Credere che la spiritualità sia contrapposta alla materialità, ossia alla corporeità, è un errore davvero grossolano. Il Buddha storico stesso – Gautama Siddharta – se ne accorse e optò per un atteggiamento più equilibrato, scelse la cosiddetta Via di Mezzo. Il modo prevalente di esprimerci in questa fase evolutiva è la fisicità che non va, dunque, repressa o rimossa (in senso psicoanalitico), ma contemplata. Fermo restando il fatto che il nostro aspetto non è la nostra vera identità, un sincero atteggiamento consapevole verso se stessi non potrà che suscitare quella compassione innata foriera di guarigione e benessere in genere spesso trascurata. Superare gli attaccamenti, sottolinea egregiamente Christina Feldman, è il fulcro per risvegliare le nostre migliori energie…
«Molti sentieri spirituali sembrano incoraggiare a mettere da parte il corpo e trascurarlo. Immagini di santi emaciati occupano un posto centrale su parecchi altari. Esse trasmettono il messaggio secondo cui un sentiero spirituale esige il trascendimento del corpo. A volte il corpo viene considerato alla stregua di un ostacolo, di un problema da superare o ignorare. Nei primi anni della sua pratica il giovane principe Siddharta seguì un sentiero di spiritualità disincarnata. Maltrattò ed ignorò il proprio corpo, finché non fu sul punto di morire. Un giorno, mentre sedeva sulla riva di un fiume, debole ed emaciato, arrivò una giovane donna e gli offrì un piatto di riso. Mangiarlo e sentire il proprio corpo reagire al nutrimento fu un punto di svolta nella sua pratica — il momento in cui ritornò ad una via mediana, ad un sentiero equilibrato. Il Buddha incoraggiò i suoi allievi a trovare una via mediana nel loro rapporto con il corpo, senza trascurarlo né gratificarlo. Insegnò che, se ce ne prendiamo cura, il corpo può diventare il veicolo di una comprensione del sentiero sempre più profonda.
Un sentiero di compassione inizia con le fondamenta della vostra esperienza. Non imparate a trascendere il vostro corpo, ma ad incarnarvi in esso, sapendo che, come disse Walt Whitman una volta, “tutto quel che facciamo, abbiamo fatto o faremo, lo faremo nei nostri corpi”. Il vostro corpo può darvi piaceri o tormenti, può essere il vostro alleato oppure dare l’impressione di tradirvi. Voi soffrite nel vostro corpo, e alcuni fra i momenti di più profonda connessione ed intimità vengono sperimentati attraverso il corpo. Il vostro corpo vi collega a tutti gli altri corpi. Se vi risveglierete, se troverete un cuore compassionevole, anch’esso verrà scoperto mentre siete in questo corpo. La compassione, la gentilezza amorevole e la sensibilità che vengono nutrite sul sentiero prenderanno vita e troveranno espressione per mezzo del vostro corpo.
Curare il corpo significa contemplarlo
Forse non è una sorpresa che innumerevoli pratiche spirituali comincino con una forma di contemplazione del corpo. Ci viene chiesto di studiare i nostri corpi, di avere intimità con essi istante per istante. Questa contemplazione inverte la rotta della sconnessione e della frammentazione. Spesso viviamo separati dai nostri corpi, prestando loro attenzione solo quando strillano per ottenerla. Come ha detto Al Huang: “Molti trattano i loro corpi come se li avessero presi a nolo dalla Hertz — come se fossero qualcosa che stanno usando per farci un giro dentro, ma niente di cui prendersi cura veramente”.
Contemplare il vostro corpo significa ovviamente contemplare la vita di tutti i corpi: le stagioni del vostro corpo sono le stagioni di tutta la vita. Nascete e morite nel vostro corpo. Incontrate l’invecchiamento, la malattia e il dolore. La vostra percezione di voi stessi spesso si identifica profondamente con il vostro corpo e il vostro aspetto. Le ansie, le confusioni, i conflitti e la paura che sorgono nel rapporto con il vostro corpo rispecchiano gli stessi modelli di sconnessione che sorgono in innumerevoli altre aree della vostra vita. Il rapporto che avete con il vostro corpo rispecchia il rapporto che avete con la vostra mente e il vostro mondo. Imparando a trovare calma, fiducia e compassione nel mondo del vostro corpo, imparate a portare queste qualità in tutti gli istanti della vita. Nella contemplazione del vostro corpo imparate ad intrecciare insieme il mondo relativo e il mondo assoluto — prendendovi cura del mondo della forma con infinita integrità e compassione, ma senza scambiare il vostro corpo per la vostra vera identità. Non scambiate l’aspetto di nessuno e niente al mondo per la loro vera identità.
Spesso o siamo ossessionati dal nostro corpo, o lo ignoriamo. La compassione vi chiede di portare una presenza rispettosa e consapevole sul vostro corpo, sapendo che è un microcosmo di tutti i corpi. L’intimità è la chiave della compassione, e la consapevolezza è una pratica che vi fa avvicinare sempre di più alle semplici verità di ciascun momento. Essendo consapevoli del vostro corpo, spesso scoprite strati di ferite psicologiche, emotive e spirituali che si sono incistate al suo interno. Non è insolito che, durante i ritiri intensivi di meditazione, le persone si ritrovino a fare meditazione seduta con forti dolori, anche quando le loro posture sono rilassate e allineate. Anche se le sale di meditazione fossero piene di poltrone reclinabili e di massaggiatori, le persone continuerebbero a incontrare il dolore nei loro corpi quando intraprendono il viaggio interiore di esplorazione delle loro vite. La paura, il lutto e la rabbia sono tutti di casa nei nostri corpi, e vengono risvegliati dall’attenzione che portiamo su di essi durante la meditazione. Se la guarigione e la compassione si risveglieranno nella vostra vita, metteranno radici nel vostro corpo.
Imparare il significato del dolore
Alcune persone trattano il dolore come un fallimento personale, considerano la malattia come una debolezza o un segnale del fatto che stanno sbagliando qualcosa. È facile dimenticare che molti fra i massimi maestri spirituali sono morti di cancro, d’infarto e di ictus, proprio come i non illuminati. Odiamo il dolore, e spesso la nostra risposta consiste nel fuggirlo o nel considerarlo un nemico, un intruso che ci ha rubato il benessere e la felicità. Quando i nostri corpi si ammalano o si indeboliscono, il dolore o la malattia diventano, attraverso il rifiuto, l’”altro”, l’avversario che dobbiamo o sopportare, o soggiogare. Crediamo che, se non riusciremo a sopprimere questo “altro”, saremo sopraffatti o sconfitti da esso. Vengono a galla le nostre più intime paure di essere fuori controllo. A nessun adepto di un sentiero spirituale viene chiesto di imparare a farsi piacere il dolore: vi viene chiesto di impararne il significato, e di non diventare disincarnati, privi di corpo, in presenza del dolore.
Il vostro corpo, come tutti i corpi, è fragile: invecchierà, si ammalerà e morirà. Quando lo sapete intimamente e completamente, potete iniziare a rivolgervi verso il vostro corpo con compassione. Il vostro corpo può comunicare rabbia, paura e sconnessione, oppure tenerezza, gentilezza e sensibilità. Saperlo può essere un punto di svolta verso la piena incarnazione di voi stessi nella vostra vita. La vita del vostro corpo rispecchia ed esprime quella del vostro cuore e della vostra mente. Potete non aver mai il corpo che volete o sognate, e il corpo che amate e coccolate può trasformarsi in un corpo in cui non vi sentite più a casa vostra. Potete addolorarvi per la perdita di un corpo che un tempo era pieno di vita e di forza. I cambiamenti nel corpo portano con sé lezioni di compassione se si tocca la verità del momento presente con pazienza e gentilezza.
Una donna ha parlato di come sprofondò nel terrore e nella solitudine nei giorni dopo che le fu diagnosticato un cancro al seno. Si addolorò per la potenziale perdita della sua femminilità, per la possibilità che i suoi figli restassero orfani e per la prospettiva di un futuro di sofferenza, di lotte e di morte. Dopo qualche giorno, disse, si rese conto che stava abusando dell’immaginazione per terrorizzare il proprio cuore, e il risultato fu un soverchiante senso di impotenza ed isolamento. In quei primi giorni, raccontò, le sembrava pressoché impossibile sentirsi a casa nel proprio corpo. Una parte del suo trattamento consisteva nel frequentare una clinica per il cancro al seno. Le sale d’aspetto e di cura erano piene di donne, tutte affette da cancro al seno. Alcune erano giovani, altre vecchie, alcune nelle prime fasi del trattamento, altre allo stadio terminale. Stare in compagnia di queste donne, raccontò, fu una fonte di umiltà ed apertura. Strano a dirsi, la clinica divenne un rifugio: nessuno cercava di incoraggiare qualcun altro ad attendere un futuro migliore, nessuno faceva finta che quella grande catastrofe non stesse avendo luogo, e la donna riuscì a deporre il fardello del dover rassicurare gli altri sul proprio benessere. L’onestà della clinica tolse di mezzo la simulazione e paradossalmente anche il terrore. Paura, dolore ed incertezza restarono, ma erano una paura e un’incertezza condivise. Qualcosa con cui all’inizio sembrava impossibile convivere e a cui pareva impossibile aprirsi divenne possibile. La donna disse che smise di pensare nei termini del suo cancro, del suo dolore, e perfino del suo seno. Scoprì in se stessa una nuova capacità di gentilezza e il suo senso di impotenza si trasformò in partecipazione alla propria guarigione.
L’insegnamento spirituale non vi consiglia di negare, trascendere o annientare nulla della vostra vita, né il risveglio o la compassione cancelleranno alcuna esperienza umana. Quando riemergete da intense esperienze meditative in cui avete avuto profonde intuizioni, avete bisogno di incarnare queste conoscenze in ogni area della vostra vita. Il risveglio e la compassione non vi proteggono dalle vicissitudini del vostro mondo o della vostra vita. Vi viene chiesto, invece, di trovare la grazia, l’equilibrio e la comprensione necessari per essere presenti nel mondo e nel vostro corpo, senza attaccarvi ed aggrapparvi.
La fonte della sofferenza e della paura non è il vostro corpo: è l’attaccamento. L’ostacolo alla libertà e alla compassione non è il corpo: è il possesso. C’è solo un breve passo fra il credere “Io sono il mio corpo” e il credere “Io sono indegno d’amore” “Io sono malattia”, “Io sono dolore”. Il lasciar andare la tendenza a scambiare il vostro corpo per il vostro sé lascia libero corso alla capacità di prendervi cura pienamente del vostro corpo con consapevolezza e compassione, senza mai prendere il vostro corpo per la vostra vera identità. È una lezione su come prendersi cura di tutti i corpi e le forme con tenerezza e comprensione, senza mai scambiare il mondo dell’apparenza per l’intera verità di qualcosa. La saggezza vi chiede di vedere al di sotto della superficie, al di sotto dell’apparenza; la compassione vi chiede di abbracciare ciò che è difettoso e imperfetto e di prendervi a cuore il benessere e l’armonia di tutta la vita, voi inclusi.
Il Buddha ha insegnato che tutto ciò che abbiamo bisogno di comprendere, possiamo comprenderlo nello spazio di questo corpo. All’interno del vostro corpo imparate le lezioni del mutamento, della sofferenza e della causa della sofferenza, ed anche il sentiero che porta alla cessazione della sofferenza. All’interno del vostro corpo realizzate la vostra capacità di portare a compimento la pazienza, l’accettazione e l’equilibrio. All’interno del vostro corpo imparate ad armonizzarvi con le stagioni della vita, con le nascite e le morti che sono parte integrante della vita. All’interno del vostro corpo indagate cosa significhi lasciar andare e realizzare la libertà e la pace di questo lasciar andare.
L’etica della compassione vi chiede di vivere con un profondo impegno verso il non-nuocere che si estende al modo in cui vi prendete cura del vostro corpo. Gli atti corporei di gentilezza amorevole manifestano non solo il modo in cui vi rapportate al mondo intorno a voi, ma anche il modo in cui potete imparare a sostenere il vostro corpo con tutte le sue energie e le sue fragilità. In tutte le mutevoli stagioni del vostro corpo scoprite una capacità di restare presenti con equanimità e intrepidezza. L’intrepidezza che imparate a portare nell’imprevedibile mondo del vostro corpo non implica che la paura non sorga mai, ma che imparate a restare saldi, presenti ed aperti nel bel mezzo della paura.»
[ Da: Christina Feldman, “Compassione. Ascoltare le grida del mondo“ ]
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