi intuizioni profonde su qualcosa che sta accadendo nella vostra vita, o alla quale state pensando. Ma è proprio nei momenti di “silenzio” che si verificano eventi interessanti nel corso della meditazione. E’ proprio in questa fase che si svolgono le esperienze trascendentali che cambiano la vita delle persone. Non è possibile prevedere quando queste esperienze accadranno, ma accadranno. Per comprendere ciò che accade, bisogna vivere l’esperienza.
11. Concludete con le vostre parole di scopo deliberato: alla fine della sessione pronunciate lentamente nella vostra mente la vostra parola o frase “fisica” di potenza. Fate una pausa. Poi pronunciate la vostra parola o frase “emozionale”. Quindi quella “mentale” e infine, quella “spirituale”. Potrebbe essere utile visualizzare le parole uscire come archi di luce, o che vi state collegando a un Tutto più grande. Fate quello che funziona meglio. Nel corso del tempo vi accorgerete che una o l’altra delle vostre parole o frasi sarà “scarica”, come se l’energia ne fosse uscita. Alcune parole e frasi caleranno di tono in settimane, altre potrebbero richiedere anni prima di andare in pensione. Dipende da voi e dalla danza della vostra vita. Quando accadrà, osservate di nuovo la vostra vita. Potreste scoprire che l’obiettivo perseguito con questa parola è stato raggiunto. Di solito il cambiamento è sottile, e la trasformazione così graduale da averla a malapena notata. Ma ora ci siete arrivati. Quando accade, selezionate una nuova parola o frase nello stesso modo della volta precedente e ricominciate. Utilizzando questa tecnica potrete trasformare la vostra vita.
Arriverà il giorno in cui anche la vostra Frase Centrale si “scaricherà”. Quando accadrà, osservate cosa è cambiato. Cercate veramente di comprenderlo. Rendetelo parte della vostra vita cosciente. Poi scegliete una nuova Frase Centrale, e iniziate nuovamente il processo.
Conclusione
Ci sono un sacco di cose che si potrebbero dire su ciò che vi accade fisiologicamente durante la meditazione, ma possono essere sintetizzate dicendo che il vostro cervello cambia, la chimica del sangue cambia, il vostro livello di stress scende, i vostri muscoli si rilassano, il battito cardiaco rallenta, la pressione sanguigna diminuisce, e il vostro senso di benessere aumenta. Non male per 20 minuti.
La meditazione vi dona la capacità di focalizzazione. Il premio è una sorta di coerenza mentale difficile da ottenere in altri modi, ed è questa coerenza che sembra conferire ai meditatori di lunga data la salute spirituale, mentale, emotiva e fisica. Se vi impegnerete a praticare ogni giorno per soli 90 giorni, credo che scoprirete tanti buoni motivi per continuare.
Riferimenti
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- Dallo SchwartzReport del 1 gennaio 2012
Traduzione a cura della redazione di coscienza.org – Erica Dellago