La meditazione non è un modo per sfuggire alla sofferenza. Dapprincipio potrebbe essere intesa come un momento di relax che equilibra gli impegni di genere più mondano. Occupazioni che abitualmente assorbono, ahimè, persino la maggior parte del nostro tempo libero.
Contesti
Per cambiare la propria vita in meglio è indispensabile operare necessariamente una qualche alchimia? Niente affatto. Libertà e chiarezza sarebbero sufficienti. Ma l’emancipazione sociale o quella culturale che consentirebbero più libertà e chiarezza sono ben lungi dall’esser state raggiunte. Utopie? Sembrano lontane solo perché la loro realizzazione presupporrebbe innanzitutto un mondo più equo, più giusto. D’altra parte, la maggioranza degli individui, pur avvertendo la necessità di migliorare, non riesce ad impegnarsi in nulla di concreto. Saranno in pochi ad ammettere di non voler darsi – realmente – da fare. Costoro – per amministrare i rapporti di natura consolatoria con i misteri ultimi della vita – preferiranno delegare i ministri del proprio culto.
Mentre la religiosità è fondamentalmente una questione individuale e soggettiva, le manifestazioni corali della devozione possono anche essere collettive. Ovviamente i due fenomeni, pur non essendo antitetici, sono distinti. I ritualismi collettivi hanno finalità differenti. La meditazione si occupa, essenzialmente, del contesto specifico di ciascun individuo. Le caratteristiche personali influiscono molto sulla efficacia delle tecniche eseguite. Ma se si osservano le difficoltà incontrate in una prospettiva temporale più ampia gli ostacoli di natura soggettiva diventano sempre meno rilevanti. La maggior parte dei dubbi sulla meditazione sono di natura pratica. Riportiamo, a scopo chiarificatore, il quesito di una gentile visitatrice.
Nome del mittente: Alessandra
Soggetto: Quanto meditare?
Quesito
Alcuni insegnanti di meditazione consigliano di meditare una o due volte al giorno e poi di non pensarci più, continuando a compiere gli stessi gesti della vita quotidiana, così come d’abitudine. Altri maestri, invece, suggeriscono di trasformare l’intera giornata in una meditazione continua e, comunque, di dedicare dei momenti particolari, durante il giorno, anche ad esercizi specifici. Ma chi ha ragione? Quanto bisognerebbe meditare effettivamente? Io ho cercato frequentemente di rivolgere la massima attenzione ad ogni azione, ma dura poco, perché poi, ogni volta che compio qualcosa di consueto o meccanico, mi ritrovo comunque immersa nel turbinio dei pensieri. Insomma, difficilmente riesco a vivere nel qui ed ora. Mentre sto mangiando, per esempio, rammento la lista della spesa oppure tutto il lavoro da svolgere in casa. Il fatto è che purtroppo i ritmi velocissimi della vita moderna ci precludono le normali cadenze vitali: mentre si fa qualcosa, si sta già pensando al dopo (ed è difficile soprattutto per le donne che, come me, lavorano sempre, sia in casa che fuori).
Insomma, quello che volevo dire, è che già non è facile riuscire a trovare un momento tranquillo, ogni giorno, da dedicare alla meditazione, figuriamoci se tutta la giornata dovesse essere una meditazione … !
Quindi, quanto tempo bisogna effettivamente riservare alla meditazione? Sarebbero sufficienti 10 minuti al giorno? Spero che siate riusciti ad arrivare fino in fondo a questa e-mail e scusate se mi sono dilungata tanto, ma desideravo far capire bene il senso della mia domanda in relazione ai miei ritmi di vita. Grazie. Alessandra.
Risposta
Ciao Alessandra. Sei stata molto chiara ed esauriente. Il tipo di meditazione (l’esercizio specifico) dipende sia dalla propria personalità che dalle circostanze quotidiane (impegni, lavoro, tempo a disposizione, ecc.). In un caso come il tuo sarebbe assurdo pensare o cercare di praticare una qualche tecnica, come ad esempio il ricordo di sé, per tutto il giorno. D’altra parte meditazione significa anche e soprattutto consapevolezza. Il primo passo verso la consapevolezza è l’attenzione rivolta alle incombenze del momento. Quindi, pur non escludendo una certa presenza di spirito, semmai proprio per questo, è utilissimo, sotto tutti gli aspetti, essere attenti allo svolgimento delle proprie mansioni nel momento stesso in cui si attuano. Evitando, cioè, di agire meccanicamente.
Tuttavia io prediligo un metodo diverso: l’esercizio periodico. I risultati finali saranno i medesimi. Infatti la sensazione di benessere e consapevolezza che pian pianino si sperimenta durante la pratica vera e propria, si estenderà, viepiù, per il resto della giornata. Il periodo di tempo effettivo da dedicare a una pratica come Anapana Sati Yoga (l’attenzione rivolta al flusso spontaneo del respiro), ovvero l’esercizio introduttivo di cui ci siamo occupati, è individuale perché, a mio avviso, non si dovrebbe verificare alcuna forzatura. Sarebbe opportuno, indispensabile, che la cadenza fosse quotidiana: possibilmente alla stessa ora e nel medesimo luogo. E’ molto meglio un solo esercizio giornaliero protratto, a cui cioè dedichi più tempo, che due sessioni brevi e superficiali. La posizione quella classica, purché risulti confortevole. Quindi converrà regolarsi secondo i casi. Con il passar del tempo, se questa meditazione avrà successo, cioè farà breccia nel tuo temperamento, saprai da te stessa quali accorgimenti adottare e quanto tempo dedicarvi realmente.
Replica
Grazie mille per la celere risposta!
Ora, finalmente, ho le idee più chiare. In effetti, il metodo da te suggerito è quello che più mi si addice, anche perché, come diceva Osho, il metodo più è semplice e più è efficace. Quello che non ho capito è se Anapana Sati Yoga e Vipassana possono essere considerate la stessa tecnica … Inoltre, ad un certo punto della mia meditazione, mi capita ogni tanto (non tutte le volte) di sentire delle brevissime e quasi impercettibili vibrazioni che partono dalla base della colonna vertebrale e si estendono in tutto il corpo (sempre in frazioni di secondo). E’ forse il risveglio dell’energia kundalini?
Risposta
Ciao Alessandra, Anapana Sati Yoga è una parte del metodo Vipassana. Tuttavia, specialmente se hai letto Osho, ti sarai resa conto di come sia sufficiente spostare, talora anche inavvertitamente, l’accento su determinati aspetti di un esercizio e privilegiarli a discapito di altri per renderlo più o meno adatto alle circostanze. Forse persino inadeguato. Per quanto riguarda la Kundalini, lascia perdere. Ignora questi fenomeni, altrimenti l’immaginazione prenderà il sopravvento e subentreranno difficoltà di ogni tipo. Ciò non toglie che se ti aiuta puoi benissimo leggere i libri migliori sull’argomento. Tuttavia alla fin fine credi e basati soltanto sulla tua esperienza personale. Questo è un punto dal quale non si può prescindere.