– “Cos’é la bellezza?”, si chiese la rana.
– “È la luce che sorge dall’intimo. È il fulgore che proietta l’infinito nel transeunte, nelle piccole forme che creano lo splendore d’altre forme che a loro volta ricreano la sorgente. Lo vedi? L’acqua del ruscello riflette una luce d’argento, ma l’oro delle spighe rispecchia il tuo vero essere, la bellezza di ciò che sei, la promessa di quel che sarai.”
– “Grazie maestro”, interloquì la rana zen che ascoltava pressoché estasiata le formidabili esternazioni del suo proverbiale precettore. “Ti sono riconoscente per le tue riflessioni, ma oggi mi sento decisamente brutta, inappropriata, fuori luogo. Che dovrei fare per star meglio, per sentirmi di nuovo a mio agio?”
– “Vedo che oggi sei piuttosto sveglia, cara”, proruppe il vegliardo. “Hai detto bene, sei fuori luogo, sei decentrata. Innanzitutto, figliola, dovrai riappropriarti della tua identità. Quella vera, ovviamente. E non quell’accozzaglia fittizia d’ideali e valori, di emblemi, etichette, titoli, militanze così tanto ipocriti quanto bizzarri.”
– “Grazie maestro. E quindi?”
– “E quindi: ascolta la voce del silenzio; segui le tue pulsioni ancestrali; cerca sempre il centro …”.
– “Bene! Come devo fare per centrarmi?”
– “Innanzitutto smetti di credere ch’io sia la fonte della verità. Non sono nemmeno un suggeritore, ma un semplice pellegrino che di tanto in tanto racconta minuscoli frammenti della propria vita.”
– “Comprendo, maestro.”
– “Quindi non attaccarti a queste idee, ai termini, alle frasi, ai concetti che adopero per esporli.”
– “Chiaro”.
– “Bene, ho finito.”
– “Ma non mi hai ancora detto nulla, maestro!”, rispose ancora una volta la rana pressoché scoraggiata.
– “Non hai ancora capito?”, replicò alquanto sorridente l’astuto venerabile. “Tu sei già bella, fantastica, straordinariamente incantevole, armoniosa. In te c’è già ordine, la disciplina della natura, l’intelligenza della supercoscienza. Tuttavia, ahimè, ti sei identificata con quanto di più orrendo e ignobile non sia mai esistito sulla faccia della terra. Credi di essere speciale, di possedere un partner, una famiglia, … mentre, invece, possiedi solo te stessa. Lì le bruttezze, qua la bellezza, figliola.
Rammentalo tutte le volte che ti sarà possibile, ti centrerai e i fiori della gioia si schiuderanno da sé.
La bellezza è che tutto il resto della vita è anche tuo, ma condiviso.”