Ci fu un tempo in cui m’illudevo che meditare in tanti, ossia in gruppo oppure in concomitanza con un numero indefinito di persone – vicine o lontane che fossero – avrebbe sortito un qualche effetto duraturo. Ebbene non nego che lì per lì ci si calmi o sorprenda per il senso d’intima meraviglia che suscita un evento così simultaneo, ma la meditazione non può e non dovrà mai ridursi al succedaneo di un mero, talvolta persino fanatico, rito.
Lasciamo dunque le celebrazioni rituali ai fedeli del mito, agli adoratori dei “rappresentanti di Dio” e adoperiamoci subito per il bene e per il meglio del nostro prossimo, ma realmente, non con le sole chiacchiere. Dopodiché ritiriamoci in rispettoso e ossequioso raccoglimento provando ad afferrare l’immateriale, lo spirito mai nato, l’indefinibile, l’essenza cui non sarà mai possibile attribuire alcunché.
Meditiamo all’unisono con il tempo che defluisce spontaneo, con le stagioni che s’avvicendano a iosa, con i giorni che si succedono sempre, con i minuti sino ad afferrare l’attimo in cui la natura e ogni bellezza si fondono per celebrare, stavolta si, l’eterno … che non ha durata. Chiudi subito gli occhi, abbraccia tutto senza negare nulla e prova.