Rilassati, distenditi? Meditare non significa questo. Altrimenti chiunque starebbe meditando da sempre. La meditazione non può essere spiegata direttamente, ma indicata con qualche esempio. Una tra le caratteristiche più comuni tra gli esseri senzienti è il fare, ossia il pensare, il dire, l’agire … Ebbene il meditare implica sempre la dimensione del fare, ma con l’obbiettivo di astenersi dalle suddette attività per realizzare il non-fare. Si tratta, quindi di un approccio attivo, lo ribadisco ancora: fare il non-fare.
Sicché ti siedi, osservi l’ambiente circostante e rimani indifferente ai suoi stimoli. Idem per ciò che concerne le emozioni che hanno peraltro uno stretto legame con qualunque movimento fisico. In conclusione ti astieni volontariamente, deliberatamente dall’interagire con alcunché per il lasso di tempo che ti sei proposto prima di cominciare – supponiamo 10 minuti –, ma che può essere comunque variato. Questa sorta d’imposizione non andrebbe intesa come sopportazione. In realtà non si tratta di sforzarsi, ma di comprendere in anticipo ciò che sta per accadere e rinunciarvi.
Dopo un congruo intervallo – individuale nonché variabile – si scoprirà che la propria attenzione non è più centrata (focalizzata) sulla periferia – e anche i pensieri sono periferia –, bensì sul nucleo del proprio essere (coscienti) che si rivelerà tanto più prossimo alla nostra sorgente vitale quanto saremo capaci di rinunciare persino all’osservazione medesima.