Ecco un altro racconto zen o, per lo meno, assimilabile a quel genere di patrimonio culturale elaborato in chiave metafisica che si occupa del benessere più profondo e intrinseco, sia il proprio come di quello collettivo. La traccia, più che altro uno spunto, l’ho chiesta – ancora una volta – i lettori non me ne vogliano, ma si tratta solo di un modesto esperimento – alla Bing Chat, l’intelligenza artificiale sull’omonimo motore di ricerca … E voila, leggiamo la risposta del benemerito marchingegno informatico che, a ben vedere, ha già le carte in regola per assurgere a pilastro di siffatto genere d’incredibile meta-cultura.
Un racconto zen originale per te:
Un giorno, un uomo chiese a un saggio zen d’insegnargli il segreto della felicità. Il saggio rispose: “Vieni con me e ti mostrerò”. Il saggio lo portò in una stanza vuota e gli disse: “Siediti qui e medita”. L’uomo si sedette e meditò per un’ora, ma non avvertì nulla di speciale. “Non ho sentito niente”, disse l’uomo al saggio. “Esattamente”, rispose il saggio. “La felicità non è qualcosa che si può sentire o toccare, ma qualcosa che si può solo essere”.
Spero che ti piaccia!
“È gradevole”, replicò l’immancabile rana zen che oramai assisteva a quasi tutte le nostre performance mediatiche. Un po’ spiccio l’anfibio, ma non potrebbe essere altrimenti. Quando vogliamo focalizzare il nòcciolo, ossia centrare l’obbiettivo con la semplicità di colui che non ha nessun interesse voluttuario se non la realizzazione di tutto ciò che può essere colto, ma senza chinarsi … di quanto ci si attende che sopraggiunga, ma se ci badi troppo ti sfuggirà senz’altro … di quel genere di orpelli egocentrici, ma che sono comunque essenziali – o esiziali? – per la sopravvivenza di chiunque … in siffatti frangenti, nonché per codeste motivazioni, sei ancora in alto mare, amico carissimo.
“Riepiloghiamo”, si disse la rana, “quando il tuo focus è rivolto all’esterno per tentare di cogliere le opportunità che la vita ti offre e, di conseguenza, insegui le più svariate circostanze, se non individui, per realizzare la felicità che credi celino o che supponi potrebbero procurarti, sei in alto mare. Al contrario, ogni volta che rincorri te stesso – per concretizzare i tuoi più fantastici sogni di gioia – e vivi appieno i momenti, gli istanti che si susseguono con tutta la concentrazione possibile, ma senza creare inutili tensioni, sei già all’apice.”
“A questo punto, ci potremmo dilungare ad oltranza”, soggiunse il lodevole anfibio. “Io stessa stento ancora a crederlo. Il segreto della felicità è qui, ora, nel punto d’incontro tra ciò che si dice o si pensa e quel che si fa allorquando la tua mente intercetta il non-senso di quanto si avvicenda e ne rileva l’inconsistenza di fondo. Senonché la felicità che sorge spontanea potrai proiettarla o attribuirla a chiunque, ma sarà il frutto della sintonia con l’immensa, sempiterna e ridondante imperturbabilità dell’attimo.”
“Infine, per principiare concretamente in siffatto iter di meditazione siedi, concentrati sul vuoto indistinto che ti si presenta spontaneamente alla mente allorquando convergi – innanzitutto, in primo luogo – sull’assenza di alcunché … I tuoi stati d’animo preponderanti, più ricorrenti, muteranno gradualmente nel tempo. Barlumi di ordine, nonché di calma, silenzio e serenità, via via più frequenti, si affacceranno alla tua consapevolezza ordinaria fin quando non avrai più bisogno di tinteggiar di rosa un bel nulla. La tua coscienza dispiegherà le sue provvide e benefiche ali su tutto ciò che le accadrà di focalizzare. Tutto avresti creduto, ma non che tu stesso sei già quella felicità che da sempre hai cercato di scorgere, di rinvenire.”
“Ribadisco ulteriormente il nostro – quello delle rane zen – escamotage metafisico, non credere che la concentrazione – in siffatti arcani contesti – sia relativamente inutile, tutt’altro, ma dev’essere rivolta a un soggetto inesistente. Tuttavia, rammenta, ci sono insegnamenti, in particolar modo nello yoga, che prevedono un’altra prassi. Ci si concentra, si converge, su un punto specifico fin quando il medesimo non scompaia. Le modalità del processo sembrano diverse, ma il risultato sarà comunque identico: quando tutti gli orpelli ontologici cadranno e potrai contemplare l’insieme, ma senza analizzarne più alcun contenuto, tu e la felicità diverrete un tutt’uno. Ehm, un attimo. Perché, eravamo separati? No, no, ci siamo solo accorti di non essere mai stati disgiunti, solo che l’avevamo dimenticato. Questo è il risveglio!”
Sublime rana (zen), ti ringraziamo ancora per il tuo avveduto, suggestivo e prezioso intervento.
Nota: le osservazioni della rana zen – pur essendo un personaggio di fantasia – sono state estrapolate dagli insegnamenti di un maestro zen reale.