– “La mia vita, da un certo punto in poi, è stata solo un eterno rinvio. Ma se vuoi cambiare, se intendi migliorare la tua condizione esistenziale, non tergiversare più.
Oggi sono in vena di rivoluzioni, vorrei trasformare tutto, procedere di bene in meglio, emanare un effluvio positivo, ma solo in teoria, perché di fatto sono così ancorata all’abitudine della sofferenza che rifuggo da qualunque alternativa.
Formulo volentieri ogni genere di promesse e, in cuor mio, vi aderisco con slancio, ma è solo fumo le cui volute dissipano finanche quel tenue filo di buona volontà che favorisce la mia meditazione.”
Così disse la rana zen seduta ai piedi del maestro nel boschetto-natura ai limiti del vasto anello di piccoli giardini che circondava il tempio del silenzio. Qui madre-universo era stata lasciata libera di sbizzarrirsi. Un esempio tra i tanti. Mentre le querce si erano disposte da sé nel corso dei secoli, il rigoglioso tappeto erboso era curato, di tanto in tanto, da un attento e scrupoloso stuolo di coscienziosi ovini.
– “Sono certo che non dimenticherò mai quello splendido giardino d’amore”, rifletté l’autore.
– Il venerabile sollevò il capo curiosamente declino e rivolto all’allieva: “Sei sulla buona via, persevera.”
La rana zen si stupì così tanto – i suoi rammarichi erano stati addirittura apprezzati? – che le parve d’essere stata investita da un’onda anomala. Ma nel suo stagno di vita non c’erano flutti.
– “Già, la via della consapevolezza!”, considerò la rana. “La via della bestia imbecille che sono”, pensò sorridendo.
E mentre la campana dell’eterno risveglio rintoccava per richiamare chiunque a se stesso, vide il cielo interiore squarciarsi per mostrare l’ennesima sfumatura di blu, profondo, semi-azzurro, straordinaria-mente sereno.