La meditazione non è una semplice tecnica per calmare la mente, ma un’arte di vivere che ci permette di esplorare le profondità della nostra esistenza. Questo è il messaggio che Chandra Livia Candiani, poetessa e traduttrice di testi buddhisti, ci trasmette nel suo saggio «Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione». L’autrice ci invita a scoprire la biodiversità interiore ed esteriore che ci circonda e ci attraversa, usando il respiro come bussola e il silenzio come spazio di accoglienza. Meditare è come il mare: ha i suoi fondali e le sue onde, a volte placide, a volte tempestose, ma tutto è mare, la quiete del fondale e l’energia delle onde. Così anche noi possiamo onorare ogni sensazione, pensiero ed emozione che ci visita senza diventarne preda o cacciatore. Meditare è ecologia, arte di abitare il pianeta, la mente e il cuore. In questo articolo vi presentiamo alcuni estratti del libro di Chandra Livia Candiani e vi proponiamo alcuni esercizi pratici per sperimentare la sua visione della meditazione.
«Meditare non è solo acquietare, è raggiungere un campo base di quiete per poter guardare in profondità gli abissi, le pianure, le cime, le distese d’acqua, le rapide, i paesaggi interiori ed esteriori che vivere porta con sé. Come il mare: ha i suoi fondali e le sue onde, certe volte piatte, certe volte burrascose, ma tutto è mare, la quiete del fondale e l’energia delle onde.
Esiste anche dentro di noi la biodiversità, non solo ne facciamo parte. Onorare tutto quello che ci attraversa senza diventarne preda è per me meditare e non farsi cacciatori con il fucile puntato contro ogni pensiero per raggiungere una quiete che è solo sospensione delle turbolenze mentali ed emotive. Essere al mondo è un continuo impatto sensoriale, possiamo sospenderne la forza di tanto in tanto, ritirandoci, per meglio conoscere le condizioni del mare e quelle della navigazione, ma restare sempre ancorati nel porto non è conoscenza, solo rassicurazione e fuga.
La meditazione è ecologia, arte di abitare il pianeta, la mente e il cuore. Mi piace quindi chiamare “raccolta differenziata” la fase del cammino di meditazione in cui impariamo a guardare dentro il nostro corpo e la nostra mente-cuore senza sospetto né ostilità, con delicatezza e tenerezza. E con precisione. È saggio e utile saper distinguere nel campo aperto o nel cielo vasto della coscienza cosa ci sta attraversando: questa è una sensazione fisica, la accolgo e la assaporo; questo è un pensiero, lo percepisco, ne assaporo la scia che lascia, il suo com’è; questa è un’emozione, sento quali parole la accompagnano, quali sensazioni, sento la sua composizione, la assaporo. Le domande guida sono: «Dove sei? Dove ti sento?» e: «Come sei? Quale tonalità porti con te? » In questo sostare con il variare dei fenomeni, seguendoli, lasciandoli essere e poi svanire, si apre un grande spazio, si percepiscono i bordi luminosi e sfumati di ogni stato mentale ed emotivo, la loro impersonalità.
Se accolgo ogni visitatore, lo differenzio dagli altri, lo raccolgo perché ha in sé la sua specifica fertilità o possibilità di rinascita, di riciclo, allora nel flusso del qui e ora si apre l’infinito. Si tratta di sentire ogni fenomeno non come “mio”, ma come fenomeno e basta, come avventura rivelante uno sfondo di pace. Quello sfondo che accoglie e lievemente sorride, quello sfondo equanime sì è pace e non ha condizioni se non un costante accogliere, un’ospitalità assoluta che non trattiene.»
(Da: Chandra Livia Candiani, “Il silenzio è cosa viva. L’arte della meditazione“)
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