Non pensate mai che io creda di dover organizzare un “sistema d’insegnamento” per aiutare la gente a comprendere la via. Non sia mai un tale pensiero. Quel che affermo è la verità come io l’ho scoperta e un “sistema d’insegnamento” non ha senso, perché la verità non può essere tagliata a pezzetti ed essere organizzata in un sistema. (Sutra di diamante)
Cos’è l’insegnamento spirituale? L’esposizione di una dottrina, oppure l’apprendimento di una disciplina così intensa e vitale da consistere, per sua stessa natura, nel dubbio, nell’indagine, nella ricerca? Ma forse l’alternativa non è tra certezze ereditate e investigazione della realtà … A tal proposito, ecco il quesito di una cortese visitatrice:
Messaggio
Nome: Maria Clara
Oggetto: complimenti
Quesito
… mi piacerebbe sentirvi parlare di questioni divine in rapporto a persone che possono essere selezionate per far da tramite tra la materia e lo spirito. Grazie, Clara.
Risposta
Gent.ma, ti ringrazio per la visita e il commento. Quello proposto è un tema interessante, un problema primario. La risposta è quasi scontata. Per insegnare argomenti “spirituali” bisognerebbe, innanzitutto, aver realizzato e sperimentato ciò che s’intende trasmettere. Tuttavia la conoscenza spirituale non può essere certificata come si fa con una laurea in teologia. Nonostante le migliori intenzioni è quasi impossibile comunicarla direttamente.
Chi si sente attratto da questo genere di conoscenze – e prima o poi suppongo capiti quasi a tutti – dovrebbe tentare di cogliere sempre la situazione complessiva di ciascun evento. Ciò che vien detto, rappresentato, ma pure quanto non detto o non ancora dimostrato. La spiritualità non può essere sottintesa, non ci sono misteri, segreti e non può divenire un mestiere remunerato.
Nel sito è già presente un articolo che tratta l’argomento maestri. In effetti le osservazioni ivi riportate sono un po’ intransigenti, ma quando è in discussione un metodo educativo è sempre meglio evitare qualunque genere di compromessi.
Per fortuna la spiritualità di ciascun individuo ha una base inequivocabile, un fondamento tanto semplice quanto irrinunciabile, ovvero la capacità di ragionare autonomamente. Il primo passo verso la propria interiorità – e non in direzione di un libro o altro – è la capacità di osservare senza disastrosi pregiudizi o deleteri preconcetti e di discernere ciò che è da quanto si suppone o si vorrebbe che fosse.
La propensione ad esplorare sé stessi è innata. Quando non ci sono impedimenti in tal senso – ahimè è molto raro – i criteri etici congeniti e insiti all’umana progenie sorgono spontaneamente. L’educazione “spirituale” dovrebbe favorire l’alternanza tra momenti di calma e spazi di quiete con le consuete attività formative. E naturalmente l’insegnante che ha intuito le proprie origini esistenziali, che sono amore consapevole e sollecitudine compassionevole, rispetto per tutti gli esseri senzienti, non può che dimostrare la propria accettazione, lo stato di confidenza e familiarità con sé stesso. Così come sorge e declina il sole, altrettanto sarà per la gioia. C’è un motivo in tutto questo? No, perché a tal punto saremo giunti nel non-luogo della coscienza dove cause ed effetti non coincidono. Oppure sono così immediati e consecutivi che la loro stessa simultaneità diventa espressione di vita.
Un’altra considerazione. Un’insegnante religioso autentico ha per obbiettivo “come cambiare sé stessi”. Al contrario, “come cambiare gli altri” è, senza dubbio, un’inconfondibile attività politica. Con ciò non voglio recriminare sul fatto che talune organizzazioni religiose operino anche sul piano socio-politico. Ciascuno è libero – ovviamente nei limiti delle leggi vigenti – di praticare secondo la sua fede.
La conversione spirituale, intrinseca e recondita, che inizialmente consiste in una presa d’atto e accettazione della propria realtà, delle pulsioni soggettive che ci animano costantemente, è inevitabile. Ognuno proietta sé stesso, la peculiare visione interiore all’esterno, nei rapporti interpersonali, nella cultura. Se gli individui non hanno ancora realizzato un minimo di autoconoscenza che, ripeto, non è un insieme di contenuti, non è una dottrina, ma un interludio di ricettività libera e autonoma; dicevo, se gli individui non hanno realizzato questo spazio silente e meditativo, creeranno sempre conflittualità, disagi, ingiustizie.
I fiori della vita sono così vicini da sembrare effimeri. Le aspirazioni, che ironia della sorte vengono chiamate ideali, non sono irraggiungibili, ma nemmeno dietro l’angolo. Potremmo dire, semplicemente, basta voltarsi indietro, verso sé stessi. Ma un tale cammino non è così univoco. Le sue componenti sono molteplici. Servono coraggio, volontà, equilibrio, accettazione e la loro somma, il buon senso.
Ciao, e grazie per l’opportunità che mi hai offerto con il tuo interessante quesito.
Realizzazione interiore, consapevolezza
Ci aggrappiamo alla sofferenza, è triste. La confondiamo con la felicità, preferiamo le distrazioni e gratificazioni a buon mercato, oppure abbiamo paura della libertà? Forse dipende da come siamo stati educati da piccoli, senza volerne fare una colpa ai nostri insegnanti che, a loro volta, furono educati con gli stessi criteri da altri predecessori.
Insegnanti di storia delle religioni? L’essenza è sempre la stessa. Il suo modo di esprimersi ogni volta diverso. Sono auspicabili templi per la spiritualità ove si possa meditare o pregare gratuitamente. Templi gratuiti dedicati alla pace interiore in cui siano ammesse tutte le religioni.
I Bodhisattva, i maestri spirituali di ogni tempo, affermarono, pressappoco, le medesime verità. Purtroppo i loro seguaci reinterpretarono e travisarono persino l’ovvio, contrapponendosi gli uni agli altri e dando luogo a innumerevoli diatribe. Furono questi discepoli, sovente ottusi e intolleranti, che accentuarono le naturali differenze etniche ed economiche esistenti tra i popoli contribuendo a sviluppare culture della divisione, della disgregazione e del frazionamento.
Nei primi anni di questo secolo si parla tanto di contrapporre il cosiddetto bene, che poi, in realtà, consiste sovente nei propri gretti interessi, al male, che è la reazione scomposta di chi ha perduto persino la ragione. Ma ci siamo mai soffermati a riflettere sul fatto che i veri fautori del male sono proprio coloro i quali, sospinti da malcelato egoismo, frammentano dividono, disuniscono?
Trincerarsi dietro il comodo paravento di nobili ideali non dissimula più l’orrida attitudine all’individualismo esasperato, all’egotismo, la palese tendenza alla mercificazione di quegli stessi valori propugnati con tanto sfacciato sussiego.
Il primo e irrinunciabile valore di un insegnante religioso è la consapevolezza. Gli altri valori saranno tutti una conseguenza del primo. Gli autentici insegnanti spirituali aiuteranno sempre ad accettare sé stessi come gli altri e a scorgere tanto l’effimero della bellezza, quanto l’ignobile e disgustoso egoismo che è bruttezza.
La vita è tutta sacra e, per quanto mi riguarda, non esistono differenze tra spirito e materia. Il cosiddetto mondo dello spirito altro non è che la vita di tutti i giorni osservata con l’occhio della saggezza, con il discernimento del cuore, secondo la prospettiva dell’osservatore, del testimone interiore, di colui che vede. Il mondo esteriore e quello interiore sono indivisibili. Il mondo dello spirito è sia un’interiorità eterna ed esaustiva che l’ordinario universo sensibile di cui se ne percepisce appena la facciata, l’apparenza, le parvenze.
Talvolta l’esteriorità del culto mi sembra eccessiva. Può lasciare gli individui in balia di persone che sovente non hanno conseguito alcuna realizzazione interiore tranne qualche fervida e dogmatica credenza.
In genere l’idolatria di supporto è così evidente da sfiorare il ridicolo e contraddice, palesemente, finanche le tesi di molti “testi sacri” ufficiali. Perché è così importante il primato della propria religione? Le motivazioni addotte variarono nel corso dei secoli, ma l’unica immutabile e tenace costante risulta la brama di potere.
La spiritualità non è un itinerario e nemmeno un’istituzione. È la dimensione essenziale della propria interiorità.
Epilogo
Con tutto ciò non penso affatto di aver risposto all’interrogativo iniziale. Il mio scopo non è stato di rispondere, perché anche se lo avessi voluto non sarei riuscito affatto a esaurire l’argomento. Non ne ho la pretesa, né tanto meno l’esperienza. Il mio obiettivo è sollecitare e suscitare ulteriori interrogativi in modo che i propri eventuali dubbi esistenziali si esauriscano da sé nell’infinita babelica congerie di supposizioni che la mente umana immancabilmente produce. Confido che il corpo-mente di ciascuno trovi, per l’appunto da sé, la via che più gli necessita. D’altra parte la luce che illumina il sentiero c’è già, non dobbiamo inventarla.