Avvinghiati alle abitudini reiteriamo scelte e gesti che si trasformano, via via, in modi di essere. Contrapporsi a questa sorta di meccanismo è assurdo perché qualunque attività si possa intraprendere, qualunque maschera si provi a indossare, qualunque stato d’animo si tenti di declinare – interpretare –, sarà sempre una scelta artefatta e, come tale, inconcludente. Sarebbe come sforzarsi di fingere sempre meglio mentre, in effetti, stiamo cercando, semplice-mente, di liberarcene.
La nostra energia è bloccata in una sorta d’impalpabili circuiti che ripercorriamo di continuo. Tutto ciò – siffatta reiterazione – ci rende sicuri, ci fa sentire persino competenti. Purtroppo, se da una parte ci impedisce d’imbatterci brutalmente nell’ignoto, dall’altra ci preclude l’opportunità di approdare al Centro. Senonché il Centro, il nucleo della coscienza, è tutto ciò che stiamo cercando, il trampolino verso una vita vera.
I modi di convergere verso la dimensione più riposta e sensibile, verso ciò che taluni maestri indicano come la sorgente e tal’altri prefigurano come un’acqua cheta in fondo al pozzo di ogni personalità, sono tanti quanti gli esseri senzienti. Anche se il tracciato potrebbe sembrare simile, le sfumature sono sempre determinanti. Non si tratta, quindi, di eseguire una tecnica meditativa o meno, quanto…
Bene, siamo arrivati al clou. A questo punto i furbastri della spiritualità tout court, magari arciconvinti di essersi pressoché risvegliati, tergiversano. Io, invece, da emerito e inguaribile tizio qualunque non posso che citare ciò che a suo tempo m’illustrò il mio maestro zen. Per inciso, è proprio per questo che ho raggruppato siffatti brevi articoli in una directory denominata “ipse dixit”.
“Figliolo, vuoi incamminarti deliberatamente verso il risveglio? Tu sei già dove dovresti essere. Restringi viepiù il tuo campo d’attenzione e il tuo centro, che poi è quello del mondo, sarà palese. Non lasciarti distogliere dai mille e uno rivoli degli accadimenti estemporanei. Ignora gli slogan, le frasi fatte, gli stereotipi. Lasciano il tempo che trovano. Sai a cosa equivale osservare il muro bianco della propria mente? A indagare il tuo cielo interiore. E non è che tu debba trovar nulla. Contempla a occhi chiusi le vette del nostro caro monte laggiù… – nel contempo respira la sua aria tersa, frizzante, cristallina, fino a convergere sul puro essere, che è semplice presenza, divenendo via via sempre più concentrato; afferralo, dunque, stringi il pugno della consapevolezza; dapprincipio sembra vuoto, ma solo perché l’essenza è impalpabile – …e i tuoi piedi d’argilla si copriranno d’oro.”
“Maestro, cosa devo fare in pratica?”, gli richiesi confuso.
“Qualunque cosa tu faccia sii impeccabile!”, concluse.