“Buondì maestro, ieri l’ho sentita parlare di «vera mente», ho seguito il suo consiglio, ossia d’investigare su me stessa e sono arrivata alla conclusione che la «vera mente», altro non è che la mia natura effettiva”, esordì la rana semi-prostrata dinnanzi all’illustre venerabile zen che in realtà non l’istruiva proprio su nulla. “Mi può dare uno spunto per procedere oltre?”, domandò la presunta discepola.
Stavolta il monaco, al contrario di quanto non facesse in genere, anche se con un po’ d’ironia, le risposte subito: “Figliola, dimostrami la «vera meditazione» e io ti dirò cos’è la «vera mente»; ma niente allusioni teoriche, dimostramelo in pratica.”
Eh già, rifletté la rana un po’ avvilita, in questo benedetto «Tempio del Buddha della Meditazione» ci si addestra di continuo, ma ciò che più mi deprime sono le mansioni pratiche. Ad esempio, per quanto sembri strano, si leviga un po’ di tutto, dalle pietre angolari adoperate per erigere la «Colonna dell’Ego Fittizio», ossia della «Finta Umiltà», al lastricato in pietra del viottolo che conduce alla «Pagoda degli Illuminati» che poi non sono altro – il Signore Buddha mi perdoni se ne parlo – che degli emeriti sconosciuti di cui, in realtà, non so proprio nulla. “Però, quanto sono prolissa”, concluse la diletta.
Diletta di chi? Ma dei gatti, è ovvio. E solo quando riempiva loro le scodelle traslucide con il latte più bianco mai visto.
“Purezza”, considerò. “Forse la vera meditazione è purezza. Altrimenti cosa?”
A questo punto vi attendereste, che so, un mezzo colpo di scena che vi facesse perlomeno superare ogni dubbio. Ma nulla, la rana immaginava solo gatti, interminabili file d’impassibili ed enigmatici gatti. Seduti, si fa per dire, in silenzio, immobili, distaccati. Che osservassero il candido, nonché profumatissimo latte o procedessero felpati alla ricerca di una qualche realizzazione interiore, erano sempre distaccati, pressoché indifferenti, imperturbabili. E non si trattava di un distacco artefatto. Erano svegli, ma in nessun caso coinvolti.
“Forse ho capito”, concluse più umil-mente che mai la rana.